Eurovision song contest

«Sorprenderò tutti con il minimalismo»

Non punta su effetti speciali ma sull'intensità della sua «Boys Do Cry» l'appenzellese Marius Bear, portacolori elvetico questa sera a Torino (diretta tv su RSI La2) nel primo round del concorso canoro dove cercherà di assicurarsi uno dei 10 passaporti disponibili per la finale di sabato
Marius Bear durante le prove in vista dell'esibizione di stasera al PalaOlimpico di Torino. © AP/ Luca Bruno
Mattia Sacchi
10.05.2022 06:00

I ragazzi piangono. Ma sanno anche farsi voler bene. Lo sa bene Marius Bear, il rappresentante della Svizzera che, nella sua avventura all’Eurovision Song Contest di Torino, sta conquistando il pubblico e i suoi «avversari» grazie alla sua simpatia e alla sua semplicità. L’«orso» svizzero, assieme alla croata Mia Dini e ai lettoni Citi Zeni (al momento gli assoluti protagonisti della manifestazione), è stato infatti avvistato nella centralissima Piazza San Carlo a suonare tra la gente, con tanto di cappello a terra per raccogliere monete come i veri buskers. Questo a dimostrazione dello spirito con cui sta affrontando questi giorni torinesi. «In effetti è davvero un’atmosfera meravigliosa, avevo già legato con molti degli artisti in gara durante il preshow di Madrid: rivederli a Torino è stato fantastico, come una riunione di classe...», ci confida nel suo inglese perfetto, retaggio di una lunga esperienza negli Stati Uniti, ma provando anche a pronunciare, con risultati alterni, qualche parola in italiano.

Giorni quindi all’insegna del cameratismo quelli dell’Eurovision Song Contest che, tuttavia, rimane una competizione nella quale ogni cantante ha anche la responsabilità di rappresentare il proprio Paese. «È chiaro che tra noi non sentiamo eccessivamente la sfida, perché la musica è fatta per unire e vivere insieme belle emozioni. Rimane comunque il sano confronto, con la consapevolezza che chi supererà la semifinale avrà l’opportunità di esibirsi nella finale di sabato, che promette di essere davvero spettacolare: sono quindi concentrato per lavorare su ogni dettaglio».

E proprio su questo aspetto i lavori sono tanti, a volte ignorati da chi è dall’altra parte della «barricata», o meglio del palco: «Partecipare a un evento del genere è come una maratona: ci sono tanti incontri con il pubblico e le istituzioni, innumerevoli interviste con media da tutto il mondo oltre, ovviamente, alla preparazione dello show, tra i suoni e le coreografie che dovranno rasentare la perfezione». A questo proposito, per presentare Boys Do Cry stasera in semifinale, Marius ha fatto una scelta in controtendenza a quello che di solito si vede durante l’Eurovision: «Vedo molti gruppi puntare tanto sull’aspetto scenico e meno sull’essenza della canzone. Io, che sono un amante degli opposti, voglio sorprendere con un’esibizione più minimalista. In fondo anche levarsi da tutto il superfluo che abbiamo intorno è un messaggio forte. Per questo non ci saranno grandi effetti speciali: con due designer abbiamo lavorato sui vestiti, mentre con Sasha dalla Svezia, un ragazzo fantastico, abbiamo studiato a lungo la soluzione ideale per le luci, in modo da creare l’atmosfera giusta. Sono consapevole che è un rischio, ma penso che sia giusto proporre qualcosa che rifletta la mia personalità». 

Una personalità, quella di Bear, che emerge molto nel messaggio della sua canzone: «Da bambino pativo molto il bullismo da parte di ragazzi più sicuri di me. A quel punto mi chiudevo in me stesso, soffrendo e piangendo da solo: il supporto delle persone che mi volevano e mi vogliono bene, come i miei genitori, è stato essenziale per capire che non bisogna aver paura di essere noi stessi». Questo ha permesso a Marius, una volta cresciuto, di smettere di piangere? «Certo che no! Piango ancora, anche quando canto. Ma mi sento più dinamico, socievole e aperto col mondo. Ho ancora bisogno di attenzioni e amore, ma sono consapevole delle mie debolezze e questa in fondo è una grande forza».

L’apertura verso il mondo gli ha anche dato la forza e la voglia di viaggiare, conoscere nuove culture e mettersi gioco professionalmente anche lontano dai palcoscenici. «È vero, ho studiato meccanica e poi produzione musicale. La musica ha sempre fatto parte della mia vita, ma non ho mai pensato di poter diventare un cantante ed infatti non ho studiato al riguardo. Poi però un giorno, mentre preparavo delle musiche per un documentario sulle spedizioni lunari, ho sentito l’astronauta Charlie Duke che raccontava dei suoi sacrifici per realizzare il suo sogno di camminare sulla Luna. Quel discorso mi ha ispirato e mi ha fatto capire che, se volevo una cosa, dovevo credere in me stesso e fare di tutto per raggiungerla: ho quindi cominciato a lavorare sulla mia voce e sulle sonorità per valorizzarla al meglio. E oggi sono qui… incredibile».

Marius questa sera avrà il compito di seguire le orme dei suoi predecessori Luca Hänni e Gjon’s Tears, arrivati rispettivamente quarto e terzo nelle precedenti manifestazioni. «Li ho sentiti entrambi e sono stati fantastici! Mi hanno dato molti suggerimenti utili: come ad esempio rimanere tranquillo e godermi l’esperienza sin dalle prove, anche perché vengono pubblicate sui social… Cercherò di fare come mi hanno suggerito, lasciando che le emozioni scorrano dentro di me, anche attraverso le lacrime. Perché si, i ragazzi piangono. E va bene così».