«Questa riforma della Sanità è un passo nella direzione sbagliata»

Il 24 novembre si vota sul finanziamento uniforme delle prestazioni stazionarie e ambulatoriali (EFAS). La granconsigliera dei Verdi Giulia Petralli fa parte del sindacato VPOD che ha lanciato il referendum, appoggiato anche dall’Unione sindacale svizzera.
Perché per voi questa riforma non s’ha da fare?
«Questa riforma non s’ha da fare perché comporterebbe un aumento dei premi per gli assicurati e conferirebbe il controllo della sanità svizzera a 40 casse malati, riducendo il ruolo dei Cantoni nella gestione di ospedali e cliniche (dal 2028) e di case di riposo e servizi di cure a domicilio (dal 2032). EFAS minaccia il controllo dei costi e la qualità dei servizi sanitari regionali. Oltretutto, non corregge le principali falle del sistema sanitario. Tra queste vi sono, per esempio, l’accesso alle cure che diventa viepiù un privilegio, la crescente pressione sul personale sanitario e di conseguenza sulla qualità delle prestazioni e la necessità di contenere i costi e l’esplosione dei premi. Problematiche che EFAS non affronta, ma peggiora».
EFAS ha richiesto 14 anni di lavori in Parlamento e ha anche ottenuto il consenso, cosa invero assai rara, di tutti gli attori del sistema sanitario. Con un no non si spreca un’opportunità di fare un passo avanti in un settore sclerotizzato come quello sanitario?
«EFAS non fa un passo avanti, ne fa uno nella direzione sbagliata. La riforma EFAS è stata osteggiata per anni e con uno sprint finale nel 2023 è stata adottata dopo modifiche poco approfondite. È grazie al referendum del Sindacato del personale dei servizi pubblici e sociosanitari VPOD che ora possiamo discuterne a fondo. E sempre più attori del mondo sanitario, ma non solo, si stanno rendendo conto dei pericoli di EFAS, che sono stati sottovalutati nel voto parlamentare di dicembre 2023».
In caso di successo del referendum, tutto rimarrebbe com’è. Perché, secondo voi, sarebbe meglio?
«Lasciare tutto com’è non è la nostra volontà. Il problema è che durante i 14 anni di discussione su EFAS molte proposte sono state bloccate in vista di questa apparente “grande riforma”, che però non affronta le falle del sistema. Lasciare, per ora, tutto com’è evita di infilarci in un vicolo cieco, estremamente dannoso per gli assicurati del ceto medio-basso, per il personale sociosanitario e per i pazienti. Un vicolo cieco dal quale sarà molto difficile uscire».
Che cosa proponete in alternativa per riformare il sistema?
«Chiediamo maggiore controllo della spesa sanitaria stazionaria e ambulatoriale da parte dei Cantoni tramite la possibilità di fare pianificazioni vincolanti in base ai bisogni (anche nel settore ambulatoriale, ad esempio per gli spitex) e la possibilità di fare maggiori verifiche puntuali contro gli abusi. Le 40 casse malati private in Svizzera non sono in grado di fare questo lavoro. Lo potrebbe fare semmai una cassa malati unica, pubblica e con premi in base al reddito. Occorre inoltre agire sui prezzi dei farmaci e sulle tariffe eccessive di certi specialisti. In generale la sanità deve essere sottratta alla speculazione».
Per quale ragione il finanziamento uniforme non dovrebbe permettere di eliminare i disincentivi e di favorire lo spostamento delle cure dallo stazionario all’ambulatoriale, meno costoso?
«Il trasferimento verso l’ambulatoriale è già in corso. Di fatto, già oggi l’Ordinanza federale sulle prestazioni prevede il regime “Ambulatoriale prima di Stazionario”. Come indicato anche dal Consiglio di Stato del Canton Ticino, nella sua presa di posizione contro EFAS inviata alla Conferenza dei governi cantonali, occorre innanzitutto ampliare la lista delle prestazioni da effettuare ambulatorialmente prima che stazionariamente e correggere le tariffe eccessive che esistono in ambito ambulatoriale. In questo senso, la riforma EFAS è inefficiente per incentivare lo spostamento».


Il fatto che Cantoni e casse malati si assumano la stessa responsabilità del trasferimento dallo stazionario all’ambulatoriale non potrebbe incidere su questo cambiamento?
«No, con EFAS, nonostante i Cantoni contribuiranno anche al finanziamento delle prestazioni ambulatoriali la loro responsabilità sarà nulla. Infatti, riceveranno dagli assicuratori solo dati aggregati o relativi al domicilio degli assicurati per la verifica della competenza territoriale e concretamente perderanno la capacità di verificare l’uso delle risorse pubbliche. L’accelerazione del passaggio all’assistenza ambulatoriale - già in corso - sarebbe piuttosto da accompagnare a una seria pianificazione del settore e a un riesame della struttura tariffale. Infatti, sia che i Cantoni paghino la loro quota del 26,9% attraverso le casse malati, sia che paghino direttamente il 55% della spesa agli ospedali non cambia un dato di fatto: la fattura di un ricovero ospedaliero continuerà a essere diversa da quella di un trattamento ambulatoriale. Ciò significa che, per i fornitori di prestazioni, continuerà a essere più interessante fornire certe cure in ambito ospedaliero piuttosto che ambulatoriale. Non importa chi paga, ma quanto si paga».
