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Nuovi accordi bilaterali con l’UE, una giornata cruciale per il PLR

Sabato i delegati nazionali dovranno prendere posizione sul pacchetto negoziato con l’Unione europea e sul tipo di referendum Il partito si presenta diviso all’appuntamento ma ci potrebbe essere un compromesso – Gianini: «Non possiamo permetterci spaccature»
©KEYSTONE/Gian Ehrenzeller
Giovanni Galli
16.10.2025 06:00

Sabato sarà una giornata cruciale per il PLR svizzero. Non per l’avvicendamento alla presidenza, visto che la successione di Thierry Burkart con la coppia formata da Susanne Vincenz-Stauffacher e Benjamin Mühlemann è incontestata. Ma per capire il posizionamento della base sul dossier europeo, un tema che divide il partito da decenni e che anche in questa occasione ha già riacceso forti contrapposizioni. La consultazione indetta dal Consiglio federale si chiuderà il 31 ottobre. I delegati, convocati per l’occasione a Berna, dovranno pronunciarsi sia sui nuovi accordi bilaterali negoziati con Bruxelles (e le relative misure interne) sia sul tipo di referendum a cui sottoporre, un domani, l’intero pacchetto. L’esito dei lavori è importante perché, oltre che sul dossier europeo, potrebbe avere ripercussioni elettorali sul partito, alle prese con la concorrenza diretta del Centro.

Viste le divisioni interne, lo scorso dicembre il presidente uscente ha costituito un gruppo di lavoro composto da sei esponenti favorevoli e da sei critici, per trovare un punto d’incontro sul quale poi costruire una presa di posizione, in vista del dibattito in Parlamento. Ma oggi la situazione di partenza è tutt’altro che agevole. Al momento di tirare le prime somme, il PLR si ritrova spaccato, con favorevoli (presumibilmente la maggioranza), contrari e ancora molti indecisi. Invece di un documento unico, il gruppo di lavoro ha presentato due posizioni inconciliabili; una chiaramente favorevole, di cui si fa interprete il consigliere nazionale solettese Simon Michel, patron di Ypsomed, una grossa azienda specializzata in tecnologie mediche; e una decisamente contraria, di cui è primo firmatario il municipale di Zurigo nonché presidente della sezione cantonale del partito Filippo Leutenegger.

Visioni contrapposte

I primi vogliono garantire il futuro della via bilaterale e stabilizzare i rapporti con il principale partner commerciale. Ritengono che l’accordo di libero scambio del 1972 non sia sufficiente e che l’industria di esportazione e migliaia di PMI abbiano bisogno di un accesso privilegiato al mercato unico europeo. Per l’economia sarebbe un danno non disporre di questa intesa. Quanto alle perdite di sovranità denunciate dai contrari sono considerate minime e accettabili. I vantaggi predominano. Dal canto loro, i secondi contestano la ripresa del diritto europeo e il ruolo preminente della Corte europea di giustizia nella risoluzione delle divergenze. Inoltre, lamentano l’inapplicabilità della clausola di salvaguardia sull’immigrazione e temono che l’iperregolamentazione dell’UE contagi giocoforza anche la Svizzera. L’altro giorno, a dare loro man forte è intervenuto sulla NZZanche l’ex consigliere federale Johann Schneider-Ammann, secondo cui il pacchetto (ndr. negoziato dai diplomatici dell’ex collega Ignazio Cassis) non rappresenta la continuazione del percorso bilaterale tradizionale, ma contiene elementi istituzionali che vanno troppo oltre e che a lungo termine pregiudicheranno i punti di forza svizzeri. L’ex «ministro» Pascal Couchepin, invece, si è espresso a favore degli accordi sui giornali CH-Media. La stessa NZZ, ieri, ha ricordato che un altro ex, Kaspar Villiger, aveva già preso posizione per il pacchetto, considerato «una buona soluzione per normalizzare a lungo termine le relazioni con il nostro grande vicino, senza adesione».

