«Milanese a St. Moritz», come ti vendo l'Engadina in Italia

La battuta, celebre, è legata a un’altra tratta: Milano-Cortina. Sotto il muro delle tre ore, come spiegava un leggendario Guido Nicheli – per tutti il Dogui – a Stefania Sandrelli nell’iconico Vacanze di Natale. Anno di grazia 1983. Ma i milanesi, si sa, quando l’Engadina chiama affrontano senza problemi anche la strada che conduce a St. Moritz. Un rapporto, quello che lega il capoluogo lombardo alla località grigionese, nato anni e anni fa. E sviluppatosi nel tempo, fra luoghi comuni e battute. Ora, su Instagram, è sbucato un account fra il celebrativo e l’ironico. Si chiama «Milanese a St. Moritz» e descrive, ovviamente, «l’Engadina vissuta da milanese». Ci siamo intrattenuti con il fondatore, Niccolò Turinetto. Per capirne di più e, va da sé, per farci qualche risata in vista delle festività natalizie.
Domanda
banale per cominciare. Una domanda doppia: come è nata l’idea di un account
simile e, senza svelarci troppo, chi c’è dietro a «Milanese a St. Moritz»?
«Sono Niccolò
Turinetto, classe 1998, milanese, fondatore e curatore di Milanese a St.
Moritz. Io, però, mi limito ad avere questi due ruoli perché Milanese a St.
Moritz, in realtà, è una splendida community. Una community che continua a
crescere e che condivide la passione per un luogo magico: l’Engadina. Tutto cominciò
nell’ottobre 2020, dalla voglia di essere in Engadina senza poterci andare a
causa delle restrizioni COVID in tutto il mondo. Così, beh, cercai di creare qualcosa
per poterla vivere comunque, nonostante non potessi esserci in quel momento. In
poco tempo vidi che questa sensazione era comune a più persone e questo mi permise
di far conoscere il progetto Milanese a St Moritz a molte persone. Il tutto
considerando che stiamo parlando di una nicchia particolare».
Come si può
spiegare, con un account social, il legame fra due eccellenze come Milano e
l’Engadina?
«Il legame che ha
Milano con l’Engadina è molto longevo, ma il vero boom è storicamente
collocabile negli Anni ’70, i famosi anni di piombo: i milanesi, impauriti
dalla situazione italiana, si rifugiavano principalmente a Celerina per sentire
le proprie tasche e i propri cari più al sicuro. Per questo, si potrebbe dire
che il filo rosso c’è da sé. La vera sfida del Milanese a St. Moritz si
concentra sullo storytelling: bisogna creare una comunicazione semplice, ma
molto identificativa per poter creare una propria immagine distintiva. Un altro
fattore molto importante è quello di condividere il senso del bello, che non si
limita solo al paesaggio, ma anche allo stile di vita delle persone che
frequentano questo territorio».
E Niccolò,
invece, come si è innamorato di St. Moritz? Quando, soprattutto?
«L’amore che ho
per l’Engadina vive in me da sempre e mi è stato tramandato dai miei nonni
prima e poi dai miei genitori. Ho sempre frequentato questo luogo e tutt’ora lo
frequento attivamente. Quando impari ad ascoltare questo territorio, capisci
che c’è molto di più oltre a quello di cui generalmente le persone parlano».
In che tipologia
di milanese si riconosce? Lo chiediamo in base all’ultima categorizzazione che
avete proposto su Instagram.
«Ottima domanda,
fatta da un membro attivo della nostra community. Io mi ritengo un buon
osservatore che, chiaramente, può raccontare alcune dinamiche, esperienze,
momenti perché ha vissuto tutto, da sempre, in prima persona».


Sul vostro
account avete anche un che di nostalgico, come a rimpiangere i film dei Vanzina
a cavallo fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. Si stava meglio all’epoca,
quindi?
«Mi ritengo un
amante delle foto di archivio: attraverso il passato siamo il presente. E
conosciamo il futuro. Avendo un ampio pubblico, tra cui anche giovani, la
scelta di mostrare luoghi, abitudini e avvenimenti dagli anni ‘60 fino agli anni ‘90 vuole semplicemente illustrare come i nostri nonni e genitori frequentavano St.
Moritz, rimasta quasi identica. Identica come le abitudini, che ora sono le
nostre. Questo sottolinea una forte eredità e un forte senso di appartenenza
che l’Engadina trasmette ai propri habitué».
Quali sono
state, se ci sono state, le reazioni degli engadinesi? Le autorità, ad esempio,
hanno apprezzato la vostra, diciamo così, promozione?
«Devo dire che ho
avuto un riscontro molto positivo sia con St. Moritz sia con MySwitzerland
Italia: abbiamo avuto molti incontri da quando ho iniziato questo progetto e
continuiamo a tenerci in contatto. Le reazioni sono state così positive che, lo
scorso anno, con queste due realtà abbiamo creato un evento a Milano chiamato Swiss
Winter. Da una parte la presentazione della stagione invernale, dall’altra
un party con ospiti speciali».
Poniamo di
essere anche noi dei milanesi: quali consigli dareste a chi, per la prima
volta, mette piede (pardon, Moon Boot) a St. Moritz?
«E qui si torna a
una domanda precedente. Ovvero, dipende da che tipologia di milanese sei! Scherzi
a parte, credo che l’Engadina abbia una vasta gamma di esperienze da offrire ai
propri visitatori, indipendentemente dalla capacità dei loro portafogli. Vivere
St. Moritz non vuol dire solo andare nei ristoranti di tendenza e spendere
centinaia di franchi a testa: c’è ben altro da cogliere. Il consiglio che darei
quindi a un neofita in territorio engadinese è quello di vivere il paesaggio e
tutto ciò che questo luogo ha da offrire: sport, escursioni, camminate. Ce n’è
per tutti i gusti, davvero. Una volta appresa la bellezza di questa vallata,
allora inizieranno a scemare anche i pregiudizi che le persone hanno di questo
territorio».
Chiudiamo con
una curiosità: voi milanesi vi rendete conto che, quasi sempre, pronunciate «St.
Moritz» nella maniera sbagliata?
«Ne sono
consapevole e io sono il primo a sbagliare la pronuncia. Però, penso che sia
anche un segno distintivo e che ormai faccia parte della nostra cultura. Al
riguardo, alcuni mesi fa ho realizzato un brano Dance chiamato Bring U to St. Moritz con un
produttore spagnolo molto bravo. Ecco, nella tag-line («Milanese a St. Moritz»)
la località viene pronunciata alla milanese. Nel ritornello, invece, viene detta
più volte nella maniera corretta».