La responsabilità ambientale al voto: l'iniziativa è attuabile o estrema?

«La sostenibilità ecologia andrebbe sempre premiata, anche dal lato economico»
Favorevoli (Rocco Vitale)
Le limitazioni all’economia elvetica penalizzerebbero le imprese svizzere sul piano internazionale e modificherebbero drasticamente lo stile di vita delle persone. Non sarebbe stato più opportuno presentare un testo meno estremo?
«I drammatici nubifragi che hanno colpito la Vallemaggia, la Mesolcina, il Vallese e l’Oberland bernese nell’estate del 2024 sono costati vite umane e hanno provocato costi di ricostruzione per diverse centinaia di milioni di franchi. Ad essere “estrema” è la potenza inaudita con cui le conseguenze delle crisi ambientali colpiscono in misura sempre maggiore anche le nostre vallate. L’origine di questi fenomeni è da ricercare in un sistema economico che sfrutta più risorse ed emette più sostanze nocive di quanto gli ecosistemi riescano a sopportare, non consentendo alla natura di rigenerarsi. L’iniziativa chiede dunque che l’economia svizzera rientri al più presto entro i limiti planetari, garantendo così il mantenimento duraturo delle basi naturali della vita, come l’acqua, il suolo e l’aria. Tante aziende svizzere hanno già integrato la sostenibilità nel proprio modello d’affari, attrezzandosi così per l’economia del 21. secolo, nel quale l’aspetto ambientale giocherà – giocoforza – un ruolo decisivo. Questa iniziativa intende premiare un modo di fare economia basato sulla filiera corta, sul riuso dei materiali e sull’utilizzo di materie prime locali che si sta già sviluppando e che ha un enorme potenziale di crescita. La responsabilità ambientale genera valore aggiunto sul territorio, creando posti di lavoro, riduce la nostra dipendenza dall’estero e limita l’impatto ambientale che la piazza finanziaria e il commercio di materie prime hanno su scala globale».
Per i contrari, l’iniziativa - se approvata - potrebbe comportare un aumento dei prezzi a carico dei consumatori a causa degli elevati costi di produzione e della minore offerta. A risentirne maggiormente non sarebbero le economie domestiche con redditi modesti?
«I costi delle materie prime stanno aumentando già oggi a dismisura, e questo non soltanto a causa di eventi geopolitici destabilizzanti, ma anche a causa di eventi climatici estremi quali periodi di siccità o alluvioni, suoli degradati e perdita di biodiversità. Secondo un rapporto dello stesso Consiglio federale, stilato nel 2022, i costi per la Svizzera di un riscaldamento globale incontrollato potrebbero ammontare tra i 10 e i 38 miliardi annui entro la metà del secolo, mentre quelli legati alla perdita di servizi offerti dalla biodiversità tra i 14 e i 16 miliardi annui. Questa iniziativa è un freno all’indebitamento ecologico. Indebitamento che è causato soprattutto da alcune grandi società multinazionali e dalle persone più facoltose, e che colpisce soprattutto i Paesi del sud globale e i redditi più bassi (anche in Svizzera). Il testo d’iniziativa tiene conto di questa asimmetria, menzionando esplicitamente il principio della sostenibilità sociale. Ciò significa che i redditi più bassi e le piccole realtà aziendali dovranno ricevere gli strumenti necessari per affrontare la transizione ecologica».
Il termine di dieci anni per l’attuazione dell’iniziativa è stato criticato anche da Governo e Parlamento. Il testo non prevede misure concrete. Non è utopico pensare di cambiare in un solo decennio l’attuale modello della società e di trovare delle soluzioni che riescano a raccogliere il consenso della maggioranza?
«Il termine di dieci anni non fa altro che sottolineare l’urgenza di porre le basi per un’economia sostenibile e resiliente. Il tempo stringe: se non agiamo tempestivamente, distruggiamo irreversibilmente le nostre basi vitali, facendo lievitare i costi per noi e per le generazioni future. Animati da pragmatismo e per agevolare l’entra in vigore di un controprogetto, i Verdi in Parlamento hanno proposto di eliminare la scadenza dei dieci anni. La proposta è stata però bocciata dalla stessa maggioranza di centrodestra (segnatamente PLR e UDC) che ora critica questo termine e che, per giunta, sta smantellando la politica ambientale (pensiamo per esempio ai tagli nel programma di risanamento energetico degli edifici), rinnegando il problema. Per ridurre drasticamente la nostra impronta ambientale dobbiamo operare degli importanti investimenti pubblici in settori chiave quali la svolta energetica e della mobilità. L’introduzione di forme di tassazione progressiva e l’eliminazione di sovvenzioni nocive per l’ambiente potrebbero liberare i fondi necessari, mentre degli sgravi fiscali mirati permetterebbero di premiare i comportamenti ecosostenibili (di persone giuridiche e fisiche). La logica dovrebbe essere sempre quella di premiare la sostenibilità ecologica anche da un punto di vista economico».
