Il ricordo

Mucche e roulotte dalla Svizzera all’Irpinia

Quarant’anni fa una grande azione di solidarietà a favore delle vittime del terremoto nel sud Italia - Il racconto dei protagonisti di allora è ricco di aneddoti curiosi, con tanto di sparatoria: «Ci avevano scambiati per ladri»
I veicoli incolonnati, pronti per la partenza. © François Aebi
Paolo Tognina
18.01.2021 06:00

«Non appena udirono la notizia del terremoto in Irpinia, due miei amici, Andrea Compagnoni, contadino, sellaio e proprietario di un negozio di mobili a Poschiavo, e Gieri Darms, farmacista di Samedan, in Engadina, esperto di interventi in caso di catastrofi, partirono per il sud Italia. Dopo avere constatato i danni causati dal sisma, mi telefonarono - da una cabina, lungo l’autostrada, sulla via del ritorno - e mi dissero: “François, devi lanciare un’azione di aiuto, dobbiamo portare delle roulotte in Irpinia. Tu sai come fare, l’hai già fatto”».

François Aebi, pastore riformato della Comanderkirche di Coira, interpellato da Compagnoni e Darms, era stato l’organizzatore, quattro anni prima, di un’azione umanitaria a favore dei terremotati del Friuli. Allora aveva predisposto il trasporto, nelle zone colpite dal sisma, di decine di roulotte in cui alloggiare temporaneamente gli sfollati. Successivamente aveva coordinato l’intervento di alcune centinaia di volontari, provenienti da tutta la Svizzera, che per un’intera estate avevano lavorato alla costruzione di casette prefabbricate.

Da ogni angolo del Paese

«Il 26 novembre trasmisi un primo appello attraverso la radio», ricorda Aebi. «Il 27 novembre pubblicai l’appello sulla “Bündner Zeitung” e sul “Bündner Tagblatt”. Chiesi quattro cose: vendeteci delle roulotte usate; dateci del denaro per comperare quelle roulotte; dateci vestiti, scarpe e cibo da mettere dentro le roulotte; e da ultimo, mettetevi a disposizione con le vostre auto - se dotate di un gancio di traino - per fare il viaggio fino in Irpinia».

Il 4 dicembre, una settimana soltanto dopo il primo appello e undici giorni dopo il terremoto, partì da Coira il primo convoglio, composto da 85 roulotte. Tra gli autisti - poco meno di duecento persone - c’era anche Carlo Papacella, pastore riformato a Poschiavo. «Passammo la notte a Coira, presso la Comanderkirche», ricorda Papacella, «e il giorno seguente ci incolonnammo, sul piazzale della Obere Au. Dei meccanici controllarono lo stato delle auto, quindi ci avviammo». Un viaggio durato due giorni, 1.200 chilometri, compiuto a velocità ridotta. «Dovendo stare in colonna, non potevamo tenere un’andatura elevata», aggiunge. «Ai caselli non dovemmo pagare il pedaggio, perché le autorità italiane - riconoscendo lo scopo umanitario della nostra spedizione - avevano fornito al farmacista Darms un lasciapassare».

«Dieci giorni dopo il primo appello, avevamo già 310 roulotte», ricorda con orgoglio Aebi. «Ne sono arrivate da ogni angolo della Svizzera. Nel frattempo tutti i giornali avevano ripreso la notizia, l’appello era circolato. Il 4 dicembre abbiamo dunque fatto partire il primo convoglio; due giorni dopo, il 6 dicembre, un secondo convoglio composto da 65 roulotte; e cinque giorni più tardi altre 64. E così avanti. L’azione è proseguita fino alla fine di gennaio del 1981. In totale siamo stati in grado di inviare 449 roulotte».

Tra successi e momenti di crisi

L’ultimo convoglio partì da Coira il 30 gennaio 1981. Successivamente, dalla Svizzera vennero inviate anche mucche e vitelli, destinati ai contadini dell’Irpinia. A maggio un treno trasportò nel sud Italia 88 animali, e nel novembre dell’anno successivo, sempre col treno, ne furono inviati altri 146. Quell’azione venne organizzata da alcune unioni contadine, dei Grigioni, del Toggenburgo e dell’Appenzello, col sostegno finanziario del comitato di François Aebi e di altre associazioni.

