Lavorare anche la domenica: «Ci sono sempre più deroghe»

Il primo a decretare il riposo domenicale fu l’imperatore romano Costantino, detto il Grande, nel 321 d.C.: era il «venerabile giorno del Sole». In Svizzera, un divieto di base - con ovvie eccezioni - è sempre esistito ed è poi stato iscritto nella legge. Tradizionalmente, il settimo giorno della settimana è dedicato al riposo, alla famiglia o agli amici. Ma non per tutti.
Il numero di persone che lavorano di domenica è infatti in aumento: dalle professioni di rilevanza sistemica (come la sanità o la sicurezza) a quelle legate a turismo, trasporti, ristorazione o agricoltura. In realtà, la lista è lunga e con il passare degli anni le eccezioni aumentano: nel commercio al dettaglio, a far parecchio discutere, è l’iniziativa cantonale di Zurigo (dalla scorsa settimana e fino a metà novembre si trova in consultazione) che chiede un aumento delle aperture straordinarie dei negozi. Da quattro (in Ticino, nel 2025, le date sono le seguenti: 27 luglio, 30 novembre, nonché 14 e 21 dicembre) si potrebbe passare a dodici all’anno.
Anche per chi lavora in ufficio si prospetta una «flessibilizzazione» degli orari di lavoro: un’iniziativa parlamentare del consigliere agli Stati Thierry Burkart (PLR/AG), che verrà discussa in settembre al Nazionale, vuole regolare il telelavoro. Da un lato vuole aumentare la durata massima del lavoro giornaliero (da 14 a 17 ore) e diminuire il riposo minimo fra un giorno e l’altro (da 11 a 9 ore). Dall’altro, nel testo proposto dal presidente (dimissionario) del PLR, c’è la richiesta di poter lavorare fino a sei domeniche all’anno per massimo cinque ore senza autorizzazione, e compensare il lavoro domenicale con un supplemento salariale del 50%.
Contratto collettivo
Per i sostenitori di queste due proposte, una maggiore flessibilità - sia per quanto riguarda l’apertura dei negozi che per il lavoro da casa - risponde meglio alle esigenze dei consumatori e «ottimizza l’equilibrio tra vita professionale, famiglia e vita privata».
C’è anche chi auspica soluzioni di compromesso: ad esempio, in merito alle aperture straordinarie domenicali dei negozi, in Parlamento è stata presentata una proposta per cui l’estensione del lavoro domenicale sia subordinata alla presenza nel settore interessato (a livello federale o cantonale) di un contratto collettivo di lavoro avente carattere obbligatorio generale.
Professioni essenziali
Una liberalizzazione che non piace né ai sindacati né ai partiti di sinistra e tantomeno alle organizzazioni legate alla Chiesa. Proprio per questo motivo è stata creata una «Alleanza per la domenica» («SonntagsAllianz»), che non intende sacrificare questo giorno di riposo sull’altare degli interessi economici a breve termine. In particolare nel commercio al dettaglio, dove sono già in vigore varie deroghe, ad esempio nelle zone turistiche o nelle stazioni.
Per l’Alleanza, il lavoro domenicale deve rimanere limitato alle professioni «essenziali» per la società. Già negli scorsi mesi, vari sindacati hanno criticato la tattica dei piccoli passi per erodere gradualmente la domenica libera dal lavoro. «Le eccezioni devono rimanere eccezioni», sottolinea l’alleanza che riunisce una trentina fra partiti (PS, Verdi, PEV), sindacati (come Travail.Suisse, USS, Unia) e organizzazioni (tra cui Chiesa evangelica riformata e Dipendenze Svizzera).
Più di un lavoratore su sei
La «domenica libera», viene aggiunto, è un pilastro della vita familiare, sociale, sportiva, spirituale e culturale. Oggi, a sostegno di questa tesi, la «SonntagsAllianz» ha presentato uno studio (commissionato proprio dall’Alleanza stessa) condotto dal Centro interdisciplinare degli studi di genere (IZFG) dell’Università di Berna. I risultati? Donne, migranti e lavoratori precari - che già godono di scarsa tutela - sono colpiti in modo sproporzionato. Il lavoro domenicale può avere ripercussioni sul benessere fisico, psichico e sociale, in particolare quando le possibilità di organizzare l’orario di lavoro sono limitate.
Da una rilevazione dell’Ufficio federale di statistica (UST), relativa al 2023, emerge che il 15,8% delle persone occupate lavora regolarmente la domenica (più di una persona su sei). In particolare sono giovani tra i 15 e i 24 anni (la quota è del 21,1%) e gli over 65 anni (20,7%). Stando all’UST, inoltre, un altro 8% circa lavora in modo irregolare di domenica.