La pandemia

La quarantena abbreviata ha senso? «Occorre aspettare i dati dei ricoveri»

Christian Garzoni invita alla cautela: «Momento estremamente delicato, sarà fondamentale vedere le ospedalizzazioni» - Gli esperti della task force si attendono 20 mila contagi al giorno in Svizzera - Enos Bernasconi: «I dati britannici però lasciano ben sperare»
© CdT/Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
29.12.2021 06:00

Limitare la quarantena ai soli positivi, escludendo dal confinamento i vaccinati asintomatici. Così, a inizio settimana, si è espresso dalle pagine del nostro giornale il mondo economico cantonale, preoccupato per l’evoluzione dei contagi e, soprattutto, per l’aumento delle quarantene che avrebbero potuto compromettere nuovamente le attività economiche al momento del rientro dalla pausa natalizia. Il rischio? La paralisi del Paese. Di qui, appunto, gli scudi alzati contro le nuove regole per la quarantena e la gestione dei contatti decretate dall’Ufficio del medico cantonale il 23 dicembre. Un discorso che, in realtà, diversi Paesi stanno affrontando in termini molto simili e con le medesime preoccupazioni. Sulla carta, il ragionamento non fa una grinza. Ma dal profilo sanitario possiamo permetterci di allentare la presa?

Cosa sappiamo?

«Omicron è in grado di infettare moltissime persone, soprattutto se riunite all’interno di un locale». Non solo. Come spiega Enos Bernasconi, responsabile malattie infettive dell’EOC, «anche con un ciclo vaccinale completo, la protezione dopo sei mesi è molto ridotta». Un riscontro oggettivo che tuttavia non risolve la questione. Anzi. In quanto più contagiosa, la nuova variante amplia la rete delle quarantene. C’è poi un altro dato sensibile che va a incidere sui confinamenti, ossia il tempo di incubazione. Ancora Bernasconi: «In media, i sintomi compaiono prima, già dopo 2-3 giorni, rispetto ai 4-5 delle precedenti varianti». Non a caso, per settimana prossima gli esperti della task force federale si attendono in Svizzera fino a 20 mila contagi giornalieri.

In definitiva, dunque, è una buona idea ventilare l’ipotesi di una riduzione delle quarantene? «Il momento è estremamente pericoloso e critico», sottolinea Christian Garzoni, direttore sanitario della Clinica Luganese Moncucco. «La popolazione se ne è resa conto: stiamo viaggiando come se fossimo a bordo di un’utilitaria che corre a 300 all’ora. Il problema è se incontriamo una colonna di auto ferme». Chiaro il riferimento alle ospedalizzazioni: ieri i nuovi contagi in Ticino erano più di mille, «ma non sappiamo ancora quanti di questi finiranno in ospedale. Se fosse l’1-2% sarebbe forse gestibile, seppure con difficoltà. Ma se questa percentuale dovesse aumentare, come nelle precedenti ondate, non ci sarebbero dubbi: allentare la presa sarebbe un errore». Nonostante politicamente la questione si ponga, concorda Garzoni, i tempi per decidere non sono ancora maturi: «Il nodo potrà essere sciolto solo tra qualche settimana, quando avremo la percentuale di persone che finisce in ospedale». Oggi deve prevalere la cautela: «In questo senso, mi aspettavo un appello più deciso e presente da parte del Consiglio federale», aggiunge Garzoni.

Negli altri Paesi

I dati che arrivano dagli altri Paesi sembrano rassicurare. «Stando a quanto è stato osservato in Gran Bretagna, il tasso di ospedalizzazioni in relazione al numero di contagi è addirittura del 40-50% inferiore rispetto alla variante Delta», dice Bernasconi. In Svizzera, la situazione viene monitorata attentamente. «L’impressione, per il momento, è che il tasso di ricoveri sia inferiore rispetto a quanto vissuto nella prima, ma anche nella seconda ondata». Non per questo, tuttavia, la variante Omicron deve essere considerata meno preoccupante. «Registriamo già casi di ospedalizzazione collegati alla nuova variante. Le forme più gravi della malattia, però, si riscontrano nelle persone non vaccinate, che rappresentano oltre l’80% dei ricoverati in terapia intensiva», chiarisce Bernasconi.