Ricerca di un punto d’incontro

I due gruppi sono divisi anche sul tipo di votazione. I favorevoli all’accordo sostengono la scelta del Consiglio federale di sottoporre il pacchetto alla sola maggioranza popolare (referendum facoltativo), mentre i secondi sono per la doppia maggioranza di popolo e Cantoni (referendum obbligatorio), che implica una soglia di difficoltà più alta. Su quest’ultimo aspetto anche i due rappresentanti del PLR in Governo si sono ritrovati su posizioni opposte, con Ignazio Cassis favorevole alla sola maggioranza semplice e Karin Keller-Sutter a sostegno di quella cantonale.

Relativamente al pacchetto, non è ancora chiaro come si svolgerà il dibattito e in che termini sarà messo ai voti. L’ipotesi più probabile è che dall’assemblea esca una sorta di «sì, ma» con un’indicazione favorevole al nuovo accordo e la messa in evidenza di una serie di punti critici, da correggere rivedendo alcune norme attuative interne. Il tutto accompagnato, a mo’ di compromesso per salvaguardare una certa unitarietà, da una decisione a favore della doppia maggioranza.

Questo scenario andrebbe nella direzione auspicata negli scorsi mesi da Simone Gianini. Inizialmente inserito nel gruppo dei sei critici, il consigliere nazionale non ha sottoscritto alcuno dei due rapporti. Vista la rigida contrapposizione fra le parti si è attivato per conciliare le posizioni. Dire semplicemente no, a suo avviso, non è un’opzione, ma nemmeno lo sarebbe quella di sottoscrivere il parere acritico dei favorevoli. Da un lato, Gianini riconosce che sono stati fatti progressi in ambiti sensibili come la tutela del mercato del lavoro indigeno e la clausola di salvaguardia, che diverrebbe applicabile anche solo a livello regionale. Dall’altro, è preoccupato dalla prospettiva di un verdetto, in un senso o nell’altro, che non tenga conto anche delle ragioni della parte soccombente. «Se adottassimo uno dei due documenti redatti in modo così polarizzante, senza tenere conto delle sensibilità espresse anche nell’altro, il partito si spaccherebbe. In un momento così delicato per il PLR e per il Paese non possiamo permettercelo» ha dichiarato negli scorsi giorni al Tages-Anzeiger. Anche lui è un fautore del «sì, ma», nel senso che bisognerà ancora adoperarsi in Parlamento per migliorare determinate norme di attuazione interne. Come? Ad esempio – ha recentemente dichiarato anche a CH-Media e a laRegione – prevedendo un maggiore coinvolgimento del Parlamento e dei Cantoni nell’adozione dinamica del diritto, già nella fase preventiva della cosiddetta decision shaping (ndr proprio ieri il Consiglio federale ha deciso di volersi muovere esattamente in questo senso). Sarebbe poi opportuna, a suo avviso, una formulazione ancor più precisa della clausola di salvaguardia, da poter essere applicata anche soltanto in un singolo Cantone (il riferimento al Ticino è evidente, ndr). Se, da un canto, Gianini saluta positivamente la prevista «non regressione» del partenariato sociale e il rafforzamento dei Contratti collettivi di lavoro «in certi casi essenziali per la tutela del mercato del lavoro, soprattutto in Ticino», dall’altro considera invece la richiesta di estensione della tutela dei sindacalisti attivi nelle imprese un eccesso da parte dell’Unione sindacale svizzera che andrà rivisto per arrivare a un punto d’equilibrio che possa raccogliere la maggioranza del Parlamento, del popolo e – dal momento che anche lui stesso chiede la doppia maggioranza – dei Cantoni.

Terminata la consultazione, toccherà al Governo trarre le indicazioni del caso e sottoporre un messaggio alle Camere. A questo stadio, il PLR è l’unico partito a trattare a livello assembleare il tema europeo.

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