Coronavirus

La Svizzera ha rinunciato alla produzione in proprio di vaccini, il PLR chiede chiarimenti

Secondo quanto riportato dal Tages Anzeiger, il Consiglio federale avrebbe rifiutato un’offerta di Lonza che avrebbe permesso di coprire la domanda elvetica «in poche settimane» - Chiesa: «Se quanto emerso è vero qualcuno è al posto sbagliato»
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(Aggiornato alle 19:39) - La campagna vaccinale in Svizzera procede a rilento e la causa è nota: mancano le dosi. Un problema, rivela oggi il Tages Anzeiger, che si sarebbe potuto evitare. Lonza, che ha uno stabilimento a Visp per la produzione del vaccino di Moderna, aveva fatto un’offerta allettante al Consiglio federale: avviare una linea di produzione per il Paese. Offerta, però, rifiutata dal Governo.

Le basi, eppure, c’erano tutte: Lonza era inizialmente pronta a produrre 600 milioni di dosi per Moderna, ma l’ordine da quest’ultima è stato poi limitato a sole 400 milioni. Ciò significa, riporta il giornale zurighese, che si sarebbero potute produrre fino a 200 milioni di dosi di vaccino supplementari in Vallese.

60-70 milioni per un impianto da 100 milioni di dosi

Un rifiuto, quello della Confederazione, che non trova spiegazione nemmeno nella questione dei brevetti: lo scorso novembre, il presidente di Lonza Albert Baheny aveva sottolineato che essi «non sono assolutamente un problema: coloro che detengono i brevetti sarebbero anzi felici, dato che stanno perdendo vendite perché non possono produrre i loro vaccini più velocemente». La creazione di un impianto di produzione svizzero di Lonza con una capacità di 100 milioni di dosi sarebbe costata da 60 a 70 milioni di franchi svizzeri, riporta il Tages Anzeiger. Una volta messo in funzione l’impianto, la domanda svizzera sarebbe stata coperta in poche settimane.

Per quale ragione si è rifiutato?

Per quale la ragione si è rifiutato, dunque? A rispondere, sempre sulle pagine del quotidiano zurighese, è Nora Kronig, vicedirettrice dell’Ufficio federale della sanità pubblica. «La base giuridica dovrebbe essere adattata per investire in una produzione ‘‘statale’’ di vaccini. E anche in quel caso non potrebbe fornire immediatamente abbastanza dosi per tutti».

Il PLR chiede spiegazioni

«Si tratta di un pretesto. In Parlamento abbiamo già cambiato più volte la base legale sulla quale si prendono le decisioni inerenti alla lotta alla pandemia. Con la legge COVID. Se ci fosse stata la volontà di produrre vaccini esclusivamente per la Svizzera sarebbe bastato proporlo al Parlamento», afferma Philippe Nantermod, consigliere nazionale vallesano e vicepresidente del PLR. Dopo le rivelazioni del foglio zurighese, in un comunicato il suo partito ha richiesto «spiegazioni chiare» da parte del titolare del Dipartimento dell’interno già nel corso della conferenza stampa prevista per domani. Se le risposte non dovessero essere esaustive e soddisfacenti, il PLR non esiterà a far capo ai mezzi di controllo a livello parlamentare attraverso le Commissioni della gestione o la loro delegazione «per fare piena luce su questo caso, per il quale non è da escludere neppure il ricorso ad una CPI (commissione parlamentare d’inchiesta ndr)».

Chiesa: «Se quanto emerso è vero qualcuno è al posto sbagliato»

Se quanto emerso fosse davvero la realtà «qualcuno è al posto sbagliato: in seno all’UFSP o in Consiglio federale», afferma Marco Chiesa, presidente dell’UDC e della Sottocommissione permanente della Commissione della gestione degli Stati a cui è attribuito il Dipartimento di Alain Berset. Se la Svizzera avesse concretamente avuto la possibilità di produrre il “proprio” vaccino nel nostro Paese, ora non saremmo confrontati agli attuali problemi di approvvigionamento e di dipendenza da fornitori esteri. La scusa dell’assenza di una base giuridica a cui si tenta di aggrapparsi fa sorridere. Il Consiglio federale sta lavorando da mesi con pieni poteri sulla base della legge sulle epidemie e ha facoltà di decidere in merito a tutte le nostre libertà individuali garantite dalla Costituzione, figuriamoci se questa eventuale lacuna avrebbe potuto rappresentare un ostacolo insormontabile».

La domanda ora è se quest’ultimo (che ha visitato personalmente l’azienda in gennaio) e il Governo fossero stati a conoscenza dell’offerta, che sarebbe stata fatta dallo stesso direttore di Lonza. Ma anche chi l’ha rifiutata, aggiunge Chiesa, «decidendo in tal modo che la popolazione svizzera non potesse assicurarsi una vaccinazione più rapida e gestibile. Con tutte le conseguenze devastanti in termini di posti di lavoro andati persi, pressioni psicologiche e relazioni sociali annullate. Ed inoltre montagne di debiti per le prossime generazioni». Il «senatore» rincara ancora la dose: «Affrontare una pandemia è complicato ma, purtroppo, non si tratta certo del primo inciampo per l'UFSP e per Alain Berset. Dalla pantomima delle mascherine, alla mancanza di un valido concetto di protezione per le persone a rischio, in particolare nelle strutture sociosanitarie, ai ripetuti errori nelle cifre comunicate, ad un contact tracing rivelatosi inefficace, per terminare con i ritardi nella strategia di vaccinazione».

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