«Nell'area di centro bisognerebbe dialogare di più»

Luigi Pedrazzini di sorpassi se ne intende. Alle Federali del 1987, il PPD cantonale da lui presieduto superò per la prima e unica volta il PLRT, conquistando quattro seggi al Nazionale. «Fu un evento storico e irripetibile», commenta l’ex consigliere di Stato. «Un evento legato purtroppo a doppio filo con quello che era accaduto il 5 aprile precedente, quando il PPD venne ingiustamente penalizzato da un sistema elettorale (ndr poi cambiato) che gli costò un seggio in Governo. In ottobre, per l’escluso Fulvio Caccia e per il partito ci fu una rivincita, con un effetto che poi non si è più ripetuto».
Adesso il sorpasso c’è stato a livello nazionale (un seggio in più alla Camera bassa e 0,2 punti a livello popolare). «Sotto Gerhard Pfister, il Centro ha saputo dare valore alla nuova denominazione ed è stato premiato in termini elettorali. Mentre penso che il PLR si sia troppo appoggiato all’UDC. Questo sorpasso è stato definito storico, ma sarebbe davvero storico se fosse per il primato dei voti in Svizzera. In realtà è un sorpasso fra poveri. Questo dovrebbe far riflettere entrambi i partiti sulla necessità di dialogare maggiormente, perché nel Paese il centro politico è ancora maggioritario».
Pedrazzini dice di condividere il nuovo corso di Pfister. «Stiamo recuperando quel profilo che aveva saputo dare al partito Doris Leuthard, in quei pochi anni in cui era stata presidente. Un partito moderato, come oggi, e non codino rispetto all’UDC, profilato su temi concreti e comunque orientato a mediare fra i poli. Pfister ha lavorato bene in questi anni, però questo lavoro ancora non basta per riuscire a risollevare le sorti non tanto del partito ma del centro politico in Svizzera, che sarebbe importante fosse più forte, proprio perché dalla polarizzazione non nascono sempre soluzioni vantaggiose per il Paese». Secondo Pedrazzini c’è un potenziale di crescita. «Penso che i tempi possono cambiare più in fretta di quanto non sospettiamo. Questa situazione di polarizzazione a vari livelli porterà magari più consensi a chi propone scelte moderate e mediate».


Dilemma liberale
Pfister ha già detto che il 13 dicembre non intende attaccare i consigliere federali PLR in carica. Il discorso però si potrebbe riaprire non appena uno dei due seggi dovesse restare vacante. La richiesta non cadrebbe nel vuoto. Il capogruppo UDC Thomas Aeschi ha dichiarato che il suo partito sarebbe pronto a esaminarla. Inoltre, proprio oggi il «Tages-Anzeiger» ha pubblicato un’analisi dell’istituto Lewaas dalla quale emerge che la richiesta di un secondo seggio centrista in Consiglio federale godrebbe di un forte sostegno tra la popolazione. Mentre il PLR, che ha perso elettori a vantaggio sia dell’UDC sia del Centro, si troverebbe di fronte a un difficile dilemma sulla direzione da prendere. Secondo il politologo Nenad Stojanovic, il PLR dovrà decidere se avvicinarsi oppure prendere le distanze dall’UDC. «L’importante ora è che i due partiti non si appoggino né a sinistra né a destra», dice da parte sua Pedrazzini, «perché rischierebbero di essere ancora perdenti per molto tempo. L’area di centro, comprendente anche Evangelici e Verdi liberali, deve ritrovare una sua ragione. E questo può avvenire soltanto attraverso il dialogo e la collaborazione. E se è consapevole della sua forza».
Un brutto momento per il liberalismo? «È una delle fasi della politica svizzera alle quali assistiamo da una ventina d’anni», commenta l’ex presidente nazionale del PLR Fulvio Pelli. «I poli crescono e raccolgono il malcontento popolare e i partiti più costruttivi rimangono “deboli”. È fastidioso essere scesi sotto il 15%, ma a livello parlamentare non è cambiato molto né per noi né per il Centro. Siamo insufficientemente forti per determinare la politica nazionale, che si scontra con sistematiche opposizioni che bloccano molti progetti». Ma perché il PLR ha perso ancora consensi, toccando un nuovo minimo storico? «Probabilmente il partito nazionale non riesce più a convincere sulle forze del sistema liberale e sulle esigenze di collaborazione. Di volta in volta c’è un tema dominante. A dipendenza di quale tema si tratta vincono l’uno o l’altro dei poli. Non va bene, perché il sistema svizzero non funziona così ma sulla base di collaborazioni. Più questi partiti polo diventano grandi e meno collaborano».


Consensi invece di soluzioni
Il Centro dice che non sfiderà il PLR in dicembre, ma il nodo prima poi verrà al pettine. «Il vero problema è come comporre il Consiglio federale in modo che sia efficiente. Stiamo andando verso un Governo con sei partiti (ognuno tira la corda dalla sua parte) e sette seggi. L’indebolimento di quelle forze che una volta era definite partiti maggiori comporta un’ingovernabilità, maggiori difficoltà a valorizzare soluzioni di compromesso, proteste e sfruttamento di temi come la migrazione. Dalla Svizzera non possiamo fermare l’Africa o determinare le politiche migratorie dell’UE. Si vendono illusioni». Sta di fatto che con questi risultati e con il sorpasso del Centro, il PLR si trova sotto pressione. Che cosa dovrebbe fare il presidente Thierry Burkart? «Dobbiamo continuare a fare quello che siamo bravi a fare. Gestire le finanze della Confederazione, cercare moderazione nella politica del sussidiamento (come nel caso della sanità) e reimparare a costruire soluzioni utili. La ricetta della Svizzera è stata di cercare soluzioni e non consensi. Adesso, invece, si cercano consensi e le soluzioni non arrivano».