Parlamento

L’atomo continua ad attirare e rientra dalla porta di servizio

Il Consiglio degli Stati rilancia il dibattito: si dovrà valutare la costruzione di nuove centrali nucleari - Schmid (PLR): «È giusto tornare a discuterne» - Clivaz (Verdi): «È una perdita di tempo, non ne avremo bisogno»
© KEYSTONE / MICHAEL BUHOLZER
Luca Faranda
06.03.2024 23:30

Premessa: non c’è alcuna revoca del divieto di costruzione di nuove centrali nucleari. Un cambio di rotta non è all’ordine del giorno, almeno per il momento. Tuttavia, il tema è tornato d’attualità e ora il Consiglio federale dovrà analizzare anche questo scenario. Un ritorno al passato o uno sguardo al futuro? Entrambe le cose, per il consigliere agli Stati e presidente del PLR Thierry Burkart.

Il «senatore» argoviese, tramite un postulato accolto dagli Stati, ha chiesto al Governo di valutare la possibilità di mantenere in vita più a lungo le attuali centrali «finché sono sicure e necessarie». Ma non solo. Chiede anche di considerare l’idea di costruire nuove centrali.

Strategia energetica 2050

Nel maggio del 2017, tuttavia, con il 58,2% dei voti il popolo svizzero ha approvato la Strategia energetica 2050, che vieta la costruzione di nuove centrali nucleari e allo stesso tempo decreta la graduale chiusura – al termine del loro ciclo di vita - di quelle esistenti. Attualmente ne sono attive quattro: Beznau I e II, Leibstadt (tutte nel canton Argovia) e Gösgen (Soletta), mentre quella di Mühleberg (Berna) è da tempo in fase di smantellamento.

A far discutere, oggi come allora, sono però i calcoli (e le stime) fatti dal Consiglio federale e dai sostenitori della Strategia energetica 2050: per l’elettricità, «una famiglia di quattro persone pagherà circa 40 franchi all’anno in più», aveva sostenuto l’allora «ministra» dell’Energia Doris Leuthard. Per Burkart è chiaro: «La Strategia energetica 2050 è stata sviluppata sulla base di ipotesi errate e non è quindi adatta a garantire il futuro approvvigionamento elettrico».

Cognizione di causa

Il postulato di Burkart, che chiede al Consiglio federale di fare chiarezza tramite un rapporto, ha convinto la maggioranza (borghese) del Consiglio degli Stati. Tuttavia, il Governo - che si era detto favorevole alla proposta - ha tenuto a ribadire che il sì a questo atto parlamentare «non costituisce un precedente a favore della revoca del divieto di costruzione di nuove centrali nucleari. Tenere conto dello scenario in questione consente semmai di prendere decisioni con cognizione di causa».

Dal 2017 a oggi sulla questione ci sono state ore e ore di dibattito, in particolare dopo il rischio di penuria energetica evocato nel 2022. Un eventuale ritorno al nucleare è più volte stato proposto dall’UDC - l’ultima volta al Consiglio nazionale nel marzo del 2023, nell’ambito delle discussioni sulla «Legge federale su un approvvigionamento elettrico sicuro con le energie rinnovabili». I democentristi, in quel caso, rimasero nuovamente con un pugno di mosche.

Mantenere gli impianti esistenti

«È giusto tornare a discutere del nucleare. Dobbiamo farlo per la sicurezza dell’approvvigionamento della Confederazione», sostiene il consigliere agli Stati Martin Schmid (PLR/GR), ricordando che la richiesta di Burkart si concentra soprattutto sul mantenimento a lungo termine delle infrastrutture esistenti. «Per me si tratta di un punto centrale, poiché senza di esse non avremmo abbastanza corrente al momento».

