Difesa

Leva obbligatoria per le donne: «Una provocazione necessaria»

La società svizzera degli ufficiali rilancia il tema della presenza femminile nel nostro esercito – Stefano Giedemann: «Se vogliamo raggiungere gli obiettivi della visione 2030 occorre una proposta di rottura»
© CdT/Archivio
Francesco Pellegrinelli
19.07.2021 06:00

«Anche le donne dovrebbero prestare servizio militare. È ora che entrambi i sessi abbiano gli stessi diritti e gli stessi doveri». E ancora: «Siamo convinti che l’esercito non possa più fare a meno del 50% del potenziale della società». Sono dichiarazioni di questo tenore quelle rilasciate nel fine settimana dal presidente della Società svizzera degli ufficiali (SSU) Stefan Holenstein alla «NZZ am Sonntag». Dichiarazioni forti che non solo riportano al centro del dibattito il tema della presenza femminile nell’esercito, ma che aggiungono un tassello supplementare alla discussione politica avviata diversi decenni orsono nel nostro Paese.

La genesi rosa

«La richiesta va contestualizzata alla discussione decennale sulla presenza femminile nell’esercito», ha commentato al Corriere del Ticino il vicepresidente SSU Stefano Giedemann. Una discussione profondamente storica, la cui genesi inizia nel dopoguerra, per concretizzarsi, in un primo tempo, con la riforma dell’Esercito XXI agli inizi degli anni 2000. «Prima la donna poteva fare poco: essenzialmente servizi di supporto. Nel 2004 c’è stata l’apertura alle armi». Il nuovo «indirizzo rosa» si è ulteriormente confermato nel 2018, «senza però tradursi in un aumento significativo della presenza femminile nell’esercito», aggiunge Giedemann.

La spinta di Amherd

L’ultimo tassello di questo processo va identificato con l’arrivo di Viola Amherd al Dipartimento della difesa. «La consigliera federale è molto sensibile al tema e da subito ha voluto dare un’impronta». Recentemente, ricordiamo, ha costituito un gruppo di lavoro in seno all’esercito con l’obiettivo di aumentare la presenza femminile, la cui quota attualmente si attesta allo 0,9%. Ed è proprio all’interno di questo gruppo che la Società svizzera degli ufficiali ha portato avanti le sue riflessioni. «Recentemente abbiamo consegnato alla direttrice del Dipartimento della difesa un rapporto con una ventina di punti in cui si propone un’analisi attenta del tema. Il cambiamento va infatti accompagnato da una serie di misure che facilitano la presenza femminile nell’esercito».

Obiettivo 10%

Il Dipartimento della difesa intende incrementare la quota rosa entro il 2030, portando la percentuale femminile dallo 0,9 al 10%. Ancora Giedemann: «Fatti due calcoli, questo obiettivo, con le premesse e le condizioni attuali, risulta molto ambizioso. In generale, la visione Esercito 2030 prevede un corpo militare composto da 120 mila persone, con 12 mila donne incorporate. Ma questo impone che 2 mila donne, ogni anno, entrino nel servizio di istruzione». Oggi, però, i numeri parlano di una quota rosa irrisoria. Motivo per cui «qualcosa deve cambiare. La nostra proposta si inserisce esattamente in questo contesto e in questa visione».

Fuori dal Parlamento

Poste queste condizioni e tenuto conto degli obiettivi futuri, continua Giedemann, il modello di servizio va rivisto. «La leva obbligatoria per le donne è una proposta provocatoria ma necessaria». Secondo Giedemann occorre creare le premesse per un dibattito pubblico sul tema e in questo senso va letta la proposta di leva obbligatoria per le donne. Come hanno dimostrato alcune indagini svolte dal Politecnico di Zurigo, prosegue Giedemann, la popolazione non sarebbe di principio contraria. «Le resistenze maggiori oggi vanno cercate nel Parlamento. È la politica, infatti, che ha bocciato la proposta di rendere la giornata di reclutamento femminile obbligatoria. Oggi noi vogliamo portare il dibattito a livello pubblico». Eppure, facciamo notare, i numeri oggi sono molto contenuti. Lo 0,9% parla da solo. Come avviene già con gli uomini, la coscrizione obbligatoria femminile potrebbe tradursi con una forte adesione al servizio civile e non alla scuola reclute. «Obiettivamente questo argomento non è fuori luogo, ma credo che comunque sia presto per capire gli eventuali sviluppi futuri della leva femminile. Il discorso deve essere contestualizzato a un esercito che sta cambiando, anche a livello culturale».