«Senza libera circolazione gli svizzeri lavorerebbero di più e andrebbero in pensione più tardi»

Senza la libera circolazione con l'Unione europea gli svizzeri sarebbero costretti a lavorare ogni giorno più a lungo e andrebbero in pensione più tardi: lo sostiene Andreas Künne, nuovo ambasciatore dell'Ue a Berna.
Nella sua prima intervista (alla Aargauer Zeitung) dopo che ieri ha presentato le sue credenziali alla presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter il diplomatico di carriera dice di essere stato spesso in Svizzera, soprattutto a Zurigo, Ginevra, e Lucerna, ma di non conoscere sufficientemente bene il paese.
«Naturalmente vorrei visitare il maggior numero possibile di cantoni. Per le visite ufficiali vigono comunque delle regole: posso recarmi ufficialmente solo in quattro cantoni all'anno. E da buon europeo mi attengo alle regole. Altri viaggi in tutte le regioni della Svizzera sono invece possibili in qualsiasi momento e sono anche in programma».
«Mi è stato detto, ovviamente, che in Svizzera alcune cose sono diverse rispetto ad altri paesi e che dovrei prestare particolare attenzione a questo aspetto», prosegue il 59enne. «In linea di massima partiamo dagli stessi valori. La Svizzera è un paese occidentale con cui condividiamo valori democratici e liberali. La particolarità della Svizzera è sicuramente la democrazia diretta e il suo sistema federale. Anche l'Unione Europea è però un'entità federale. E anche i miei due paesi d'origine, la Germania e l'Austria, hanno forti elementi federali».
«Ho grande rispetto per la stabilità e l'affidabilità con cui la Svizzera si è sviluppata», sottolinea l'interlocutore di nazionalità tedesca. «La democrazia diretta è parte integrante della Costituzione federale elvetica. Ciò comporta naturalmente dibattiti controversi, che sono un elemento fondamentale di tutte le democrazie. Sono curioso di vedere la cosa da vicino».
In un prossimo futuro il popolo elvetico voterà sui nuovi accordi con l'Ue. «In qualità di ambasciatore, non mi immischio mai nelle campagne di votazione», assicura il diplomatico. «Se mi verrà chiesto, fornirò naturalmente informazioni oggettive e parlerò con le parti interessate. Ma quando si tratta dei pro e dei contro della campagna referendaria la responsabilità ricade sulle forze politiche elvetiche».
«Abbiamo grande rispetto per la democrazia diretta. Per questo motivo, nei nuovi accordi abbiamo concesso alla Svizzera qualcosa di assolutamente straordinario, che nemmeno gli stati membri dello Spazio economico europeo hanno: la Svizzera ha la possibilità di rifiutare una nuova norma del mercato interno dell'Ue. Inoltre la Confederazione può partecipare all'elaborazione di nuovi atti legislativi dell'Ue che la riguardano: siede quindi al tavolo delle trattative, pur non essendo membro».
Però - fa notare il giornalista del quotidiano - se il popolo dovesse respingere una nuova disposizione rischierebbe sanzioni da parte dell'Ue. «Una votazione di questo tipo è preceduta da un lungo processo. Se il popolo svizzero dovesse comunque respingere una nuova norma, sarebbe logico che vengano adottate misure compensative. È un po' come nello sport: se una squadra ottiene un'eccezione alle regole, l'altra squadra ha bisogno di una sorta di compensazione. Non si tratta di una restrizione, ma di un ampliamento della libertà di scelta. L'alternativa sarebbe che la prima squadra non possa partecipare alla partita».
Punto centrale delle nuove intese sarà ancora una volta la possibilità per i lavoratori europei di stabilirsi nella Confederazione. «Grazie alla libera circolazione delle persone, i cittadini dell'Ue vengono qui perché le aziende elvetiche hanno bisogno di manodopera», puntualizza l'ambasciatore in precedenza attivo nella Repubblica Ceca (2021-2025). «In questo senso l'immigrazione è un motore della prosperità svizzera».
«Le alternative alla libera circolazione delle persone sarebbero probabilmente l'aumento dell'orario di lavoro settimanale e dell'età pensionabile, Oppure una crescita degli investimenti delle aziende svizzere all'estero», argomenta l'esperto con studi in storia e lingua inglese nonché trascorsi professionali a Bruxelles, in Sudafrica, in Corea del Sud e in Lituania. «A ciò si aggiunge l'immigrazione clandestina dall'estero. Si tratta di un problema che abbiamo anche nell'Ue e credo che sia un problema che possiamo risolvere solo insieme».
«La Svizzera è un partner naturale e un alleato politico in Europa: non lo dico in qualità di rappresentante dell'Ue, ma come europeo», aggiunge il professionista. «Abbiamo interessi comuni, che si tratti di commercio mondiale, protezione del clima o sicurezza e stabilità dell'Europa. Ed è nel nostro interesse comune collaborare in un sistema globale basato su regole», conclude l'intervistato.