«Situazione umanitaria grave, la Svizzera deve agire subito»

«Attirare l’attenzione». Fare, concretamente, qualcosa. Le notizie e le immagini che ogni giorno giungono da Gaza - testimoniando le condizioni tragiche in cui è costretta a sopravvivere la popolazione civile della Striscia - scuotono le coscienze in ogni parte del mondo. E la Svizzera, il Canton Ticino, non possono fare eccezione.
La risposta militare all’azione terroristica nella quale, il 7 ottobre 2023, i miliziani di Hamas uccisero 1.200 persone e ne rapirono altre 251, appare a molti sproporzionata. Fuori misura. Nessuno può contestare a Israele il diritto di difendersi e di attaccare, anche e soprattutto, i gruppi armati che ne mettono in discussione il diritto all’esistenza; ma quanto sta avvenendo a Gaza oltrepassa probabilmente questo diritto. Soprattutto perché ha condotto, e continua a condurre, alla morte di migliaia di civili, e tra loro di moltissimi bambini.
Si spiega così la lettera-appello che 18 personalità ticinesi del mondo della cultura, dello spettacolo, della politica, delle professioni hanno inviato ieri al Consiglio federale. Un testo accorato, che lega la drammatica attualità alla storia e alla tradizione umanitaria della Confederazione.
«Noi, esponenti della società civile del Canton Ticino, con la presente intendiamo attirare la vostra attenzione per ottenere un impegno, deciso e fermo, volto a sbloccare una situazione umanitaria diventata insopportabile e drammatica a Gaza, in Cisgiordania, in Libano e, generalmente, in Medio Oriente - si legge nelle prime righe della lettera - È francamente incomprensibile che la Svizzera - depositaria e garante delle Convenzioni del Diritto umanitario internazionale e patria del movimento mondiale della Croce Rossa - non sia stata in grado di sbloccare una situazione in cui gli aiuti umanitari di sopravvivenza non possono raggiungere le vittime civili per il fatto che Israele, forza occupante, impedisce attivamente la distribuzione degli aiuti malgrado i ripetuti appelli del Segretario generale dell’ONU».
Il «Paese attaccante - sostengono i firmatari dell’appello - si serve da mesi dell’aiuto umanitario come arma di guerra, ignorando e calpestando i principi di base del Diritto umanitario e, ancor peggio, si arroga il diritto di usarlo a suo piacimento sottomettendolo ai bisogni delle sue strategie di conquista. La Svizzera, grazie anche alla sua neutralità, fu nel passato paladina dell’azione umanitaria nell’urgenza, non solo nei casi di guerre, ma anche di catastrofi e crisi maggiori. Come può tacere e abdicare di fronte all’apocalisse umanitaria che si sta consumando sotto gli occhi del mondo intero sulle rive del Mare Nostrum, il Mediterraneo?».
L’appello rivolto al Consiglio federale è esplicito. «Vogliamo che la Svizzera faccia risentire non solo la sua voce, ma passi anche all’azione in modo più chiaro ed audace. Quale altro Paese, se non la Svizzera, grazie al suo passato e alle sue tradizioni, deve sentire il bisogno non procrastinabile di un’azione nuova e coraggiosa?», si chiedono i firmatari della lettera. I quali chiedono tre passi concreti: primo, che «si agisca in maniera decisa con le forze di occupazione per l’entrata di tutti i beni necessari e per permetterne la distribuzione attraverso i canali funzionanti da decenni, in applicazione immediata e alla lettera delle quattro Convenzioni di Ginevra»; secondo, che sia «riconvocata con urgenza, dotandola dei mezzi adeguati, la Conferenza internazionale di Ginevra sulla situazione dei civili nei territori palestinesi occupati, inizialmente prevista per il 7 marzo 2025 e annullata alla vigilia della stessa»; terzo, che «si proceda al riconoscimento formale dello Stato di Palestina. Il prossimo incontro informale del 17 giugno a New York permetterebbe di riaffermare un’adesione seppur tardiva della Svizzera alla risoluzione 181 del 1947 per la soluzione dei due Stati».
Sono questi, concludono gli estensori dell’appello, «i primi passi urgenti da intraprendere anche per dare una risposta alle migliaia di cittadini svizzeri che, spettatori impotenti, chiedono ai propri rappresentanti di agire e poter credere ancora nel ruolo della Svizzera come Paese portatore di pace». Molto noti, come detto, i 18 firmatari della lettera, i quali - nel loro insieme - rappresentano anche molta parte della politica cantonale: Roberto Antonini, giornalista; Brenno Balestra, medico internista; Paolo Bernasconi, avvocato, a lungo componente del Board della Croce Rossa Internazionale; Mario Botta, architetto e fondatore dell’Accademia di Mendrisio; Marina Carobbio Guscetti, medico e consigliera di Stato; Armando Dadò, editore; Fiorenzo Dadò, economista e presidente del Centro; Carla Del Ponte, già procuratrice capo del Tribunale penale internazionale dell’Aja; Flavio Del Ponte, medico chirurgo di guerra; Morena Ferrari Gamba, imprenditrice, già presidente del Consiglio comunale di Lugano; Daniele Finzi Pasca, attore e regista; Giorgio Fonio, sindacalista e consigliere nazionale del Centro; Cristina Maderni, presidente della FTAF e deputata PLR in Gran consiglio; Pietro Majno-Hurst, medico chirurgo; Benedetto Zefiro Mellacqua, medico psichiatra; Giovanni Pedrazzini, medico cardiologo; Francine Rosenbaum, etnolinguista; Marco Solari, già presidente del Locarno Film Festival.