Svizzera, successo diplomatico: USA e Cina trattano a Ginevra

I primi colloqui ufficiali tra gli Stati Uniti e la Cina sull’allarmante nodo dei dazi commerciali tra i due Paesi si svolgeranno in Svizzera. Una notizia sorprendente almeno per due motivi: il primo, evidentemente, è che le due superpotenze si sono accordate per aprire un tavolo di dialogo inviando delegazioni di altissimo livello, che comprendono il Segretario al Tesoro americano Scott Bessent e il vicepremier cinese He Lifeng. Il secondo, appunto, è che l’inizio di queste trattative si terrà nel fine settimana nella Confederazione, a Ginevra. Dopo mesi di polemiche e venti di crisi per la diplomazia rossocrociata, ecco quindi arrivare per Berna un successo pieno sul fronte delle relazioni internazionali. Ma c’è di più, perché le discussioni fra americani e cinesi non vedranno la Svizzera nel «semplice» ruolo di chi sa offrire piattaforme di dialogo: il Consiglio federale potrà discutere direttamente con Washington sui dazi (ora sospesi) che Donald Trump ha imposto al nostro Paese.
Missioni di successo
Insomma, una vittoria su tutta la linea per la Svizzera e per la sua presidente, Karin Keller-Sutter. Come sottolinea, raggiunta a Palazzo federale, lei stessa: l’incontro fra Stati Uniti e Cina «è certamente positivo, abbiamo sempre offerto buoni servizi. Il summit, ad ogni modo, è di esclusiva competenza dei due Paesi, anche per quanto riguarda i contenuti. La Svizzera funge semplicemente da sede. Tuttavia, la conferenza ci dà l’opportunità di approfondire le discussioni con gli Stati Uniti». Dall’introduzione dei dazi decisa da Trump, la Confederazione si è prodigata a cercare una possibile soluzione. A fine aprile, Keller-Sutter e Guy Parmelin si erano recati negli Stati Uniti, dove avevano incontrato il segretario del Tesoro Scott Bessent. Uno scambio definito «positivo». Prima di quel colloquio, però, c’è stata l’ormai «famosa» telefonata di Keller-Sutter al presidente americano, che di lì a poco avrebbe sospeso i dazi per tutti (tranne che per la Cina). «Quella telefonata ha aperto un po’ le porte, anche al Dipartimento del Tesoro che è responsabile delle discussioni e dei negoziati per quel che riguarda i dazi», racconta ancora la «ministra» delle Finanze. Sull’incontro USA-Cina in Svizzera, un peso lo ha avuto anche il viaggio del «ministro» degli Esteri Ignazio Cassis in Cina avvenuto due settimane fa.
Arrivati a questo punto, per la Svizzera è forse giunto il momento di concretizzare un accordo con Washington sulle barriere commerciali «congelate», anche perché l’incontro con la Confederazione – come ha sottolineato Keller-Sutter – è stato chiesto da parte statunitense. Siamo dunque vicini a un’intesa? «L’idea è quella di continuare le discussioni che abbiamo iniziato negli Stati Uniti» qualche settimana fa, rileva la presidente della Confederazione. «Vogliamo concordare una dichiarazione d’intenti con gli americani e sicuramente l’incontro sarà l’occasione per discutere i punti chiave». La consigliera federale è fiduciosa che si possa trovare una buona soluzione per la Svizzera entro i 90 giorni di sospensione concessi da Trump prima dell’introduzione dei dazi. «Un accordo rapido senza alcuna tariffa doganale sarebbe il caso migliore», sottolinea ancora Keller-Sutter. «Ora vedremo come andrà» questo incontro. «Dopotutto abbiamo già ottenuto di far parte del gruppo di quei 15 Paesi con i quali per gli USA è prioritario trovare una soluzione. Sono in corso negoziati con India, Corea del Sud, Giappone e, a quanto sembra, ora c’è anche un interesse dell’amministrazione americana per i colloqui con la Svizzera. Anche il ministro delle finanze di Washington me lo ha assicurato: vogliono essere coinvolti per trovare una soluzione con la Confederazione».
