Ridotta la soglia d’accesso per il secondo pilastro

Il secondo pilastro diventa più accessibile per i redditi bassi e chi lavora a tempo parziale. Il salario minimo per essere assicurati obbligatoriamente a una cassa pensioni ppasserebbe da 21.510 franchi a 17.208. Questo significa che 140 mila fra lavoratori e lavoratrici, tuttora esclusi dalla previdenza professionale, vi potranno contribuire, per poi riscuotere una rendita al momento di andare in pensione. La decisione è stata presa dal Consiglio degli Stati, che ha proseguito l’esame della riforma LPP, già accolta in prima battuta dal Nazionale. Questo adeguamento rientra fra le misure sul tappeto per aumentare gli averi di vecchiaia al momento del pensionamento, soprattutto in favore delle donne, che svolgendo lavori meno retribuiti e part-time, a livello di secondo pilastro sono penalizzate rispetto agli uomini.
Il cambiamento principale della riforma, l’abbassamento dell’aliquota di conversione dal 6,% al 6%, è incontestato. Il vero pomo della discordia sono le misure di compensazione, in particolare per la generazione di transizione (dai 50 ai 65 anni) che gli Stati non hanno avuto tempo di affrontare ed esamineranno solo in un secondo tempo. Il Consiglio federale aveva proposto una soluzione di cui beneficerebbero tutti i futuri pensionati, il Nazionale solo per il 35-40%. Oltre all’abbassamento della soglia d’entrata, gli Stati hanno deciso di rivedere il sistema di calcolo della cosiddetta «deduzione di coordinamento», che oggi è uguale per tutti e che, scalata dal reddito, serve per determinare la parte di salario assicurata. Attualmente ammonta a 25.095 franchi. In concreto: se una persona ha un salario annuo di 60 mila franchi, i contributi di cassa pensioni vengono calcolati su un salario di 35 mila (60-25). Lo scopo di questa deduzione è di evitare che parti di salario vengano assicurate due volte. Ebbene, gli Stati hanno deciso che questa deduzione in futuro deve corrispondere al 15% del salario AVS. Una soluzione, anche in questo caso, che deve permettere di assicurare meglio i bassi salari e chi ha più di un impiego. Il Consiglio federale e il Nazionale, invece, propongono una soglia fissa dimezzata rispetto ad oggi, di 12.548 franchi.
Carobbio: «Non basta»
Marina Carobbio (PS) è favorevole a queste due misure, perché consentiranno ad un maggior numero di persone di accedere a una rendita di cassa pensioni. Ma secondo la «senatrice» si tratta comunque di un passo insufficiente per migliorare la posizione delle donne nel secondo pilastro. Con le ultime decisioni, una lavoratrice di 45 anni con un salario annuo di 40 mila franchi pagherebbe oggi più contributi LPP mensili, per ricevere tra vent’anni, al momento del pensionamento, una aumento della sua rendita di 185 franchi al mese. Per questo, dice, servono ulteriori miglioramenti a favore di chi lavora a tempo parziale e ha un reddito basso, ma anche per compensare la prevista diminuzione del tasso di conversione ed evitare massicce perdite di rendita pensionistica. La sinistra sposa completamente la soluzione del Consiglio federale, che prevede compensazioni a vita per tutti i nuovi pensionati e indipendente dall’importo della rendita , nei 15 anni successivi all’entrata in vigore della riforma: 200 franchi al mese per chi va in pensione nel primo quinquennio, 150 per chi va nel secondo e 100 per chi va nel terzo. Successivamente il Consiglio federale fisserà l'importo di anno in anno. La riforma, sottolinea Carobbio, potrà essere accettata solo a condizione che passi questa soluzione di compensazione, dal costo ventennale di 29 miliardi. Pollice verso, quindi, sia per la formula light proposta dal Nazionale (9 miliardi) sia per quella un po’ più generosa degli Stati (12 miliardi),
Regazzi: «Così è troppo»
L’abbassamento della soglia d’entrata e la revisione della deduzione di coordinamento hanno comunque un rovescio della medaglia: sia per gli assicurati, visto che i contributi alla cassa pensioni saranno riscossi su una quota maggiore dello stipendio (e quindi in tasca resterà meno), sia per i datori di lavoro, confrontati a un aumento degli oneri. Il mondo economico è molto critico. «Di fatto», dice il presidente dell’USAM Fabio Regazzi, «si crea un aumento importante dei costi per assicurati e datori lavoro, in particolare in settori “fragili” come la ristorazione, il commercio al dettaglio o l’agricoltura». Il consigliere nazionale del Centro porta l’esempio di un lavoratore trentenne, che guadagna 30 mila franchi all’anno. Con la legge attuale, il contributo complessivo (suo e del datore di lavoro) è di 343 franchi all’anno. Con la soluzione del Nazionale, invece, l’onere annuo sarebbe di 1.570 franchi, mentre con quella degli Stati di ben 2.295. «Con la soluzione della Camera del popolo, al limite, si può convivere, ma quella degli Stati chiede decisamente troppo e fa vacillare il consenso del mondo economico». Di qui l’auspicio che la situazione venga corretta quando la riforma tornerà alla prima Camera.