Stangata per le auto elettriche: i ticinesi saranno svantaggiati?

Il Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato (FOSTRA) è utilizzato per finanziare le autostrade e alcuni grandi progetti viari. Ma c’è un problema: la cassa, tra pochi anni, potrebbe essere in difficoltà. Sì, perché oggi il FOSTRA è finanziato principalmente dalle entrate della vignetta di 40 franchi, ma soprattutto attraverso l’imposta e il supplemento fiscale sugli oli minerali (in Italia anche note come «accise»). Queste entrate (che confluiscono, tra le altre cose, anche nel bilancio generale della Confederazione) sono tuttavia in diminuzione, dal momento che sempre più persone abbandonano l’auto a benzina o diesel per passare all’elettrico.
E come finanziare, dunque, il risanamento delle strade nazionali? Chiamando alla cassa i proprietari di veicoli dotati di una presa elettrica, che dovranno fornire un contributo maggiore per la costruzione e la manutenzione delle strade, anche perché contribuiscono a «consumare» asfalto.
Frenare lo sviluppo
«L’elettrico non contribuisce a finanziare la rete autostradale che utilizza», ha spiegato il «ministro» dei Trasporti Albert Rösti, che ieri ha presentato la sua soluzione: una nuova tassa sul «pieno» per le auto elettriche, che dovrebbe entrare in vigore nel 2030. La tassa deve essere equivalente a quella prelevata sugli oli minerali per le vetture a benzina e diesel, ha detto Rösti, ricordando che le due varianti di tassazione proposte dal Governo (vedi sotto) saranno in consultazione fino al 9 gennaio 2026.
Non è tuttavia passato inosservato un certo conflitto di obiettivi: tassare le auto elettriche potrebbe frenare lo sviluppo (già inferiore alle attese) dell’elettromobilità, con ripercussioni sull’obiettivo «zero emissioni entro il 2050».
Doppia maggioranza
Per Rösti, tuttavia, ci sono ancora cinque anni di «promozione indiretta», poiché la tassa sull’elettromobilità, dovrebbe essere applicata non prima del 2030. Popolo e Cantoni permettendo. Occorre infatti una modifica costituzionale, per la quale è necessaria una doppia maggioranza. È dunque più facile ottenerla quando la quota di proprietari di vetture elettriche è ancora bassa.
Ci sono però alcuni evidenti limiti nelle proposte presentate dal Consiglio federale, che riconosce il potenziale di elusione e frode. Ad esempio, per la «variante Ricarica», basterebbe ricaricare la vettura su una normale presa domestica (o una colonnina non registrata in garage). Non è insomma detto che i possessori di veicoli elettrici decidano di ricaricare il proprio mezzo esclusivamente presso stazioni di ricarica registrate e con un contatore certificato. Fatta la legge, trovato l’inganno. Berna vede un potenziale di rischio soprattutto per chi ricarica nei garage privati o chiusi di case unifamiliari, dunque senza possibilità di controllo. Per risparmiare l’imposta sulla corrente di ricarica, sempre più utenti «potrebbero optare per le prese domestiche poco sicure e inefficienti. Non è quindi da escludere che l’introduzione dell’imposta sulla corrente di ricarica accresca indirettamente il rischio di incendi e il consumo di elettricità», spiega il Consiglio federale nella sua proposta.
«Più facile abusare»
«È più immediato tassare direttamente l’energia alla colonnina, ma è anche più facile abusarne», riconosce Bruno Storni, consigliere nazionale socialista e presidente dell’Associazione Traffico e Ambiente (ATA) Ticino. C’è poi un altro limite: «Non permette di far pagare le auto più pesanti che consumano più strada. Con la variante che riguarda il chilometraggio si può invece stabilire la tassa in base al peso», aggiunge Storni, che accoglierebbe con favore l’introduzione di un dispositivo sui veicoli per il calcolo e la verifica dei chilometri percorsi (ovvero la seconda variante). «Bisogna trovare l’equilibrio tra la partecipazione alla manutenzione della strada e lo sviluppo dell’elettromobilità». Il deputato ticinese è però cosciente che la tassa rappresenti un duro colpo per chi ha acquistato (o potrebbe presto acquistare) un veicolo con la prese. A suo avviso, però, il fattore decisivo è anche il prezzo delle auto elettriche. «Sarebbe comunque opportuno valutare un’introduzione graduale di questo prelievo con tariffe inizialmente più basse», aggiunge Storni, precisando che per i camion - sebbene in un altro ambito - si sta già valutando un modello con sconti a scalare per sette anni. Storni, tuttavia, riconosce che si tratta di «un’idea innovativa. Non l’ha mai fatto nessuno e dunque dobbiamo inventarci il metodo».
Ticinesi svantaggiati?
«Il sistema perfetto non esiste», gli fa eco il consigliere nazionale Simone Gianini (PLR), presidente centrale dell’Automobile Club Svizzero (ACS), secondo cui «è ormai un dato di fatto che debbano contribuire anche i proprietari di vetture elettriche alla manutenzione e allo sviluppo della rete stradale». A differenza di Storni, però, ritiene che la raccolta dei chilometri percorsi sia particolarmente complicata. «E forse anche più cara». L’ACS valuterà a fondo le due varianti del Consiglio federale, ci spiega ancora Gianini, secondo cui entrambe pongono delle sfide. Sia in termini di sicurezza della taratura (per le colonnine), sia per la questione dei dati e dei geodati (per i dispositivi di rilevamento dei chilometri). C’è poi un altro aspetto. Nell’autodichiarazione per il chilometraggio, ci sarà un forfait per i km percorsi all’estero. «Nei cantoni periferici come il Ticino, i chilometri percorsi all’estero sono forse più frequenti di chi vive nella Svizzera centrale. Potrebbe dunque esserci disparità di trattamento», aggiunge Gianini.
Auto-Svizzera non ci sta
C’è però anche ci respinge in blocco entrambe le varianti. È il caso di Auto-Svizzera, Per l’associazione degli importatori «le varianti presentate rendono la mobilità ancora più costosa e frenano quella elettrica. Anziché promuovere la transizione verso l’elettromobilità, la Svizzera mette a rischio il raggiungimento dei propri obiettivi climatici».