I soccorritori provenienti dalla Svizzera erano in contatto con alcuni sindaci - in particolare di Ricigliano e San Gregorio - che dirigevano la distribuzione degli aiuti. «Ma non era facile mettere d’accordo tutti», commenta Carlo Papacella, «e nascevano molte discussioni. Quando poi arrivarono anche gli animali, la situazione si fece ancora più tesa. Noi avremmo voluto convincere i contadini a creare delle cooperative, ma il nostro progetto fallì».

Frugando tra i ricordi, emergono degli aneddoti. «Qualche tempo dopo il primo viaggio, siamo tornati in Irpinia con Andrea Compagnoni. Era sera, e ci siamo diretti verso l’abitazione di contadini che avevamo conosciuto in precedenza. Arrivati sul posto, non c’era nessuno», ricorda Papacella. «Andrea mi disse: “Saranno ancora nei campi, entriamo in casa e aspettiamo il loro rientro”».

Ma improvvisamente la situazione precipitò. «Eravamo appena entrati, ed ecco un fischio nella notte, seguito da alcune fucilate. Ci stavano sparando addosso!». Seguirono attimi di paura. Nel buio erano appostati degli uomini che facevano fuoco contro la casa. «Ad un certo punto Andrea mi disse: “Io esco e cerco di farmi riconoscere”. Con molto coraggio andò fuori, gridando: “Basta, non sparate, sono Andrea Compagnoni”». La sparatoria cessò, il soccorritore svizzero venne riconosciuto e i contadini si profusero in scuse. «Ci avevano scambiati per ladri!», conclude ridendo Carlo Papacella - «ma allora non c’era mica tanto da ridere».

«Le persone si fidavano, il nostro era un aiuto immediato»

François Aebi, che qualcuno chiama ancora «Wohnwagenpfarrer» - cioè il «pastore delle roulotte» - è un uomo dotato di molto ottimismo. E ha anche un’altra caratteristica: è estremamente preciso. A casa sua, a Coira, questo 84.enne conserva tutte le ricevute, le fatture, i quaderni contenenti la contabilità relativa all’invio delle roulotte in Irpinia. «Il denaro arrivava attraverso due canali», dice. «Da un lato avevamo aperto un conto postale, su cui era possibile versare delle offerte, dall’altro arrivavano molti soldi semplicemente dentro delle buste. Ogni giorno la cassetta della posta era piena di lettere contenenti denaro. La donazione più cospicua arrivata in quel modo fu di 5.000 franchi, in banconote, messe dentro una lettera e spedite!». A colpire, nel racconto di quella iniziativa umanitaria, è la generosa risposta da parte del pubblico elvetico all’appello lanciato da François Aebi e sostenuto da Gieri Darms e Andrea Compagnoni. «Credo che uno dei segreti del successo sia consistito nel fatto che le persone vedevano che il nostro era un aiuto immediato», afferma il pastore. «Il denaro non finiva su di un conto che solo mesi dopo sarebbe stato usato per comperare questo o quello. No, due giorni dopo ogni offerta era già diventata una roulotte che veniva immediatamente trasportata in Irpinia e messa a disposizione degli sfollati». La campagna di aiuti ai terremotati del Friuli, nel 1976, e poi quella a favore dei terremotati dell’Irpinia, nel 1980. Andrea Compagnoni aveva addirittura già portato aiuti ai terremotati del Belice, nel 1968. Alla fine tutto questo lavoro venne pubblicamente riconosciuto. «Dalle autorità italiane ho ricevuto il titolo di cavaliere», dice orgoglioso Aebi. E aggiunge, scherzando: «Proprio come Berlusconi, però lui quel titolo ha rischiato di perderlo in seguito all’affare del bunga-bunga». Insieme al pastore Aebi, anche Darms e Compagnoni ricevettero la medesima onorificenza.