L'approfondimento

Perché la Facoltà di Medicina a Ginevra ha rinunciato all'«eliminazione definitiva»?

La regola delle due bocciature a uno stesso esame, che preclude la frequentazione della stessa Facoltà altrove nel Paese, è stata allentata: «Ma non è un modo per rispondere alla carenza di medici» precisa Mathieu Nendaz
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Sara Fantoni
26.09.2023 10:30

«La Facoltà di Medicina abolisce la clausola di fallimento definitivo». Questo il titolo comparso sul sito dell’Università di Ginevra (UNIGE) in riferimento all’eliminazione definitiva degli studenti dalla propria disciplina di studio in Svizzera. Che cosa significa? Generalmente, in seguito a due bocciature consecutive a uno stesso esame, agli studenti della Confederazione non è più concesso frequentare la stessa Facoltà in nessun ateneo svizzero. Tradotto: per gli allievi in questa condizione, un cambiamento di percorso diventa necessario. Non più, ora, quantomeno per chi studia Medicina a Ginevra.

La notizia ha suscitato immediatamente dibattito fra gli studenti, in particolare per via delle condizioni di questo cambiamento. «È vero che l’échec définitif è stato annullato – affermano alcuni studenti –, ma la Facoltà di Medicina potrà essere ripresa unicamente dopo sette anni e solamente dagli studenti del primo anno». Delle limitazioni, queste, che agli occhi degli studenti portano quindi qualche perplessità. Mathieu Nendaz, vicedirettore della Facoltà di Medicina di Ginevra e responsabile della formazione pre-universitaria, propone al CdT la visione della direzione.

Una misura troppo severa

«Ritenevamo quella del cosiddetto fallimento definitivo una misura troppo severa rispetto agli studenti che, a vent’anni, si potrebbero ritrovare a non più poter riprendere degli studi di medicina. Ciò che è cambiato – precisa il vicedirettore – non è la bocciatura, ma piuttosto l’immutabilità di quest’ultima. La nostra decisione è volta ad alleviare l'impatto personale che il concetto di decisività può avere su questa eliminazione». Di qui, appunto, la scelta di posticipare a sette anni dall’immatricolazione la possibilità di ritentare questo percorso, lasciando aperta una possibilità in più rispetto alla precedente regolamentazione. «In questo tempo, che include quello passato alla Facoltà di Medicina, gli studenti possono portare avanti studi complementari o altre attività. Inoltre – precisa Nendaz –, lo studente potrebbe migliorare le sue capacità di studio e avrebbe il tempo di maturare. È il miglioramento della persona e dello studente l’obiettivo a cui puntiamo».

Si è verificata una fusione di due temi che, pur essendo legati, rimangono distinti: il problema della carenza di medici e la scelta del nostro decanato concernente l’eliminazione definitiva

Una decisione per la persona, non per il sistema

Quella di Ginevra non è però la prima Università a proporre un cambio di rotta di questo tipo. Già nel 2014, infatti, la Facoltà di Medicina di Losanna aveva previsto la possibilità di ritentare il percorso a otto anni di distanza dal primo tentativo. Un denominatore comune rispetto all’iniziativa presa dall’UNIGE nove anni più tardi è subito individuabile: a cancellare l’échec définitif sono state due Università di Medicina. Infatti, nessun’altra Università o Facoltà della Confederazione ha ancora comunicato di voler seguire l’esempio romando.

È forse questo denominatore comune, quindi, associato alla penuria di medici in Svizzera dovuta all’invecchiamento della popolazione, ad aver portato alla confusione nei media della Svizzera romanda sulle ragioni di questa abolizione. «Mi dispiace dire che nella stampa e sui social media ci sia stata una trasmissione errata delle informazioni – ribatte Nendaz –. Si è verificata una fusione di due temi che, pur essendo legati, rimangono distinti: il problema della carenza di medici e la scelta del nostro decanato concernente l’eliminazione definitiva». Un concetto che il vicedirettore ha messo più volte in evidenza al CdT per chiarire la situazione.

La scelta della direzione dell’ateneo di sopprimere l’espulsione degli studenti, infatti, non è stata presa con l’obiettivo di aumentare il numero dei diplomati al fine di risolvere così l’assenza di medici. «Infatti – spiega il vicedirettore –, quello che cambierà sarà unicamente la possibilità per queste persone di tentare nuovamente il primo anno di studi, e il concorso che si tiene al termine dell'anno. A seguito del quale avviene la selezione per definire chi potrà proseguire al secondo anno di medicina. Detto ciò, avendo sempre più di 500 iscritti non abbiamo la necessità di creare misure per portare più candidati alla selezione». Banalmente, significa che non ci saranno più diplomati ma, semmai, più persone iscritte al primo anno.

Il fine della decisione riguardante l’eliminazione definitiva, piuttosto, è quello di tenere in considerazione un sentimento comune di frustrazione tra gli studenti, dovuto all’impossibilità assoluta di ritentare questo percorso di studi. «Evidentemente quello della mancanza di medici è un problema che esiste, ma resta una difficoltà distinta da quella dell’eliminazione definitiva» aggiunge Nendaz.

Dobbiamo incoraggiare i futuri medici a scegliere, durante la loro formazione post-laurea, le specialità di cui la società ha bisogno e a praticarle nelle regioni in cui c'è carenza

Carenza di medici di famiglia e pediatri

Lo sottolinea anche il dottor Philippe Eggimann, vicepresidente dell'organizzazione professionale dei medici svizzeri (FMH), il quale avverte che per coprire la crescente domanda di servizi medicali in Svizzera, è necessario formare circa 1.300 nuovi medici ogni anno. Tuttavia, attualmente, i laureati nelle Università svizzere sono solamente 1.100 all'anno, il che significa che il Paese deve fare affidamento sull'apporto di professionisti provenienti dall'estero per colmare questa lacuna. Mathieu Nendaz tiene comunque a precisare che questi numeri sono in aumento e che la capacità delle strutture di studio svizzero è aumentata, grazie anche alla creazione di nuovi programmi, come ad esempio il Master ticinese introdotto nel 2017.

Sul sito dell’Università ginevrina si può leggere che l'attuale carenza di specialisti si sta sentendo maggiormente nell'ambito della medicina di famiglia, che comprende medici di base e pediatri. Le statistiche pubblicate lo scorso anno dalla FMH hanno infatti rivelato che la densità di queste figure è da anni inferiore al valore raccomandato di 1 medico a tempo pieno per 1000 abitanti, registrandone solamente 0,8 equivalenti. Tuttavia, per rispondere a questo problema, «dobbiamo incoraggiarli a scegliere, durante la loro formazione post-laurea, le specialità di cui la società ha bisogno e a praticarle nelle regioni in cui c'è carenza», osserva Mathieu Nendaz sulla pagina Internet dell’UNIGE.

Si tratta quindi di agire concretamente su altri fronti per affrontare la problematica, poiché, ribadisce il professore, «il nostro intento è di sollevare l’insoddisfazione degli studenti rispetto all’échec définitif e non una strategia volta ad avere un impatto nazionale sulla penuria di medici».

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