Sanità

Ridurre i premi di cassa malati? Ecco che cosa bolle in pentola

Da un’iniziativa popolare per quote secondo il reddito al rilancio della cassa malati unica, il PS vuole tornare all’attacco a livello federale - Sondaggio: il 68% a favore di un solo assicuratore
©Chiara Zocchetti
Giovanni Galli
01.10.2025 06:00

L’ennesimo aumento dei premi malattia sta ridando slancio all’idea di una cassa unica per l’assicurazione obbligatoria. Secondo un sondaggio pubblicato ieri dai giornali del gruppo Tamedia e realizzato dall’istituto Leewas, il 68% degli interpellati, vale a dire due svizzeri su tre, sostiene il passaggio a una sola cassa pubblica in sostituzione della quarantina di compagnie private attive a livello nazionale. Solo il 27% si è detto contrario. Fra la maggioranza dei favorevoli non ci sono distinzioni di partito, età, reddito o genere. «Questo risultato esprime un segnale di malcontento da parte della popolazione verso la politica e il finanziamento del sistema sanitario», ha dichiarato alla Tribune de Genève Philipp Trein, professore assistente di amministrazione pubblica e politica all’Università di Losanna. Non è la prima volta che la cassa unica fa il pieno di consensi nei sondaggi. Tuttavia, al momento di arrivare al dunque, il principio di affidare l’assicurazione obbligatoria a un istituto pubblico (proposto in forme diverse) è sempre stata nettamente respinta alle urne: i no sono stati il 77% nel 1994 (finanziamento con trattenute salariali), il 73% nel 2003 (premi in base al reddito), il 71% nel 2007 (cassa unica e sociale) e il 61,5% nel 2014 (per una cassa pubblica). Ma visto che con il passare degli anni le opposizioni sono calate mentre il problema dell’assicurazione malattia si è acuito, è possibile che l’esito di un eventuale futuro scontro alle urne sia meno scontato.

Quattro bocciature

Già l’anno scorso, dopo la bocciatura dell’iniziativa popolare «Al massimo il 10% del reddito per i premi delle casse malati», il PS aveva annunciato l’intenzione di tornare alla carica. Il partito si era dato come termine d’ordine l’inizio del 2025, ma gli ci vorrà ancora del tempo. Un progetto è in fase di elaborazione da parte di un’ampia alleanza, ha dichiarato l’altro giorno alla NZZ la co-presidente del partito Mattea Meyer.

Meglio se cantonali

Secondo il collega di partito e consigliere agli Stati Pierre-Yves Maillard (VD), presidente dell’Unione sindacale svizzera, il sondaggio conferma che c’è un’aspettativa da parte della popolazione. In ogni caso, stavolta bisognerebbe mettere a punto un progetto con tutte le garanzie di successo. Le casse uniche, a suo avviso, dovrebbero essere cantonali, così da tutelare la libera scelta del medico, che le casse malati, invece, vorrebbero togliere. «Spero che si possa giungere a inizio 2026 con un progetto», ha detto alla Tribune, «ma è difficile riunire una coalizione vincente con forze sufficienti nella Svizzera tedesca» (ndr dove la cassa unica ha trovato finora le resistenze più forti).

Ma gli ospedali no

Nel sondaggio Tamedia è stato chiesto se per ridurre i costi sanitari bisognerebbe chiudere ospedali. Oggi in Svizzera ce ne sono più di 250. Per alcuni interventi, nemmeno la metà raggiunge la massa critica minima raccomandata dalla Conferenza dei direttori cantonali della Sanità, a scapito di qualità e costi. Ebbene, il 56% degli interpellati si è detto contrario a ridurre il numero degli istituti di cura, e solo il 36% favorevole. La misura è particolarmente impopolare fra i simpatizzanti dell’UDC. Gli unici a essere in prevalenza favorevoli sono quelli dei Verdi liberali. Fra i contrari spiccano in particolare le donne (60%) e le fasce d’età fra i 18 e i 34 anni (68%) e fra i 35 e i 49 (61%). Inoltre, le persone con i redditi più bassi sono quelle che vogliono mantenere l’attuale offerta ospedaliera.

PS: obiettivo sgravare l’85%

Il voto ticinese di domenica, in particolare l’approvazione dell’iniziativa del PS cantonale affinché l’onere assicurativo non superi il 10% del reddito disponibile, ha confermato che la maggioranza della popolazione vede di buon occhio un aumento dei contributi per la riduzione dei premi (l’onere ammonterebbe a 300 milioni di franchi). Una prima indicazione c’era già stata l’anno scorso con il sì in Ticino all’iniziativa del PS svizzero. Ma nei Cantoni favorevoli si sta andando nella medesima direzione. A Basilea-Città il Gran Consiglio ha approvato una mozione che prevede un tetto massimo del 10%. A Friburgo e in Vallese sono pendenti due iniziative popolari.

Inoltre, a fine ottobre il PS nazionale deciderà il lancio di un’iniziativa popolare intitolata «Riduzione dei premi per rafforzare il potere d’acquisto». I premi non dovranno più essere pro capite ma dipendere dal reddito. L’85% della popolazione, stando al PS, beneficerebbe di riduzioni, mentre il rimanente 15% più benestante si vedrebbe aumentare l’onere. I minorenni non pagherebbero nulla. I redditi medi riceverebbero uno sconto di 100 franchi. Chi sceglie un modello assicurativo più economico con una franchigia più elevata beneficerebbe comunque dello sconto e pagherebbe, ad esempio, solo 250 franchi invece di 350. I redditi più alti, invece, dovrebbero pagare di più, forse 600 o addirittura 800 franchi invece di 400, ha detto Mattea Meyer al Blick. Ci sarebbe in ogni caso un limite massimo, ancora da definire. «Persone come il CEO di UBS Sergio Ermotti non pagherebbero centinaia di migliaia di franchi in più, ma forse 2.500 o 3.000».