Governo

La strada sarà molto più ripida per chi abbandona l’uniforme

Il Consiglio federale propone sei misure per rendere più difficile il passaggio al servizio civile – Priska Seiler Graf: «Sono vessazioni, non è così che l’Esercito diventa più attrattivo»
©Gabriele Putzu
Luca Faranda
01.03.2024 23:36

Abbandonare l’uniforme diventerà un po’ più difficile. L’Esercito vuole aumentare gli effettivi, ma solo nel 2023 sono stati quasi tremila i giovani che hanno deciso di cambiare strada durante o dopo la scuola reclute. Destinazione: servizio civile. In futuro, però, questa strada diventerà più impervia: «Il Consiglio federale intende ridurre con sei misure le ammissioni al servizio civile, al fine di applicare la prescrizione costituzionale secondo la quale non vi è libertà di scelta tra servizio militare e servizio civile sostitutivo».

Il progetto del Governo, che deriva da una precisa richiesta dell’UDC (avallata lo scorso anno dal Parlamento), sarà in consultazione fino all’8 giugno. Le prime reazioni, particolarmente critiche, non sono però tardate ad arrivare. Una su tutte: «Non ha senso peggiorare le condizioni d’accesso al servizio civile, pensando che l’Esercito diventi più attrattivo. Non funziona così», deplora la consigliera nazionale Priska Seiler Graf (PS/ZH), da noi contattata. La socialista zurighese è co-presidente di Civiva, la Federazione svizzera del servizio civile, nonché presidente della Commissione della politica di sicurezza.

Costi per oltre 70 milioni

Ma perché si è arrivati a questo punto? Il numero dei giovani ammessi al servizio civile - che garantisce una maggior flessibilità - è fortemente aumentato dall’abolizione dell’esame di coscienza nell’aprile del 2009. Da poco più di un migliaio all’anno, si è passati a oltre seimila. Nel 2023 ben 6.754 persone: il terzo numero più alto registrato dall’introduzione della «prova dell’atto».

Nel 55,8% dei casi, si tratta di giovani che non intendono svolgere il servizio militare e hanno presentato la domanda ancor prima della scuola reclute. L’11,6% l’ha presentata dopo l’inizio della scuola reclute e circa uno su tre (32,6%) dopo averla adempiuta.

Tutto ciò ha dei costi, che superano i 70 milioni di franchi all’anno. Solo per il 2022 (anno nel quale sono passati al servizio civile 2.102 militari dopo aver assolto la scuola reclute) i costi stimati ammontano a 74 milioni di franchi. Per tamponare queste perdite di effettivi, il Consiglio federale ha deciso di proporre sei contromisure. L’obiettivo è di far scendere il numero di ammissioni al servizio civile a circa 4 mila all’anno.

Minimo 150 giorni

La prima misura riguarda quasi esclusivamente i militari che hanno già effettuato la scuola reclute e vorrebbe trasferirsi al servizio civile. In questo caso avrà l’obbligo di prestare come minimo 150 giorni di servizio. Anche se gli mancano pochi corsi di ripetizione da effettuare. E vale anche per i militari in ferma continuata. L’obiettivo del Consiglio federale è di ridurre il numero di militari che lasciano l’Esercito dopo aver completato l’istruzione.

Anche per questo motivo si vuole evitare che a partire siano ufficiali e sottufficiali: anche per loro in futuro varrà il cosiddetto «Fattore 1,5». Dovranno moltiplicare per 1,5 i giorni di servizio militare mancanti (ora, per sottufficiali e ufficiali, è di 1,1).

A finire nel mirino delle nuove disposizioni sono anche le persone con esperienza medica che scelgono la via del servizio civile. Nell’Esercito c’è infatti carenza di personale in questo ambito e dunque, l’obiettivo è «far sì che il servizio militare sia più interessante del servizio civile per la carriera dei medici e degli aspiranti medici». Chi aspira a lavorare nel campo sanitario, oggi, ha la tendenza a orientarsi verso il servizio civile, anche perché l’offerta è molto vasta. Stando ai dati del 2023, oltre il 15% dei giorni di servizio civile prestati è nel settore della sanità.

Tuttavia, già secondo la legislazione in vigore, «non sono permessi gli impieghi che servono in primo luogo scopi privati della persona che deve prestare servizio civile, in particolare per la sua formazione o la sua formazione continua». Pertanto, il Governo vuole aumentare le restrizioni: in futuro saranno soppressi gli impieghi che richiedono studi in medicina umana, dentaria e veterinaria.

Principio di proporzionalità

La prima e la terza misura sono quelle che più hanno attirato critiche:«Queste richieste contraddicono il principio di proporzionalità e anche di parità di trattamento tra servizio militare e civile», sostiene Priska Seiler Graf, criticando il fatto che se a un giovane mancano 30 giorni – o 60, oppure 90 - per terminare i suoi obblighi militari, non deve ripartire da 150 in caso di passaggio al servizio civile. A suo avviso, questa misura potrebbe anche essere contestata davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), così come quella per gli aspiranti medici: «Si tratta di una discriminazione arbitraria che riguarda delle specifiche professioni».

Correggere il progetto

La quarta misura vuole vietare il passaggio al servizio civile dei militari che non hanno terminato i giorni da prestare e che cercano così di evitare il tiro obbligatorio. Oltre a ciò, per allineare il ritmo dei servizi prestati a quello del servizio militare, in futuro verrà introdotto l’obbligo di impiego annuale per chi vuole trasferirsi al servizio civile. L’ultima contromisura riguarda «un trattamento preferenziale non auspicato rispetto alle reclute»: chi è ammesso al servizio civile (e ha presentato la domanda durante la scuola reclute) sarà obbligato a prestare l’impiego di lunga durata al più tardi nell’anno civile successivo. Attualmente ha invece tre anni di tempo.

Per la co-presidente di Civiva, tuttavia, nessuna delle misure presentate è positiva. Di più, «sono pure vessazioni. Si sta cercando di inserire vari ostacoli, ma non ha alcun senso. È opportuno, invece, rendere più attrattivo l’Esercito, ad esempio con una migliore collaborazione con la società. Perché il servizio civile fornisce un grande aiuto nell’ambito sociale, negli ospedali, nelle scuole o nell’agricoltura», spiega Seiler Graf.

Molte di queste misure, tiene poi a ricordare, erano state respinte dal Consiglio nazionale nel 2020 (al tempo erano otto, non sei). Allora, una parte del Centro contribuì ad affossare – insieme alla sinistra - il progetto alle votazioni finali, con il timore che un eventuale referendum avrebbe potuto innescare un dibattito fondamentale sull’esercito poco prima del voto sui nuovi aerei da combattimento. Civiva già minaccia una (futura) raccolta firme. «Ma prima c’è ancora tempo di correggere il progetto», sottolinea la consigliera nazionale socialista.