«L’esclusione dai finanziamenti alla ricerca ha ripercussioni sulla società tutta»

L’accordo raggiunto tra Londra e Bruxelles per riportare il Regno Unito nel programma quadro dell’UE per la ricerca Horizon Europe ha fatto sentire ancora più solila Svizzera e i suoi atenei. Ne parliamo con Franco Gervasoni, anche in qualità di presidente della Camera delle SUP di Swissuniversities.
Franco
Gervasoni, quanto è lontana oggi la Svizzera della ricerca dal resto
dell’Europa?
«Fino a oggi, a
mitigare l’isolamento della Svizzera dal resto della comunità scientifica
europea, e a ridurre al minimo le perdite finanziarie, sono state le misure
transitorie approvate dal Consiglio federale subito dopo l’esclusione della
Svizzera dai programmi di finanziamento europei. Si tratta di misure
indispensabili, ma non sostituiscono completamente la piena partecipazione
della Svizzera ai programmi dell’UE, limitando le opportunità e riducendo
competitività e attrattività del sistema di ricerca e innovazione svizzero».
Quanto sono
tangibili le ripercussioni dell’esclusione della Svizzera dal programma Horizon
Europa, esclusione che ormai risale a oltre due anni fa?
«Gli effetti di
questa esclusione iniziano a delinearsi in modo chiaro e la Svizzera inizia a
perdere quotazioni tra i membri della comunità scientifica quale centro di
conoscenza di rilevanza nazionale e internazionale. Il mancato accesso ai fondi
europei sta riducendo la capacità della Svizzera di competere e innovare a
livello internazionale, con una conseguente perdita di risorse economiche per
le università e una maggiore difficoltà a stipulare i partenariati, che senza
l’associazione ai programmi UE sono ora spesso negoziati in modo bilaterale e
complicato, con ostacoli amministrativi elevati. Queste conseguenze non si
limitano solo all’aspetto finanziario, ma colpiscono direttamente la rete di
contatti e di scambio creata nel tempo, ed è fondamentale per la ricerca
scientifica, che è globale per definizione. Tutto ciò compromette l’immagine
della Svizzera non solo come centro di conoscenza di rilevanza nazionale e
internazionale, ma anche come piazza economica perché conoscenza e formazione
sono tra le risorse più importanti del nostro Paese».


Lei, in quanto
direttore generale della SUPSI, come può descrivere queste ripercussioni nel
modo più concreto possibile?
«Come Scuola
universitaria professionale, in questa prima fase non abbiamo subito
conseguenze negative rilevanti dalla nostra esclusione dal programma Horizon
Europe. Questo è principalmente dovuto al fatto che partecipiamo a progetti di
ricerca collaborativa, meno direttamente influenzati dalle misure previste
dalla mancata partecipazione al programma. Tuttavia, il pericolo risiede nel
medio lungo termine perché i partner con cui collaboriamo potrebbero diventare
meno propensi a lavorare con noi nel tempo, e preferire avviare progetti, ad
esempio, con istituti alternativi di stati membri, che garantiscono attività di
ricerca qualitativamente simili, ma soprattutto l’accesso diretto ai fondi
europei, e quindi offrono procedure amministrative più semplici».
Mentre Londra
si è riavvicinata a Bruxelles, nel programma Horizon Europe, Berna rimane
lontana. Che cosa può fare il mondo delle università e della ricerca per
spingere Berna a trovare finalmente una nuova intesa?
«La riammissione
del Regno Unito ai programmi di ricerca europei è una notizia positiva, che in
parte alimenta le speranze nella comunità accademica e scientifica svizzera. Le
università devono fare passare il messaggio che l’esclusione dai finanziamenti
europei alla ricerca ha ripercussioni dirette sulla ricerca, sulla economia e
sulla società nel suo insieme. La ricerca e la formazione riguardano tutti
perché sono in grado di innovare e creare posti di lavoro qualificati e posti
di lavoro per i giovani in formazione. È dunque necessario appellarsi alla
politica dell’istruzione e della ricerca per lo sviluppo rapido di soluzioni
concrete per una riammissione completa ai programmi di finanziamento europei il
prima possibile, e nel frattempo garantire strumenti e finanziamenti che
riducano i danni della mancata associazione».
Ne ha
accennato in precedenza: c’è il rischio, sul medio-lungo termine, di perdere il
prestigio sin qui accumulato sul piano internazionale dalle nostre università?
«Nel 2022, e per
il dodicesimo anno consecutivo, la Svizzera è in vetta alla lista dei Paesi per
capacità di generare innovazione secondo il Global Innovation Index, davanti a
Stati Uniti e Svezia. Alla base di questo successo, oltre alla qualità del
sistema svizzero di ricerca e istruzione, ci sono i solidi legami
internazionali delle nostre università. Tuttavia, la mancata adesione ai
programmi europei da parte della Svizzera registra già oggi perdite non
direttamente quantificabili come un minore effetto competitivo, minori
opportunità di scambio, esclusione da aree strategiche. Una tendenza che può
senz’altra rivelarsi pericolosa sul medio termine».
Un Paese terzo non associato
Nel maggio del 2021, dopo sette anni di trattative, la Svizzera ha interrotto i colloqui sull’accordo quadro con l’Unione europea. Accordo che avrebbe dovuto regolare i rapporti tra Berna e Bruxelles. Il Consiglio federale ha deciso di interrompere i negoziati. Come risultato la Commissione europea ha deciso di considerare la Svizzera un Paese terzo non associato al programma di ricerca e innovazione dell’UE. Per il periodo 2021-2027, Horizon Europe dispone di un budget di circa 95 miliardi di euro. Fino al 2021, il programma Horizon Europe ha rappresentato la seconda fonte di finanziamento pubblico per i ricercatori svizzeri dopo il Fondo nazionale svizzero. Quest’ultimo, nel frattempo, ha messo un cerotto per evitare l’emorragia: il Fondo nazionale sta finanziando diversi programmi di ricerca simili al prestigioso ERC europeo. Molti ricercatori stanno postulando. Altri, invece, hanno preferito optare per il modello europeo. Intanto, il Regno Unito è rientrato nel programma, trovando un nuovo accordo con Bruxelles, annunciato lo scorso 7 settembre. La base dell’associazione del Regno Unito a questo programma è l’accordo di commercio e cooperazione, entrato in vigore sempre nel 2021.