L'intervista

«Lo Stato sociale si può espandere, ma bisogna sapere che ha un costo»

Domani a Berna, l'assemblea dei delegati del partito designerà ufficialmente il successore di Gerhard Pfister: l'unico candidato è Philipp Matthias Bregy – Lo abbiamo incontrato a Palazzo federale
©ALESSANDRO DELLA VALLE
Luca Faranda
27.06.2025 06:00

Philipp Matthias Bregy, 46 anni, è il futuro presidente del Centro. Domani a Berna, l’assemblea dei delegati del partito designerà ufficialmente il successore di Gerhard Pfister, che lascia la carica dopo nove anni. Bregy, consigliere nazionale e capogruppo del Centro alle Camere federali, è l’unico candidato. Lo abbiamo incontrato a Palazzo federale.

Nel 2025 il Centro ha subito una rivoluzione nei posti di vertice: un nuovo consigliere federale, un nuovo presidente del partito e prossimamente anche un nuovo capogruppo alle Camere. In che stato di salute è il Centro?
«Il Centro è sano. Ci sono sempre cambiamenti nella politica: si sono concentrati tutti nello stesso periodo. In questo momento è una sfida, ma può anche essere un’opportunità. In poco tempo dobbiamo rinnovarci, ma il partito è pronto per le prossime sfide».

Essere stabili probabilmente non basterà per ottenere un secondo seggio in Consiglio federale nel 2027. Cosa deve fare il presidente del Centro per ottenere più consensi?
«I media parlano sempre del secondo seggio in Consiglio federale. Io voglio parlare di altro. Per me è decisivo crescere in tutte le regioni del Paese. Poi sono convinto che il resto sarà una conseguenza del lavoro svolto. Cosa serve? Dobbiamo essere il terzo polo. Siamo una forza costruttiva e siamo l’unico partito che regolarmente può costruire maggioranze con la destra e con la sinistra. Siamo il partito che plasma le soluzioni di maggioranza».

Come terzo polo, il Centro riuscirà a imporre una propria linea oppure preferisce concentrarsi a essere un fattore di stabilità?
«Non eravamo un fattore di stabilità e non lo vogliamo essere. Noi facciamo una nostra politica, presentando le nostre idee. Per ottenere una maggioranza possiamo orientarci a destra e a sinistra. Questa è la nostra forza e ci aiuta anche a presentare soluzioni su misura».

Perché un elettore, ad esempio un giovane, oggi dovrebbe votare il Centro, non avendo una chiara idea sulla direzione che il partito intende prendere su questioni fondamentali come l’UE, il congedo parentale o il finanziamento dell’AVS?
«Il Centro ha una chiara direzione: le nostre soluzioni sono di ispirazione borghese, ma con una responsabilità sociale. Da destra, a volte, è catalogata come politica di sinistra. Ma non lo è. Si tratta di una politica che risponde alle esigenze dei cittadini del nostro Paese. E anche dei giovani. Le persone non hanno bisogno di ideologia, ma di soluzioni».

In un’intervista al Tages-Anzeiger ha detto che avrà un compito più facile rispetto a Gerhard Pfister. Perché?
«Ha fatto un eccellente lavoro. Ha posizionato il partito su altre fondamenta. Io, invece, non dovrò più attraversare una fusione tra PPD e PBD e trasformare il partito. Dovrò solo continuare su questa base».

Il partito ha cambiato il nome, abbandonando il riferimento cristiano, per essere più moderno. Ma come si può conciliare la frazione più conservatrice (presente ad esempio al Consiglio degli Stati) e la frazione più progressista, urbana e femminile?
«Siamo un partito democratico. E dunque c’è una certa ampiezza di vedute e di opinioni. Questo aiuta a sviluppare buone idee e trovare convergenze. Ma non dobbiamo sempre parlare di quello che ci divide, ma di quello che ci unisce. Nel 90% dei casi siamo tutti della stessa idea, dall’ala più a destra a quella più a sinistra del partito. Il mio obiettivo, in futuro, è di continuare a includere questo 90% e di lasciare il 10% aperto alle opinioni divergenti. Perché un partito di centro, per avere successo, necessita di una certa ampiezza».

Il presidente di partito è un ruolo ingrato. Pressioni, critiche e quasi l’obbligo di vincere le elezioni del 2027. Lei ha detto di essere un team player. Ma la responsabilità è sulle sue spalle.
«È giusto che io mi prenda la responsabilità. Penso di essere abbastanza solido, sono vicino ai 110 chilogrammi quindi non mi si può “abbattere” così facilmente (ride, ndr). Sono una persona positiva. Non prendo le sconfitte sul piano personale. So che fanno parte del gioco. Ho giocato tanti anni a calcio e so che non può riuscirti ogni passaggio oppure ogni tiro. Ma la testa deve essere pronta per l’azione successiva».

