Camere

Se nasci e cresci qui, ma non sei svizzero

Bocciata agli Stati la proposta di introdurre lo «ius soli» nel nostro Paese – Il tema non è però liquidato – Sarà anche esaminata la possibilità di agevolare la naturalizzazione per gli stranieri di seconda generazione – Isabel Garcia (Secondas Zürich): «Un piccolo successo»
Oltre un quarto della popolazione residente in Svizzera non ha un passaporto elvetico. © CdT/Chiara Zocchetti

L’espressione «ius soli» indica l’acquisizione automatica della cittadinanza di un Paese come conseguenza di esservi nati. Un esempio famoso di Paese in cui vige questa regola sono gli USA. Alla Camera alta il «senatore» Paul Rechsteiner (PS/SG) ha tentato, senza successo, di introdurla anche in Svizzera tramite una mozione. Una proposta bocciata, con 29 voti favorevoli e 13 contrari, che però non è ancora del tutto liquidata. Al Nazionale la stessa soluzione, lanciata dall’ecologista vodese Stefania Prezioso Batou tramite un’iniziativa parlamentare, deve ancora essere affrontata. Lo stesso vale per la proposta (un po’ meno radicale) del co-presidente del PS Cédric Wermuth (AG) di prevedere che «un determinato numero di anni di residenza in Svizzera dia diritto alla cittadinanza svizzera», con una procedura di naturalizzazione centralizzata che si svolga «esclusivamente a livello federale».

Attualmente oltre un quarto della popolazione residente in Svizzera non possiede il passaporto rossocrociato. Questo anche se è nato e cresciuto nella Confederazione. Infatti, anche gli stranieri di seconda generazione devono sottoporsi alla procedura di naturalizzazione. Per alcuni di loro in pratica è addirittura impossibile, a causa di un cambio di domicilio, della dipendenza dei genitori dall’aiuto sociale o di altre ragioni, ha ricordato Rechsteiner in aula. Come già proposto un secolo fa dal Consiglio federale (ora contrario), per motivi democratici e inerenti ai diritti umani, bisognerebbe introdurre lo «ius soli». Se la cittadinanza per «ius sanguinis», ossia l’acquisizione della cittadinanza per filiazione, poteva avere un senso nell’Ottocento per legare alla patria gli Svizzeri che emigravano, ora un simile sistema ha perso di significato: la Confederazione è diventata un Paese di immigrazione, ha sottolineato il consigliere agli Stati. Secondo cui urge abbandonare l’idea di un patriottismo etnico per abbracciare un patriottismo costituzionale, basato su valori come libertà e democrazia.

Chiesa: «Direzione sbagliata»

Per la maggioranza del plenum, l’attuale sistema, che vede Cantoni e Comuni in prima fila nel concedere la cittadinanza svizzera a condizione che vengano soddisfatte certe condizioni, è accettato e ancorato nella popolazione che l’ha più volte confermato in votazione popolare. A detta del presidente dell’UDC Marco Chiesa, la mozione «va nella direzione sbagliata». Per il «senatore» ticinese, la naturalizzazione non rappresenta il primo passo verso l’integrazione, bensì il coronamento di quest’ultima. Nessun Paese europeo, inoltre, conosce lo «ius soli» come richiesta nella mozione, ha ricordato la consigliera federale Karin Keller-Sutter. Anche in Europa bisogna ottemperare a determinate condizioni. La più comune è che i genitori abbiano vissuto nel Paese per un certo periodo di tempo prima della nascita del bambino. «Ci sono quattro Paesi UE che prevedono uno “ius soli” condizionato: sono il Belgio, la Germania, l’Irlanda e il Portogallo», ha ricordato la «ministra» di giustizia. In questi Stati è richiesta una residenza minima dei genitori da 3 a 10 anni. «Poi c’è il doppio “ius soli”. In alcuni Paesi dell’UE, tra cui Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna, i bambini possono acquisire la cittadinanza alla nascita se almeno un genitore è nato nel Paese. Poi c’è un doppio “ius soli” condizionato in Belgio e in Grecia. Questo significa che c’è una condizione aggiuntiva: un genitore deve anche essere nato nel Paese e avervi vissuto per un certo periodo di tempo».

«Una proposta costruttiva»

Mentre la proposta di Rechsteiner non ha avuto chance, una seconda mozione della verde Lisa Mazzone (GE) sarà esaminata dalla Commissione delle istituzioni politiche degli Stati. L’atto parlamentare incarica il Governo di presentare un a modifica della Costituzione affinché la Confederazione agevoli la naturalizzazione non soltanto degli stranieri di terza generazione (come votato dal popolo nel 2017), ma anche di quelli di seconda generazione.

«È un piccolo successo. Una proposta costruttiva»: questa la reazione di Isabel Garcia, presidente di Secondas Zürich, piattaforma per questioni di politica migratoria fautrice della naturalizzazione automatica per stranieri di seconda e terza generazione. «Sono moltissimi gli stranieri di seconda generazione che non hanno il passaporto svizzero per ragioni burocratiche o storiche. Dovrebbero per lo meno ottenere la naturalizzazione agevolata», afferma la granconsigliera zurighese con doppia nazionalità svizzera e spagnola.

Garcia, appartenente al PVL, sa dicosa parla: venuta dalla Spagna in Svizzera con una madre dal passaporto rossocrociato che però all’epoca non poteva passare la propria nazionalità alla figlia (solo i padri potevano farlo), ha affrontato la procedura di naturalizzazione per diventare cittadina elvetica a tutti gli effetti. E ciò «benché abbia fatto tutte le scuole, dall’asilo via, in Svizzera». Per chi, come lei, non ha intenzione di spostarsi dalla Confederazione, qui si sente a casa, ma vuole anche partecipare attivamente alla vita politica elvetica, ottenere la naturalizzazione è un passo che per Garcia dovrebbe essere ovvio, «umanamente parlando così come per ragioni pratiche».