«Sono convinto che il Festival possa promuovere la pace»
Locarno è film, cultura, ma anche politica e relazioni internazionali. In occasione della Giornata della diplomazia, sulle rive del Lago Maggiore è giunto il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani. «È la prima volta a Locarno, ma anche la mia prima visita ufficiale in Svizzera», ci spiega il vicepresidente del Consiglio italiano.
Partiamo proprio da Locarno. Perché ha scelto il Canton Ticino e il Film Festival come prima visita nella Confederazione?
«Ho ricevuto e accettato l’invito da parte di Ignazio Cassis. Il Festival è un momento importante di espressione del cinema mondiale ed è anche un luogo d’incontro. E non è un caso che la “giornata della diplomazia” sia tra gli eventi che contornano la rassegna cinematografica. Credo molto nella diplomazia della cultura. Ogni attività che mette in contatto Paesi e popoli diversi deve essere promossa».
Lei, al suo arrivo in Ticino, ha utilizzato l’espressione «Diplomazia artistica». Cosa intende?
«La cultura dovrebbe essere strumento di pace e il cinema è un’arte che tutti possono comprendere. Non è un libro di filosofia, un testo di diritto o matematica. Se pensiamo alle co-produzioni, si avvia anche un dialogo comune. Gli artisti sono anche messaggeri di pace e sono convinto che questo festival possa promuovere la pace in un momento così delicato».
Si tratta della prima visita ufficiale in Svizzera, ma non del primo viaggio nella Confederazione. A giugno era presente al vertice sul Bürgenstock. Da allora cosa è cambiato?
«Noi sosteniamo il diritto dell’Ucraina a difendersi e anche il diritto a una pace giusta. È chiaro che c’è un aggressore e un aggredito, però bisogna arrivare a una soluzione. La conferenza promossa dalla Svizzera, secondo me, è stata un successo e un buon primo passo. Ci auguriamo che anche grazie al lavoro diplomatico della Svizzera si possa arrivare a un’altra conferenza di pace con la presenza della Russia e della Cina. Tuttavia, non so se sarà possibile prima delle elezioni statunitensi».
In Svizzera non sono mancate le voci critiche all’indirizzo del Consiglio federale riguardo alla neutralità e all’organizzazione della conferenza di pace.
«Neutralità non significa apatia. La Svizzera sta svolgendo un ruolo di neutralità positiva. Si è schierata senza tentennamenti dalla parte dell’Ucraina, ma vuole lavorare per raggiungere degli accordi. Mi piace questo attivismo, questa presenza. La Confederazione, non essendo parte della NATO, può svolgere un ruolo di mediazione importante. Lo si è anche visto nei colloqui relativi agli scambi di prigionieri. Non bisogna mai chiudere le porta alla diplomazia e in questo la Svizzera si è sempre dimostrata utile nel tenere aperte queste porte. In questi ultimi anni si sta ritagliando un ruolo importante nella politica internazionale e riconosco che questo è un grande merito di Cassis. Per questo sosteniamo le sue iniziative (nel 2025 l’Italia ospiterà la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, proseguimento di quella tenutasi a Lugano nel 2022, ndr)».
Ignazio Cassis si definisce un rappresentante dell’italianità. Quanto è importante, in politica, parlare la stessa lingua?
«La lingua facilita il dialogo e agevola i rapporti. E questo è un grande vantaggio per la Svizzera, che può comunicare facilmente con l’area francofona, germanofona e italofona. Nei rapporti con l’Italia, il fatto che il “ministro” degli esteri svizzero sia di madre lingua italiana è un vantaggio. La lingua è un ponte che rafforza il legame tra i due Paesi. E il Canton Ticino è un asso nella manica della Svizzera per rafforzare i rapporti con l’Italia».
La visita è stata anche un’occasione per parlare dei rapporti tra Svizzera e Italia. In passato, anche a causa delle liste nere, non è sempre stato dei migliori.
«È roba vecchia! (Ride, ndr). In realtà i rapporti sono ottimi. Non c’è soltanto una vicinanza geografica e una comunanza nella lingua, ma anche un importante interscambio commerciale. Questo incontro bilaterale è utile anche per rafforzare l’amicizia tra Italia e Svizzera, che può soltanto crescere. Poi ci può essere qualche piccolo problema da risolvere, ma quelli ci sono in tutto il mondo. La Svizzera è un Paese di grande importanza per l’Italia. Basti pensare che gli iscritti all’AIRE (italiani residenti all’estero, ndr) sono circa 170 mila. È una presenza importante che ha dato anche un contributo alla crescita della Svizzera».
Lei è stato presidente del Parlamento europeo. La Svizzera, dopo il fallimento dell’accordo quadro, sta ora cercando nuove intese con Bruxelles. Cosa auspica?
«Un avvicinamento della Svizzera all’UE è fondamentale. La Svizzera non è Unione europea, ma è Europa. Abbiamo interessi comuni, c’è un mercato comune e si va sempre più verso una maggiore integrazione. Se la Svizzera dovesse fare un passo in direzione dell’Europa sarei il primo a dire di votare a favore (ride, ndr)».