Svizzera

Riarmo, Berna resta a bocca asciutta sul piano UE da 150 miliardi

Riarmo / Il Consiglio europeo approva il fondo SAFE per sostenere la difesa comune e l’industria bellica – I Paesi terzi «saranno trattati alle stesse condizioni degli Stati membri», ma solo se hanno firmato un «Partenariato per la sicurezza e la difesa» – Il Consiglio federale però non ha ancora fatto il primo passo
©GIAN EHRENZELLER
Luca Faranda
27.05.2025 23:00

La prima fase del piano di riarmo dell’Unione europea ha un nome: SAFE. Acronimo di «Security Action For Europe», ovvero Azione per la sicurezza in Europa. È un fondo da 150 miliardi di euro (oltre 140 miliardi di franchi) destinato a sostenere la difesa e l’industria bellica degli Stati membri.

Si tratta di una parte del vasto piano di riarmo del Vecchio Continente, al quale la Svizzera e le aziende elvetiche attive nel settore vorrebbero partecipare. Berna, però, pur essendo interessata a collaborare maggiormente con la difesa europea, per il momento è costretta a rimanere a guardare.

Oggi, il Consiglio Affari Generali dell’UE ha adottato definitivamente il regolamento di questo fondo e lo ha fatto a larghissima maggioranza, con nessun voto contrario e un solo astenuto.

Piani nazionali

Attraverso SAFE, Bruxelles metterà a disposizione fondi miliardari che saranno erogati agli Stati membri interessati su richiesta e sulla base di piani nazionali da presentare entro i prossimi sei mesi. Gli Stati membri beneficiari dovranno, in linea di principio, effettuare «appalti comuni che coinvolgano almeno due Paesi partecipanti per poter beneficiare dei prestiti».

E la Svizzera? «L’obiettivo principale di SAFE è promuovere progetti di approvvigionamento congiunto e rafforzare l’industria della difesa. In quanto Paese terzo, la Svizzera non può contrarre prestiti nell’ambito di SAFE», ci spiega Lea Ryf, portavoce dell’Ufficio federale dell’armamento (armasuisse), aggiungendo che la Svizzera non può nemmeno partecipare ad appalti congiunti nell’ambito di questo fondo da 150 miliardi di euro.

Memorandum d’intesa

Berna è infatti considerata un Paese terzo in questo ambito. Ciò ha forti restrizioni anche per l’industria bellica elvetica: Bruxelles attraverso un provvedimento definito «Buy European» (compra in Europa) impone che almeno il 65% del valore di ogni progetto finanziato deve provenire da aziende del settore della difesa situate nel territorio europeo. Cosa significa questa per la Svizzera? «Ciò significa che le aziende dei Paesi terzi (come la Confederazione, ndr) contribuiscono con componenti che non superano il 35% del valore totale di tutti i componenti di un sistema d’arma», spiega ancora Ryf. Stando a un comunicato del Consiglio UE, invece, anche l’Ucraina, i Paesi membri dello Spazio economico europeo (SEE) e gli Stati dell’Associazione europea di libero scambio (AELS) «saranno trattati alle stesse condizioni degli Stati membri. Non solo potranno partecipare ad appalti comuni, ma potranno anche acquistare dalle loro industrie».

La Svizzera però resta a bocca asciutta in ogni caso. «Paesi terzi come la Svizzera potranno probabilmente partecipare ad appalti congiunti nell’ambito del SAFE solo se esiste un Partenariato per la sicurezza e la difesa (ovvero un memorandum d’intesa giuridicamente non vincolante) con l’UE», ci spiegano da armasuisse, ricordando però che la negoziazione di tale partenariato è di competenza del Consiglio federale. E il «processo decisionale non ha ancora avuto luogo».