Obbligo di vaccino per i sanitari? «Neanche fosse la prima malattia mortale»

Forte opposizione viene ad esempio espressa da Katharina Prelicz-Huber (Verdi/ZH). «Ci comportiamo come se la COVID-19 fosse la prima malattia potenzialmente mortale con cui infermieri e pazienti possono infettarsi a vicenda», afferma la presidente del Sindacato dei servizi pubblici e sociosanitari (VPOD/SSP) in dichiarazioni riportate da 20 Minuten. «Eppure gli infermieri si confrontano con questa situazione ogni giorno e sanno come proteggere se stessi e i pazienti». Il rischio di infezione ha sempre fatto parte della vita quotidiana nel comparto delle cure: introdurre la vaccinazione obbligatoria per il coronavirus «sarebbe assurdo», dice.
Anche altri parlamentari sono scettici. «Costituirebbe un intervento troppo incisivo», sostiene Regine Sauter (PLR/ZH), pure intervistata dalla testata giornalistica di Tamedia. La 55.enne dice però anche di non capire le persone che lavorano nel settore in questione e che non si fanno immunizzare. «La gente deve arrivare da sola alla conclusione che la vaccinazione è importante e necessaria, perché altrimenti si mette in pericolo gli altri: c’è bisogno di più informazione».
Pure Ruth Humbel (Centro/AG), presidente della commissione sanità del Consiglio nazionale, è contraria all’obbligo. A suo avviso non deve però succedere che, nel caso gli ospedali siano di nuovo affollati, il trattamento dei pazienti sia rimandato a causa dei non vaccinati. «In un caso del genere il paziente COVID non vaccinato dovrebbe venire dopo».
Il capogruppo socialista Roger Nordmann dice a 20 Minuten di aver comprensione per la decisione presa dal presidente francese Emmanuel Macron. «Non vuole vivere un altro incubo come l’inverno scorso. E con un tasso di vaccinazione vicino al 50% non si sta raggiungendo l’obiettivo dell’immunità di gregge». Il politico vodese spera che in Svizzera la spunti la volontarietà, soprattutto perché finora il paese è riuscito a superare bene la pandemia con misure moderate. Ma non sarebbe «categoricamente contro un obbligo». Si tratta di prevenire un nuovo lockdown: negozi chiusi, ospedali pieni, scuola a domicilio, «questo è l’orrore!» I ragazzi dai 12 ai 25 anni «devono assolutamente vaccinarsi ora», per evitare un altro semestre invernale di scuola a distanza, afferma Nordmann.
Da parte sua il presidente dei Verdi liberali Jürg Grossen esita riguardo all’imposizione. «Questo non è propriamente il modo di fare elvetico», spiega ai cronisti di 20 Minuten. Un obbligo potrebbe anche rivelarsi disastroso per il sistema sanitario: «Se tutte le persone non vaccinate dovessero lasciare il lavoro, beh allora buonanotte», sintetizza il consigliere nazionale bernese. Il 51enne dice di non provare simpatia per le persone che non si vaccinano, ma è convinto che «alla fine, si può ottenere di più puntando sull’informazione».
In un sondaggio non rappresentativo a cui hanno partecipato alcuni giorni or sono i lettori di 20 Minuten il 66% si è detto contrario a un obbligo di vaccinazione, il 31% favorevole.
«Se hai un buon prodotto, non hai bisogno di convincere la gente»
Imporre un obbligo del vaccino vorrebbe dire per la Svizzera imboccare una via sbagliata: ne è convinta Nikola Biller-Andorno, professoressa di etica della medicina all’Università di Zurigo. «La decisione di vaccinarsi è volontaria in Svizzera: non vorrei rinunciare a questo bene prezioso», afferma la direttrice dell’istituto di etica biomedica e di storia della medicina (IBME) dell’ateneo in un’intervista pubblicata oggi dal portale Watson. «Non credo sia bene costringere la gente a immunizzarsi contro le proprie convinzioni. È importante che tutti possano proteggersi, specialmente coloro che sono particolarmente a rischio. Il resto dipende dalla responsabilità individuale. Tutti hanno il diritto di correre dei rischi per la salute».