Per il Consiglio federale e per la presidenza del partito, il Centro ha avuto difficoltà a trovare candidati. Eppure non mancano i profili di spessore. Il Centro ha un problema con le posizioni di vertice?
«No, io non la vedo per nulla così. Per il Consiglio federale, con Martin Pfister e Markus Ritter, abbiamo presentato due eccellenti candidati. Per la presidenza c’è quasi sempre un solo candidato. Ho percepito l’interesse anche da altre persone per questo incarico. Ma hanno anche detto “se si candida il capogruppo della frazione (lo stesso Bregy dunque, ndr), allora non mi candido”. Ed è quello che è accaduto. Anche adesso, per il ruolo di presidente del gruppo parlamentare, ho notato l’interesse di 5-6 deputati. Avere profili di spessore nel partito significa anche che già oggi stanno occupando ruoli e funzioni di responsabilità, che non sono disposti a lasciare».

La credibilità dell’Esercito e del DDPS è nuovamente messa a dura prova con il caso degli F-35. Cosa deve fare ora il Consiglio federale con il possibile rincaro dei jet statunitensi?
«Il popolo ha dichiarato di essere disposto a spendere 6 miliardi per nuovi aerei da combattimento. E Il Consiglio federale vuole spendere questi 6 miliardi per acquistarli. Il Governo, mercoledì, ha lanciato un chiaro segnale».

Riuscirà a ottenere tutti e 36 gli F-35 previsti, o dovrà ridurre il numero?
«Non è questa la questione. Il Consiglio federale ha chiarito che si tratta di un prezzo fisso. Terrà dei colloqui con il partner contrattuale. Per noi è chiaro che sono stati discussi sei miliardi di franchi e devono essere investiti sei miliardi».

Lei di professione è avvocato. C’è stata ingenuità da parte Svizzera, oppure gli Stati Uniti sono stati bravi a raggirare il DDPS interpretando il contratto?
«Non posso giudicarlo. Mi limito semplicemente a constatare che studi legali di fama internazionale hanno redatto e revisionato questi contratti. E parto dal principio che questi studi legali lo abbiano fatto a regola d’arte».

Il Centro ha accolto solo tiepidamente l’approvazione degli accordi con l’UE. Perchè?
«Il Centro è chiaro: vuole buone relazioni con l’UE. Ciò significa che dobbiamo anche regolare queste relazioni. Durante l’estate valuteremo gli accordi. Ma per una decisione non abbiamo pressioni legate al tempo (il PLR si esprimerà il 18 ottobre, ndr). Se vogliamo che gli accordi vengano accolti, serviranno discussioni intense. La cosa più importante sarà convincere la popolazione che non si tratta di uno sprint di pochi mesi, bensì di una maratona che durerà anni».

Con la 13. AVS e l’iniziativa del Centro «Sì a rendite AVS eque anche per i coniugi» si prevedono uscite nell’ordine di miliardi. È giusto aumentare sia l’IVA, sia i contributi salariali per finanziare le pensioni?
«Un’espansione dello Stato sociale deve essere finanziata. Anche la nostra iniziativa, che chiede di sopprimere il limite massimo delle rendite AVS dei coniugi, è una espansione dello Stato sociale. E non ci sono molte possibilità: dobbiamo attingere alle forme di finanziamento esistenti, anche se una tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe ottenere una maggioranza. È dunque giusto agire sia sui prelievi sui salari, sia sull’aumento dell’IVA. Questo mix distribuisce l’onere nel modo più equo possibile tra la società. Questa è la proposta che è stata fatta nel Consiglio degli Stati (sostenuta anche dalla sinistra, ndr) ed è una buona base di discussione. Quel che è stato fatto è un lavoro serio, perché mostra alla popolazione quali sono i risvolti finanziari. E chi vota può decidere con piena cognizione di causa. Era questo il problema con la tredicesima rendita AVS. È importante essere trasparenti: si può espandere lo Stato sociale, ma bisogna sapere che ciò ha un costo».

Il Centro sarebbe disposto a valutare un allentamento del freno all’indebitamento?
«Si tratta di trasmettere i debiti di oggi alle generazioni future. Personalmente, trovo che non sia una buona strada da intraprendere».