Dazi

Le promesse dell'economia fuori dai colloqui politici

La Commissione della politica estera del Nazionale approva il progetto di mandato negoziale con gli USA – Gli investimenti da 200 miliardi assicurati dai privati vanno distinti dagli impegni pubblici – Oggi tocca ai «senatori» – Gli imprenditori, nel frattempo, mettono pressione al Parlamento: «È in gioco la nostra stessa sopravvivenza»
©PETER KLAUNZER
Luca Faranda
16.12.2025 06:00

Alfred Gantner (Partners Group), Jean-Frédéric Dufour, (Rolex), Johann Rupert (Richemont), Diego Aponte (MSC), Daniel Jaeggi (Mercuria), e Marwan Shakarchi (MKS PAMP). Sono questi i nomi dei sei imprenditori che lo scorso 4 novembre hanno fatto visita allo Studio Ovale per convincere Donald Trump a ridurre i dazi per i prodotti svizzeri. Una decina di giorni dopo, Berna e Washington hanno firmato una dichiarazione d’intenti provvisoria per abbassare le tariffe doganali dal 39% al 15%. È stato l’impulso decisivo? È presto per dirlo, ma ora l’economia vuole avere più voce. Per questo motivo, 130 rappresentanti di alto rango del mondo imprenditoriale elvetico hanno scritto una lettera ai parlamentari delle Commissioni della politica estera di Nazionale e Stati: «Le aziende svizzere sostengono negoziati rapidi con gli Stati Uniti» era l’oggetto della mail, secondo quanto scritto domenica dal «SonntagsBlick».

Mercato insostituibile

«Gli elevati dazi doganali statunitensi hanno gravato enormemente sulle aziende svizzere con una forte attività di esportazione dall’inizio di agosto», ricordano gli imprenditori. «Per molti di noi, è in gioco la nostra stessa sopravvivenza come aziende in Svizzera. Semplicemente non possiamo sostituire un mercato di esportazione come gli Stati Uniti», si legge nella lettera, firmata anche dagli alti dirigenti di Stadler, Schindler, V-Zug, Pilatus, Breitling, Victorinox, nonché dai presidenti di Economiesuisse (Christoph Mäder) e di Swissmem (Martin Hirzel). Il messaggio principale: approvare senza indugio il progetto di mandato negoziale.

Primo via libera

La richiesta è stata sì accolta, ma solo in parte. Ieri, infatti, la Commissione della politica estera del Consiglio nazionale ha dato il primo via libera. In attesa della presa di posizione della Conferenza dei Governi Cantonali, oggi si esprimeranno in merito anche i «senatori». I dettagli del quadro negoziale, tuttavia, rimangono riservati. Ieri, nella seduta straordinaria dei commissari del Nazionale, il mandato negoziale per un accordo commerciale con gli Stati Uniti è stato accolto per 17 voti contro 2 e 5 astensioni. Tuttavia, a differenza di quanto chiesto dagli imprenditori, i parlamentari hanno voluto mettere i puntini sulle i ed esprimono qualche riserva. Nessun obbligo La Confederazione, ad esempio, non deve assumersi «alcun obbligo qualora gli investimenti previsti per un importo di 200 miliardi di franchi da parte di imprese private svizzere negli Stati Uniti non dovessero essere realizzati», indica chiaramente la presidente della commissione, la consigliera nazionale Sibel Arslan (Verdi/BS), aggiungendo che questa disposizione è stata richiesta per 16 voti contro 9. Gli investimenti miliardari promessi dall’economia, dunque, non dovranno essere un boomerang per la politica: «Si tratta di un elemento complementare e occorre dunque distinguere l’impegno privato da quello pubblico», ha spiegato il consigliere nazionale Laurent Wehrli (PLR/VD), ricordando anche che in questa fase si sta prendendo posizione sul mandato negoziale (attualmente l’intesa raggiunta non è giuridicamente vincolante) e non sui negoziati veri e propri. La maggioranza della commissione del Nazionale, seppur di stretta misura, chiedono anche precisazioni «sui flussi affidabili e transfrontalieri di dati», nonché di integrare nel mandato negoziale una disposizione che permetta di «prevenire svantaggi strutturali a lungo termine per la Svizzera nell’ambito dello scambio di dati nazionale e transfrontaliero». Il livello di protezione dei dati garantito dalla Svizzera deve inoltre essere pienamente rispettato, ha spiegato Arslan.

Le richieste respinte

Non hanno invece trovato terreno fertile tutta una serie di richieste che riguardavano, ad esempio, requisiti minimi in materia di sostenibilità o l’istituzione di un tribunale arbitrale paritetico per la risoluzione delle controversie, nonché di prevedere più ostacoli sulle norme per l’immatricolazione dei veicoli (come i Cybertruck di Tesla), o sulle misure riguardanti la carne di pollame (leggi: pollo al cloro). Respinta al mittente anche la proposta che chiede al Consiglio federale di non sancire nel mandato negoziale la rinuncia ad una tassa sui servizi digitali.

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