Ma cosa dire se così facendo si mettono in pericolo altri? «Chiunque lo voglia può proteggersi efficacemente con una vaccinazione. Perché dovremmo biasimare le persone che rinunciano a questa protezione? Se scopriremo che si sviluppano mutazioni pericolose anche per i vaccinati, allora dobbiamo riparlarne. Anche su una possibile vaccinazione obbligatoria. Ma al momento ci sono pochi indizi in tal senso».
E se i posti all’ospedale dovessero tornare ad essere limitati, è giusto che vengano occupati da non vaccinati? «Trovo questa domanda molto immorale», risponde l’intervistata. «Ci si potrebbe anche chiedere se una persona che pratica il parapendio e si schianta non debba essere semplicemente lasciata dove si trova, perché è stata colpa sua se stava volando. Naturalmente ognuno di noi ha diritto all’assistenza sanitaria».
Secondo Biller-Andorno dagli studi si sa che la disponibilità del personale sanitario elvetico a farsi vaccinare non è scarsa: la percentuale di coloro che categoricamente si oppongono è limitata. «Inasprire il discorso e imporre qualcosa dall’alto porta a tensioni sociali. Ci guardiamo male a vicenda se qualcuno non indossa la mascherina correttamente. Oppure ci arrabbiamo se qualcuno non è vaccinato. Questo è pericoloso per il clima sociale e la coesione che è necessaria durante una crisi. Dovremmo anche pensare a lungo termine: meno restrittivi e autoritari diventiamo in questa pandemia, più possiamo contare sull’iniziativa individuale e la ragione, puntando sul convincere e sull’educare. A lungo termine, questo rafforza una società».
«Continuo ad avere la speranza che le persone possano essere raggiunte attraverso un discorso razionale», prosegue la specialista. «Che diventi chiaro come con la vaccinazione si guadagna più di quanto si rischi. Al più tardi in autunno suppongo che coloro che non si sono ancora immunizzati diranno: dopo tutto non voglio davvero prendere la COVID, forse la vaccinazione non è un’idea così cattiva».
Stando a Biller-Andorno la percentuale di coloro che non vogliono essere vaccinati per motivi ideologici è relativamente ridotta: così piccola che non gioca un ruolo nel proteggere la popolazione dalla pandemia. «D’altra parte, ci sono ancora molti che non sono sicuri: e qui sono dell’opinione che il lavoro educativo non sia ancora esaurito. Sul sito internet dell’Ufficio federale della sanità pubblica vengono fornite sette ragioni per farsi vaccinare. Queste buone ragioni dovrebbero essere comunicate alla popolazione in modo molto più attivo e mirato».
«Ciascuno deve soppesare i rischi e i benefici per se stesso, ma molto parla a favore dell’immunizzazione. Il vaccino è molto buono e soddisfa i nostri standard di sicurezza. Protegge dalla malattia e da un possibile decorso grave della malattia». Certo dopo la puntura per un paio di giorni ci si può sentire non bene, ma questo è nettamente più piacevole e meno pericoloso che contrarre la COVID-19, sostiene l’esperta.
Biller-Andorno è invece contraria agli incentivi. «Se hai un buon prodotto non hai bisogno di forzare la gente a comprarlo: si sparge la voce che è buono e che è sicuro. Preferisco questa strategia all’incentivazione della vaccinazione. Perché tutti si renderebbero conto che è una sorta di pressione indiretta. E poi c’è un grande pericolo di polarizzare le posizioni: ci sono quelli che erano scettici fin dall’inizio e che si sentono confermati nella loro posizione. Questa dinamica è inutile e controproducente».