Pedofilia, intervenire prima del reato: «Non aspettare una vittima per agire»

«Mentre l’esecuzione di una pena avviene quando ormai il reato è stato commesso, le misure preventive possono ridurre il numero delle persone che commettono reati pedosessuali per la prima volta, il che le rende importantissime». Da questa considerazione, il Parlamento ha incaricato il Consiglio federale di esaminare quali servizi sono presenti sul territorio per la consulenza e il trattamento per le persone attratte sessualmente da minori. Un primo rapporto è stato pubblicato nel 2020, da ieri è disponibile una panoramica aggiornata.
Il risultato? L’offerta in Svizzera è stata potenziata, ma resta lacunosa. A preoccupare il Consiglio federale è però la situazione in Ticino. Non c’è (più) nulla. «Da quanto risulta, manca completamente qualsiasi misura di prevenzione rivolta alle persone attratte sessualmente da minori». La situazione, in Ticino e nella Svizzera italiana, è peggiorata negli ultimi anni: l’unico servizio attivo nella prevenzione, l’associazione «io-NO!» ha concluso l’attività nel giugno del 2022 per mancanza di fondi.
Aiuti da Berna
Il servizio ticinese era sostenuto finanziariamente anche dalla Confederazione. Dal 2021, l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS) contribuiva con aiuti che che potevano però «coprire al massimo il 50% per cento delle spese computabili. Nonostante gli intensi sforzi profusi per raccogliere fondi, l’associazione non è riuscita a garantire il finanziamento delle spese residue».
Nessuno degli specialisti, a Berna, è attualmente al corrente dell’esistenza di un servizio di consulenza o trattamento specializzato nella Svizzera italiana. Già nel primo rapporto del 2020 veniva sottolineato che in Ticino «non esiste alcuna misura di prevenzione con possibilità di trattamento diretto. Mancano anche standard procedurali comuni per quanto concerne i gruppi target, le condizioni quadro del trattamento, la garanzia dell’anonimato e le segnalazioni alle autorità».
Nulla di imminente
E il Cantone, come risponde? «Prendiamo atto dei risultati di questo studio. Faremo degli approfondimenti anche sulla base di quanto viene proposto negli altri Cantoni», ci spiega Gabriele Fattorini, direttore della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie (DASF), che fa parte del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS). Pur non essendoci un servizio specializzato destinato a questo genere di prevenzione sugli abusi sessuali su minori, Fattorini ricorda che vi è comunque un ventaglio di offerte per chi vuole chiedere aiuto.
Attualmente, da parte del Cantone, non è in cantiere alcun servizio sostitutivo all’ormai defunta associazione «io-NO». «Valuteremo come muoverci, ma non c’è nulla di imminente in questo ambito».
«Creare con urgenza»
Per il Consiglio federale la soluzione è chiara: «Nella Svizzera italiana occorre creare con urgenza un servizio specializzato di consulenza e di trattamento e/o rendere noto agli specialisti del settore e alle persone interessate un eventuale servizio già disponibile per le persone attratte sessualmente da minori», si legge nel rapporto adottato ieri dal Governo, nel quale viene sottolineato che le lacune esistenti possono essere colmate soltanto con il contributo di tutti gli attori: Confederazione, Cantoni, Comuni e privati.
Il messaggio che la Confederazione vorrebbe far passare, è che aiutando o sostenendo le persone con pulsioni sessuali nei confronti di minori si aiutano soprattutto i giovani stessi, evitando che ci sia il rischio di nuove vittime. In una parola: prevenzione. Un altro limite individuato dal rapporto è infatti che «tutte le misure con opzione di trattamento sono improntate principalmente al trattamento degli autori di reato, il che ne rende più difficile l’accesso alle persone non delinquenti». Ciò significa che le risorse vengono attivate dopo che il reato è stato commesso.
Cambiare la mentalità
«Bisogna agire prima che la persona passi all’atto», ci spiega Sarah Gamper, direttrice di «io-NO!» per tutti e tre gli anni di esistenza del servizio. «La nostra associazione si rivolgeva alle persone che sentivano di avere un’attrazione per i minori, ma che non erano ancora passati all’atto. Non era prevenzione della recidiva, bensì prevenzione a 360 gradi. Il bisogno c’è e chi lavora sul campo ha sempre riconosciuto la necessità di un tale servizio specializzato», assicura Gamper, che poi rincara la dose. «È a dir poco scandaloso che non ci sia più nulla. Ma è anche opportuno che si inizi a parlarne. Oggi tutte queste tematiche sono ancora un tabù. Bisogna cambiare la mentalità: viviamo nell’era degli abusi su internet, eppure non siamo in grado di accettare e capire che fornire un aiuto in anticipo significa anche evitare un possibile passaggio all’atto. Non dobbiamo aspettare di avere una vittima per fare qualcosa».
Nessuna collaborazione attiva
Tra l’associazione «io-NO!» e la polizia cantonale, tuttavia, non ci sono stati scambi rilevanti nei tre anni di esistenza dell’antenna. «Come Polizia cantonale non vi sono state collaborazioni attive con servizi preventivi in questo ambito», fa sapere un funzionario del Servizio comunicazione, media e prevenzione della polizia. In ogni caso, aggiunge, la decisione di un’eventuale creazione per un servizio specialistico spetta all’autorità politica e lo stesso non ricadrebbe nei compiti affidati per legge alla Polizia cantonale.