Il punto di vista dell’esperto
Al di là dell’indubbio successo diplomatico, la questione dell’incontro USA-Cina a Ginevra potrebbe segnare il ritorno della Svizzera nello storico ruolo di mediatrice. Un ruolo, come detto, messo in discussione più volte negli ultimi anni dopo l’emergere di altri Stati capaci di tutelare gli interessi delle potenze mondiali, come ad esempio il Qatar. Ma è davvero così? «Al momento, mi sembra troppo presto per sostenere che la Confederazione stia tornando a essere un attore importante nelle relazioni internazionali», spiega a questo proposito René Schwok, professore di Scienze politiche e relazioni internazionali all’Università di Ginevra. Insomma, è presto per mettere le mani avanti. Anche perché va fatto un distinguo. «La Svizzera tradizionalmente si è distinta su questioni umanitarie e politiche, in questo caso si tratta di un’intermediazione su questioni economiche internazionali», evidenzia l’esperto. A fare la differenza, in questo caso specifico, sono il peso economico e finanziario della Svizzera e la sua rete di conoscenze in questi settori, osserva ancora Schwok. Non va altresì dimenticato che dei colloqui USA-Cina sui dazi ne beneficerà direttamente anche Berna, che potrà disporre di un canale di dialogo privilegiato con Washington. «Per dirla tutta, quando la Svizzera interviene su questioni umanitarie, relative ai rifugiati o sul tema del nucleare iraniano non ne trae dei benefici diretti per se stessa», annota il professore. «In questo caso sembrerebbe proprio il contrario». Al netto di aver saputo offrire buoni uffici, infatti, con questa operazione «la Confederazione sta mantenendo o addirittura migliorando la sua linea di comunicazione con gli Stati Uniti e, forse, anche con la Cina».
Sullo sfondo di tutta questa operazione c’è però Karin Keller-Sutter. Una figura politica che si sta imponendo sempre più non solo a livello nazionale, ma anche internazionale. «L’intermediazione fra Stati Uniti e Cina, ma anche fra Stati Uniti e Svizzera, consacra Keller-Sutter», rileva Schwok. «Non è né ministra degli Esteri né ministra dell’Economia, ma ‘‘solo’’ delle Finanze. Eppure, sembra essere lei a tenere il coltello dalla parte del manico». Il fatto che quest’anno sia presidente della Confederazione potrebbe giocare un ruolo «quando si tratta di incontrare presidenti o primi ministri di altri Stati. In questo caso, però, Keller-Sutter incontrerà due ‘‘semplici’’ ministri. Quindi, anche se non ho le prove, ciò sembra dimostrare che abbia un peso politico e un talento diplomatico superiori a quello di alcuni suoi colleghi di Governo...».
Il vertice
L’annuncio dell’incontro a Ginevra fra Stati Uniti e Cina, arrivato martedì notte, segna il primo passo di una possibile «de-escalation» nelle tesissime relazioni commerciali fra i due Paesi. A incontrarsi in Svizzera saranno due delegazioni di altissimo livello, capitanate da un lato dal Segretario al Tesoro americano Scott Bessent, dall’altro dal vicepremier cinese He Lifeng (uno dei negoziatori più quotati del Paese asiatico). Dettaglio non irrilevante, visti i delicati equilibri in gioco: Pechino ha tenuto a far sapere che il summit «è stato organizzato su richiesta degli Stati Uniti». Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian ha infatti riferito che Washington ha di recente «espresso la disponibilità a negoziare», sottolineando che «l’opposizione della Cina all’imposizione arbitraria di dazi resta invariata. Abbiamo affermato in numerose occasioni che la Cina è aperta al dialogo, a patto che sia basato su uguaglianza e rispetto reciproco». «Qualsiasi forma di pressione o di coercizione non funzionerà con la Cina», ha ribadito Lin che, in merito a una domanda sulle recenti dichiarazioni americane secondo cui Pechino non sarebbe in grado di sopportare la pressione di dazi elevati, ha replicato che «nessuno shock esterno può modificare i fondamentali dell’economia cinese, che vanta solide basi, numerosi vantaggi, una forte resilienza e un grande potenziale», né incidere sullo slancio dei progressi del Dragone «nello sviluppo di alta qualità». La Cina «ha una forte capacità di resistere alle pressioni e ha misure sufficienti per salvaguardare i propri diritti e interessi legittimi», ha proseguito il portavoce. La Cina è inoltre disposta «a unirsi e coordinarsi con la comunità internazionale per resistere in modo congiunto all’unilateralismo, al protezionismo e alle pressioni economiche»: lo scopo è mantenere «il sistema commerciale multilaterale e difendere l’equità e la giustizia internazionale».
Da parte sua, Bessent ha fatto sapere in un comunicato di attendere «con ansia discussioni produttive con l’obiettivo di riequilibrare il sistema economico internazionale per servire meglio gli interessi degli Stati Uniti». In aprile, il presidente USA Donald Trump aveva imposto dazi doganali fino al 145% sulle importazioni di prodotti cinesi; Pechino aveva immediatamente replicato alzando la barriera commerciale al 125% su molti prodotti made in USA.