Contrariamente ai favorevoli, voi sostenete che i premi aumenterebbero a causa dell’inclusione nella riforma delle cure di lunga durata. Ma queste rappresentano solo un quarto di quelle ambulatoriali, che in teoria dovrebbero più che controbilanciare l’impatto di Spitex e case anziani. Come fate a essere così sicuri che i premi cresceranno e su che cosa vi basate per fare queste previsioni?
«Su una cosa EFAS mette tutti d’accordo: i premi non diminuiranno. Lo affermano il Consiglio federale, le casse malati e il Consiglio di Stato ticinese. Il dibattito è piuttosto relativo al “quanto” aumenteranno. In merito a ciò bisogna essere onesti: se nemmeno l’Ufficio federale della sanità pubblica riesce a prevedere con un anno di anticipo l’andamento dei premi, come possono farlo favorevoli e contrari? Ciò nonostante, si possono fare alcune ipotesi. Innanzitutto, con EFAS si prevede - nello scenario migliore - un risparmio di circa 400-500 milioni di franchi rispetto a una spesa a carico dalle casse malati di 35 miliardi. Un nonnulla che non inciderà sul contenimento dei premi. Se si considera poi lo scenario peggiore, il risparmio è ipotizzato essere quasi nullo. Inoltre, per quanto riguarda il settore delle cure di lunga durata, Santésuisse (!) stima un’impennata dei costi, a causa dell’aumento della speranza di vita e dell’invecchiamento della popolazione, di 10 miliardi di franchi circa entro il 2040. Costi che per il 73% (rispetto all’attuale 54%) saranno pagati dalle casse malati e quindi attraverso i premi, nonché tramite una maggiore partecipazione diretta di residenti e pazienti. L’inefficacia di EFAS nel contenere i costi, sommata all’integrazione delle cure di lunga durata nel finanziamento uniforme, causerà quindi un’accelerazione dei premi».
Grazie a EFAS le casse malati potrebbero proporre modelli assicurativi alternativi più vantaggiosi. Perché precludere questa possibilità?
«I modelli alternativi proposti finora limitano la scelta dei medici e dei medicinali. Inoltre, potremo trovarci confrontati con una medicina a due velocità, dove solo chi può permetterselo potrebbe essere curato».
I sindacati sostengono che le condizioni per il personale curante peggiorerebbero. Tuttavia, l’associazione degli infermieri lascia libertà di voto e non vi segue. Timori esagerati?
«No. A differenza delle istituzioni private, gli ospedali, le case anziani e le organizzazioni di assistenza domiciliare pubbliche accettano chiunque, senza discriminazioni. Spesso quindi il finanziamento non è sufficiente per coprire i costi effettivi, ad esempio quando ci sono molti casi complessi. Se il deficit di finanziamento non sarà più colmato dai Cantoni - poiché la loro quota è fissa al 26,9% - non sarà più possibile ottenere finanziamenti aggiuntivi per assicurare buone condizioni di lavoro e prestazioni di qualità. Ne consegue che il numero di dipendenti, gli stipendi e di conseguenza la qualità delle cure verranno sacrificati per far quadrare i conti; sia nel settore pubblico che in quello privato. Una tendenza già in atto. Inoltre, EFAS porterà a una corsa al ribasso nelle condizioni di lavoro del personale, perché gli assicuratori non finanzieranno le istituzioni sanitarie tenendo conto dei diversi livelli salariali tra le regioni della Svizzera, o dell’esistenza di normative come le leggi cantonali o i contratti collettivi di lavoro. I sostenitori di EFAS affermano che i costi della sanità saranno tenuti sotto controllo, ma omettono di dire che se ciò avverrà sarà a spese del personale sanitario (e della qualità delle cure)».
Perché sostenete che le casse malati avranno troppo potere con EFAS?
«Perché avranno il compito di gestire, tramite un fondo unico, i 13 miliardi di franchi versati dai Cantoni oltre ai 35 miliardi raccolti con i premi. Chi paga, di solito, comanda. Ma la vera domanda è: quali sono i pericoli di questa ulteriore concentrazione di potere? Innanzitutto, le casse malati avranno ancora più potere nel decidere come devono essere curati i pazienti. È infatti forte il rischio che le casse malati scavalchino ancora di più i medici nella scelta delle cure e dei medicamenti. Inoltre i Cantoni saranno impossibilitati a fare quei controlli fondamentali per impedire una crescita scorretta dei premi cantonali. Pericolosa sarà poi la perdita di potere dei Cantoni nell’ambito ospedaliero e dei Cantoni/Comuni nell’ambito del finanziamento e dell’organizzazione delle case anziani e dei servizi di assistenza e cura a domicilio. Ne andranno di mezzo le strutture pubbliche orientate ai bisogni regionali e sociali. Infine, con la perdita di responsabilità dei Cantoni nell’ambito del finanziamento e dell’organizzazione per case anziani e servizi di assistenza e cura a domicilio, si stenderebbe il tappeto rosso per attori privati a scopo di lucro, di cui il principale interesse sono i profitti e non la qualità delle cure».