Svizzera

«L'iniziativa "200 franchi bastano!" va respinta, ma il canone calerà comunque»

La bocciatura odierna degli Stati non significa che il canone resterà agli attuali 335 franchi: il Consiglio federale ha infatti già annunciato la volontà di ridurlo per le economie domestiche a 300 franchi annui
©Chiara Zocchetti
Ats
22.09.2025 17:14

L'iniziativa popolare «200 franchi bastano! (Iniziativa SSR)» sarà sottoposta a popolo e cantoni con la raccomandazione di respingerla. Dopo quello del Consiglio nazionale in giugno, oggi è infatti giunto anche il «no» dagli Stati.

La bocciatura odierna non significa tuttavia che il canone radiotelevisivo resterà agli attuali 335 franchi. Il Consiglio federale ha infatti già annunciato la volontà di ridurre, a livello di ordinanza, il canone per le economie domestiche a 300 franchi annui e di esentare dall'obbligo di pagare la tassa di ricezione le imprese con un fatturato annuo soggetto a IVA fino a 1,2 milioni di franchi. Ciò concerne l'80% delle imprese soggette all'IVA, ha sottolineato Marianne Maret (Centro/VS) a nome della commissione.

Come ricordato dalla vallesana, la proposta del Consiglio federale ridurrebbe di 270 milioni gli introiti della SSR derivanti dal canone, attualmente pari a 1,3 miliardi. L'iniziativa popolare, invece, ne dimezzerebbe l'ammontare, portandolo a 630 milioni.

L'approvazione dell'iniziativa metterebbe dunque la SSR in una situazione finanziaria critica, già segnata dal calo delle entrate pubblicitarie. A farne le spese sarebbe soprattutto l'informazione regionale, ha avvertito Maret. «Se la cronaca delle periferie - da Neuchâtel al Giura, dal Vallese a Glarona e ai Grigioni - sparisce dal racconto mediatico, si radicherà una giustificata sfiducia nella politica», ha sottolineato Baptiste Hurni (PS/NE).

Maret ha poi ammesso che il canone radiotelevisivo svizzero è, nel confronto internazionale, particolarmente elevato. Ciò si spiega però in larga parte con il nostro multilinguismo. Se la Svizzera fosse uno Stato monolingue, i costi di produzione della SSR sarebbero inferiori di circa il 40%, ha sostenuto.

Thierry Burkart (PLR/AG) ha posto l'accento sulla ristrutturazione in corso alla SSR, sottolineando come i tagli ai programmi e i licenziamenti siano scelte spiacevoli ma inevitabili. Secondo l'argoviese, la SSR resta indispensabile, ma deve essere più efficiente. «La rotta è tracciata - ha osservato - e confido che sarà seguita fino in fondo. In caso contrario, la politica potrebbe rivedere il proprio giudizio su iniziative analoghe in futuro».

Il ministro delle comunicazioni Albert Rösti non ha nascosto che con l'iniziativa l'offerta giornalistica della SSR rischierebbe di essere fortemente ridimensionata, con vuoti difficilmente colmabili da altri media. A trarne vantaggio, ha spiegato il consigliere federale democentrista, sarebbero soprattutto le piattaforme a pagamento svizzere e i servizi di streaming internazionali, che offrirebbero pochi o nessun contenuto relativo alla Svizzera.

Carlo Sommaruga (PS/GE) ha ricordato come la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RSI) sostenga diverse avvenimenti culturali in Ticino. L'azienda ha un ruolo molto importante: contrariamente a Ginevra o Zurigo, infatti, nel cantone sudalpino non ci sono riserve nel settore privato per sostituirsi alla RSI, ha detto il socialista.

Replicando a Sommaruga, Marco Chiesa (UDC/TI) ha sottolineato come in Ticino ci sia insoddisfazione rispetto al servizio pubblico fornito dalla RSI. Il democentrista ha parlato di conflitto perenne tra la destra e l'azienda radiotelevisiva, evidenziato anche dal fatto che l'ex direttore generale è «magicamente» diventato parlamentare della sinistra in Gran Consiglio. Per il democentrista - che ha definito l'iniziativa «assolutamente sostenibile» - questi sono i punti da migliorare.

Fabio Regazzi (Centro/TI) ha da parte sua ricordato, sempre rispondendo a Sommaruga, che delle 126 mila firme raccolte dagli iniziativisti, ben 30 mila sono arrivate dal Ticino. Il ticinese ha poi denunciato il fatto che anche le imprese sono sottoposte al canone. Per gli imprenditori, che pagano già la tassa come privati cittadini, si tratta di una doppia imposizione, ha dichiarato.

A suo avviso la proposta del Consiglio federale di esentare l'80% delle imprese è insufficiente. Andrebbero esentare tutte, ha affermato Regazzi sostenendo che i mancati introiti per la SSR, 180 milioni, sarebbero sopportabili. A termine sarebbero oltretutto compensati, grazie all'aumento demografico e con il fatto che sempre più persone vivono da sole.

La questione più importante resta però cosa la SSR debba offrire, ha sottolineato Esther Friedli (UDC/SG). «Il servizio pubblico deve finanziare show di intrattenimento girati su isole svedesi, o deve concentrarsi principalmente sulla diffusione di notizie e informazioni?», si è chiesta la sangallese.

Friedli ha poi detto di sostenere l'iniziativa popolare, ma di non voler chiedere formalmente il voto agli Stati poiché, ha affermato, «ci sarà un voto popolare e un ampio dibattito pubblico su quanto i cittadini siano disposti a pagare per radio e televisione, e su cosa debba essere offerto». Visto che anche Chiesa e Regazzi hanno rinunciato a domandare il voto, l'iniziativa popolare è stata bocciata in modo tacito.

Come la sua denominazione lo lascia intuire, l'iniziativa popolare «200 franchi bastano!» chiede di ridurre il canone radio-televisivo a 200 franchi all'anno. La proposta, lanciata da UDC, Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM) e giovani liberali-radicali, chiede anche di esentare le società e le imprese dal pagamento del canone. La ripartizione dei proventi alle emittenti radiofoniche e televisive private rimarrebbe invariata.

L'iniziativa «200 franchi bastano!» segue quella chiamata «No Billag», che intendeva abolire tout court la tassa di ricezione, e che nel marzo 2018 fu sonoramente respinta dal 71,6% dei votanti e da tutti i cantoni.