«Le politiche climatiche dovrebbero essere equilibrate e ponderate»
Contrari (Alex Farinelli)
La Costituzione federale contiene già disposizioni per promuovere la sostenibilità. Eppure, ciò non basta: la Svizzera, oggi, vive ben al di sopra dei limiti planetari. Non è auspicabile consumare meno risorse di quelle che la natura riesce a rigenerare?
«L’importanza di un consumo responsabile delle risorse è indiscutibile per la sostenibilità a lungo termine del nostro ambiente. Tuttavia, l’approccio proposto dall’iniziativa non solo supera i normali sforzi di sostenibilità, ma impone anche un cambiamento così radicale e veloce da essere irrealistico e potenzialmente dannoso. È essenziale riconoscere che la Svizzera ha già compiuto progressi notevoli attraverso politiche ambientali che hanno migliorato l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e diminuito l’impatto ecologico. La proposta di forzare una trasformazione completa dell’economia in soli dieci anni porterebbe a conseguenze severe, come la disoccupazione, l’inflazione dei prezzi al consumo, e un aumento della povertà, senza necessariamente garantire miglioramenti tangibili nella conservazione delle risorse. Una strategia più lungimirante e nell’interesse del nostro paese, che consideri il contesto economico globale e la capacità del settore industriale di adattarsi senza subire danni irreparabili, sarebbe molto più appropriata».
L’obiettivo dei promotori è di chiamare alla cassa le aziende (e le persone) più facoltose. Le piccole e medie imprese (PMI), al contrario, potrebbero essere sostenute per effettuare la transizione verso un’economia più sostenibile. Perché opporsi?
«Queste sono promesse irrealistiche, nonostante l’intenzione di sollevare le PMI dalle pressioni finanziarie della transizione ecologica possa sembrare vantaggiosa, l’attuazione di questa iniziativa sarebbe in ogni caso controproducente e dannosa per tutti. La distinzione tra aziende «facoltose» e PMI non è sempre chiara, e le misure proposte potrebbero erroneamente penalizzare imprese medie che sono essenziali per l’economia locale. Inoltre, le aziende più grandi hanno maggiori capacità di assorbire o trasferire i costi aggiuntivi, mentre le PMI potrebbero trovarsi a lottare per la sopravvivenza. L’approccio dell’iniziativa, che implica rapidi cambiamenti regolamentari e oneri finanziari, minaccerebbe la stabilità di queste imprese, riducendo la loro capacità di innovare e competere. Invece di imporre misure punitive, sarebbe più produttivo fornire incentivi e supporto per consentire a tutte le imprese di avanzare verso obiettivi di sostenibilità senza compromettere la loro operatività o solvibilità finanziaria. Questo è qualcosa che si sta già facendo, ma nei modi e con i tempi giusti: a poco serve continuare a proporre obiettivi utopici ed estremi».
Per i promotori, se non si agisce subito i costi legati al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità saranno sempre più elevati nei prossimi decenni. Non è un errore lasciare il conto da pagare alle generazioni future?
«È vero che i costi del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità possono crescere se non affrontati adeguatamente ed è proprio per questo che si sta già agendo da tempo. Legge sugli obiettivi climatici, promozione delle energie rinnovabili, incentivi per il risparmio energetico: sono solo alcuni esempi concreti di decisioni, anche ambiziose, prese nel corso di questi anni e che sono in fase di realizzazione. Al contrario l’approccio estremo suggerito dall’iniziativa destabilizzerebbe l’economia senza garantire una riduzione significativa di tali costi. Imporre restrizioni draconiane ai consumi e alla produzione che di fatto dovremmo ridurre del 60% in 10 anni. La realtà è un chiaro aggravio per tutti con la creazione di problemi sociali ed economici, come la disoccupazione e l’accesso limitato a beni e servizi essenziali. Le politiche ambientali dovrebbero essere equilibrate e ben ponderate, cercando di minimizzare i rischi economici mentre si massimizzano i benefici ambientali. Un approccio più misurato, che includa il dialogo tra tutti i settori della società e il supporto per l’innovazione tecnologica, potrebbe fornire una soluzione sostenibile che protegge l’ambiente e la prosperità futura senza imporre sacrifici inaccettabili alle generazioni attuali. Queste iniziative estreme, che purtroppo sono sempre più la regola, al contrario non contribuiscono a risolvere il problema».