Tracciamento sotto pressione

Le decisioni importanti, dunque, saranno rimandate ai prossimi giorni, quando gli effetti di Omicron potranno essere misurati anche sulle ospedalizzazioni. A quel punto, si dovrà scendere a compromessi. «Idealmente, se volessimo seguire la strategia di azzeramento dei contagi, dovremmo continuare a mettere in quarantena anche i contatti del positivo», evidenzia Garzoni. «Tuttavia, se venisse confermato il minore impatto della nuova variante sugli ospedali, un allentamento potrebbe essere preso in considerazione».

Già sin d’ora, però, il servizio di tracciamento dei contatti sta incontrando parecchie difficoltà. «La strategia della Confederazione è per ora quella di continuare con il contenimento. Da parte cantonale, si sta quindi cercando di rendere le procedure il più snelle possibili», commentano dall’Ufficio del medico cantonale. Per questa ragione, il servizio di tracciamento dei contatti ha dovuto adattare le sue modalità operative. Una persona che scopre di essere positiva, riceve un SMS o una mail che intima l’isolamento. Spetta poi a lui informare la cerchia dei propri contatti.

Passi avanti

Nonostante i numeri in crescita, però, secondo Garzoni sarebbe sbagliato pensare di essere tornati ai piedi della scala: «La popolazione ha un’immunità nettamente migliore, le forme blande sono diventate pressoché la regola, e la grande maggioranza della popolazione sembrerebbe protetta dalle forme gravi della malattia». Lo scorso Natale, con questi numeri, conclude Garzoni, «sarebbe stato un lockdown senza discussioni».

L’ipotesi sul tavolo degli altri Governi per evitare lo stop

L’ipotesi di ridurre i giorni di isolamento per i contatti di un positivo sono al centro della discussione politica di molti Paesi. In Israele, da oggi, scatterà un allentamento per le persone vaccinate. Chi è entrato in contatto con un contagiato (anche da Omicron) dovrà fare un tampone e restare in isolamento solo fino a quando avrà ottenuto un risultato negativo. Nei dieci giorni seguenti, però, dovrà evitare i luoghi di svago affollati ed astenersi dall’incontrare persone che siano in elevato rischio di contagio.

Anche gli Stati Uniti hanno deciso di cambiare le regole, riducendo da 10 a 5 giorni l’isolamento per le persone positive asintomatiche. «Il cambio è motivato dal fatto che la scienza ci dice che la trasmissione avviene nei due giorni prima dei sintomi e nei 2-3 giorni successivi», ha affermato il Center for Disease Control and Prevention (CDC). La riduzione dell’isolamento è volta a consentire a chi non ha sintomi di rientrare al lavoro prima, soprattutto a coloro che svolgono lavori ritenuti essenziali, ha spiegato il consigliere del presidente Biden, Anthony Fauci.

La Francia, invece, ci sta ancora pensando. Lo scopo, anche qui, è non ritrovarsi a gennaio con un Paese paralizzato: «Le nuove regole saranno rese note entro la fine della settimana», ha annunciato lunedì il premier Jean Castex.

Il tema sarà affrontato anche nella vicina Italia. Secondo gli scienziati, infatti, tra un paio di settimane il Paese potrebbe contare due milioni di cittadini in isolamento. Dopo il pressing dei governatori delle Regioni, la proposta di accorciare i tempi del confinamento sarà valutata oggi dal Comitato tecnico scientifico. La quarantena per chi ha il booster potrebbe essere ridotta tra i 3 e i 5 giorni per i contatti stretti. Attualmente, invece, il periodo di confinamento per un vaccinato entrato in contatto con un positivo è di 7 giorni (e di 10 giorni per un non vaccinato).

In questo articolo: