La proposta

Se a eleggere i consiglieri di Stato fosse il Parlamento e non il popolo

I rapporti tra Esecutivo e Legislativo attraversano un periodo particolarmente difficile – Non solo in Ticino ma anche a Zurigo dove un granconsigliere socialista chiede di abolire l’elezione popolare del Governo cantonale: «L’unica soluzione per tornare a collaborare»
©Gabriele Putzu
Andrea Stern
Andrea Stern
20.07.2025 21:00

«Voglio rinsaldare i rapporti tra Parlamento e Consiglio di Stato, che negli ultimi tempi si sono un po’ distaccati», è l’obiettivo enunciato da Fabio Schnellmann (PLR) poco dopo la sua elezione a presidente del Gran Consiglio, in maggio.

Un obiettivo cui difficilmente contribuirà la seduta straordinaria che il Gran Consiglio terrà a fine agosto con, quale unica trattanda, gli affari interni al Governo cantonale. Ma al di là del cosiddetto «arrocchino» e delle relative polemiche, tutti riconoscono che già da tempo i rapporti tra Esecutivo e Legislativo sono in crisi. In Ticino ma anche altrove, per esempio a Zurigo, dove si è fatta largo una proposta apparentemente bizzarra ma potenzialmente rivoluzionaria.

«L’elezione popolare dei membri del Governo cantonale dovrebbe essere abolita», ha tuonato il deputato socialista Davide Loss nel bel mezzo dell’ultima seduta del Gran Consiglio zurighese.

A quel momento l’aula - riferisce la NZZ - è stata percorsa da un mormorio di incredulità. È vero che prima dell’intervento di Loss vari deputati avevano accusato il Consiglio di Stato di non considerare a sufficienza il Parlamento, ma nessuno si aspettava una proposta tanto forte. «È l’unica soluzione per fare in modo che il Governo si senta vincolato al Parlamento e torni a collaborare con esso», ha ribadito Loss.

Un ritorno al passato

Di fatto si tratterebbe di un ritorno al passato, a quando spettava al Gran Consiglio eleggere i membri del Piccolo Consiglio, tempi che a Zurigo si sono conclusi nel 1869 e in Ticino nel 1890. Da allora l’elezione popolare dei membri dei governi cantonali è diventata pratica incontestata.

Se non fosse che negli ultimi tempi il Consiglio di Stato zurighese avrebbe preso poco sul serio il lavoro delle commissioni parlamentari oppure - tra le altre accuse - avrebbe liquidato come evase diverse mozioni che il Parlamento avrebbe voluto poter ancora trattare. Da qui l’idea di ridimensionare la sensazione di onnipotenza dei consiglieri di Stato obbligandoli a passare attraverso un’elezione parlamentare.

Rapporti tesi e Governo stanco

«In effetti anche in Ticino siamo in un momento in cui i rapporti tra Consiglio di Stato e Gran Consiglio sono particolarmente tesi», reagisce Alessandro Speziali, presidente del PLRT. «Penso che a giocare un ruolo sia anche il contesto finanziario non semplice, che inevitabilmente aumenta le frizioni politiche. Dopo va anche detto che la polarizzazione del dibattito non premia i compromessi e il pragmatismo, bensì chi cerca di profilarsi e conquistare un posto al sole. Non da ultimo, siamo di fronte a un Governo un po’ stanco, cui viene forse a mancare la funzione di traino».

I problemi ci sono. Tuttavia, il presidente del PLRT non ritiene che la proposta di Loss sia la soluzione giusta per risolverli. «Il rischio è che si riproducano a livello cantonale gli stessi calcoli partitici e le stesse dietrologie che si verificano in occasione dell’elezione dei consiglieri federali», osserva Speziali. «Non vedo quale sarebbe il vantaggio per il Ticino. Inoltre credo che sia comunque importante che il Consiglio di Stato abbia una sua legittimazione popolare e che ogni quattro anni debba passare davanti al giudizio dei cittadini».

Prima il popolo ma non sempre

Un aspetto, quello del giudizio popolare, che sta molto a cuore anche al coordinatore della Lega, Daniele Piccaluga. «Per noi come Lega è importante che sia il popolo ad esprimersi», dice Piccaluga. «Quindi siamo favorevoli a mantenere il sistema attuale di elezione del Consiglio di Stato. Anzi, personalmente non sarei contrario a restituire al popolo anche la scelta dei magistrati, come in passato».

Il coordinatore leghista si dice invece più scettico su un’eventuale elezione popolare del Consiglio federale. D’altra parte anche il popolo, nel 2013, esprimendosi su un’iniziativa lanciata dall’UDC, ha chiaramente espresso la sua volontà di lasciare che sia l’Assemblea federale a eleggere i consiglieri federali. L’iniziativa fu respinta dal 76,3% dei votanti e dalla totalità dei Cantoni.

Una discussione più ampia

«Io credo che quello che si potrebbe ridiscutere in Ticino è il sistema elettorale», interviene Laura Riget, co-coordinatrice del PS. «Siamo gli unici che eleggono il Consiglio di Stato con il proporzionale, mentre tutti gli altri Cantoni adottano il sistema maggioritario. Questa è una discussione che potrebbe essere affrontata, nell’ambito di una revisione più ampia che potrebbe considerare anche le congiunzioni di lista. Non vedo invece la necessità di ridiscutere il sistema di elezione del Consiglio di Stato. L’elezione popolare del Governo cantonale è un valore aggiunto».

Alla discussione sul sistema elettorale parteciperebbe volentieri anche Alessandro Speziali. «Mi pare di percepire che in Ticino c’è un certo attaccamento al sistema proporzionale - afferma -, ma io di sicuro non chiudo la porta al dibattito. C’è da fare un ragionamento sulle regole istituzionali, ma d’altra parte credo che in questo momento ci voglia anche un richiamo di responsabilità dei maggiori partiti. Dobbiamo unirci attorno ad alcuni grandi temi e lavorare insieme per rilanciare questo cantone».

Atteggiamenti criticati

Più che nuove regole, serve la volontà di collaborare. «I problemi tra Gran Consiglio e Consiglio di Stato sono dovuti almeno in parte a rapporti personali che si sono incancreniti», sostiene Fiorenzo Dadò, presidente del Centro. «La fiducia del Parlamento nei confronti del Governo è nettamente peggiorata a causa degli atteggiamenti di alcuni consiglieri di Stato».

Cambierebbe poco, secondo Dadò, se a nominarli fosse il Parlamento anziché il popolo. «Non vedo come potrebbe migliorarne la qualità», afferma. «Anzi, il rischio è quello di dare adito a discussioni infinite e poco edificanti, come già succede per l’elezione dei magistrati».

Come migliorare i rapporti, quindi? «È il Governo che detiene il potere e che deve prendersi le sue responsabilità», sostiene il presidente del Centro. «Il Parlamento vota ogni mese decine e decine di messaggi del Consiglio di Stato, tantissimi dei quali senza cambiare una virgola. Quindi la fiducia c’è. Ma poi basta che una volta si prova a dire qualcosa e subito si viene accusati di lesa maestà. È inutile scaricare la colpa sempre sul Parlamento. È il Governo che deve prendersi le proprie responsabilità».

Il politologo Stojanovic: «Sarebbe un incentivo a mantenere buone relazioni»

Professor Stojanovic, quali sarebbero i vantaggi di un’elezione del Consiglio di Stato da parte del Parlamento?
«Dipende dalla modalità di elezione. I membri del Governo verrebbero eletti singolarmente o in blocco? Potrebbero essere revocati tramite un voto di sfiducia? L’elezione in blocco porterebbe probabilmente alla formazione di governi monocolore, di centrodestra o di centrosinistra. Il vantaggio sarebbe una maggiore compattezza dell’Esecutivo, mentre cittadine e cittadini avrebbero più chiarezza su chi è responsabile delle decisioni politiche. E ricordarsene alle successive elezioni».

E quali sarebbero gli svantaggi?
«È probabile che l’opposizione lancerebbe molti più referendum rispetto a oggi, rallentando così l’attuazione delle decisioni prese dalla maggioranza parlamentare».

Il dialogo tra Esecutivo e Legislativo sarebbe più facile?
«Per il Governo sarebbe senz’altro più semplice dialogare con quella parte del Parlamento che lo ha eletto. Inoltre, poiché la rielezione dei singoli ministri dipenderebbe non più dal popolo, i ministri avrebbero un incentivo maggiore a mantenere buoni rapporti con i parlamentari».

Sarebbe positivo se, al contrario, si introducesse l’elezione popolare per il Consiglio federale?
«Io ero, e rimango, favorevole, perché ciò rafforzerebbe la coesione nazionale, un aspetto fondamentale in un Paese con più lingue. I candidati al Consiglio federale avrebbero interesse a essere presenti in tutte le regioni linguistiche e a conoscere meglio le lingue nazionali - incluso l’italiano - poiché, per farsi eleggere, anche i voti provenienti da una regione minoritaria come la Svizzera italiana potrebbero risultare decisivi. Questo li porterebbe anche a comprendere meglio le difficoltà e le opportunità socioeconomiche delle regioni periferiche».