Per il «senatore» grigionese, tuttavia, non bisogna concentrarsi solo su un vettore: «Dobbiamo fare tutto il possibile per sviluppare le energie rinnovabili come il solare e la forza idrica, ma bisogna anche mantenere collegate alla rete le centrali nucleari attualmente in funzione. E dobbiamo farlo il più a lungo possibile. Se ciò non dovesse bastare, allora si potrebbe togliere il divieto di costruire nuovi impianti», spiega il presidente dell’Associazione svizzera dell’industria del gas (ASIG), membro anche della Commissione dell’energia degli Stati.

Bastoni tra le ruote

«Trovo che sia una perdita di tempo e di energia che quasi ogni sessione si torni a discutere dell’argomento», afferma dal canto suo il consigliere nazionale Christophe Clivaz (Verdi/VS), ricordando che l’eventuale costruzione di una nuova centrale costerà molto caro e richiederà decenni. A suo avviso, l’approvvigionamento energetico è assicurato anche grazie allo sviluppo delle rinnovabili. «Non avremo bisogno del nucleare in Svizzera, ci sono altre soluzioni: abbiamo un buon mix energetico».

«È vero, i costi dell’energia sono saliti, ma anche con il nucleare non diminuirà di certo. Se vogliamo lottare contro tale aumento, la prima misura che dobbiamo attuare - e non lo facciamo abbastanza - è il risparmio energetico. Ci renderebbe anche meno dipendenti dall’estero», aggiunge Clivaz, ammettendo tuttavia che sarà necessario trovare un accordo sull’elettricità con l’UE. «Ma la Strategia energetica 2050 non è certo fallita. UDC e PLR hanno messo i bastoni tra le ruote allo sviluppo. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina c’è stato un chiaro cambiamento, anche grazie alla votazione sul clima del 18 giugno 2023 e del cosiddetto atto mantello che sarà in votazione in giugno».

Si tornerà a votare

Il fronte borghese, in ogni caso, vuole tornare al più presto alle urne. Lo scorso 16 febbraio è stata depositata l’iniziativa (corredata da 129 mila firme) «Energia elettrica in ogni tempo per tutti (Stop al blackout)», che chiede di produrre energia elettrica «nel rispetto dell’ambiente e del clima. Sono ammissibili tutti i tipi di produzione di energia elettrica rispettosi del clima». Anche se non è mai esplicitamente menzionato, il ritorno al nucleare costituisce il nucleo dell’iniziativa. Una cosa è certa. Sull’atomo si tornerà presto a votare.

In Svizzera, il 52,8% dell’elettricità è prodotto a partire dalla forza idrica, il 36,4% dal nucleare, l’1,4% da fonti fossili e il 9,4% da nuove energie rinnovabili, stando al «mix di produzione svizzero 2022» dell’Ufficio federale dell’energia (UFE). La Svizzera però importa ed esporta: pertanto, ai consumatori finali non viene fornita solamente energia elettrica prodotta in Svizzera. L’energia elettrica consumata nel 2022 è stata prodotta per il 79% circa da fonti di energia rinnovabile (di cui 65% dalla forza idrica e 14% da impianti fotovoltaici, eolici e a biomassa), il 19,6% dal nucleare e l’1,9% da fonti energetiche fossili, secondo la statistica sull’etichettatura dell’elettricità dell’UFE.

Mix di produzione

In Svizzera, il 52,8% dell’elettricità è prodotto a partire dalla forza idrica, il 36,4% dal nucleare, l’1,4% da fonti fossili e il 9,4% da nuove energie rinnovabili, stando al «mix di produzione svizzero 2022» dell’Ufficio federale dell’energia (UFE). La Svizzera però importa ed esporta: pertanto, ai consumatori finali non viene fornita solamente energia elettrica prodotta in Svizzera. L’energia elettrica consumata nel 2022 è stata prodotta per il 79% circa da fonti di energia rinnovabile (di cui 65% dalla forza idrica e 14% da impianti fotovoltaici, eolici e a biomassa), il 19,6% dal nucleare e l’1,9% da fonti energetiche fossili, secondo la statistica sull’etichettatura dell’elettricità dell’UFE.