Svizzera-UE, accordo a soqquadro

Le congetture apparse negli scorsi giorni sui media si sono verificate: il Consiglio federale ha deciso oggi di non firmare la bozza di accordo istituzionale con l’UE, nel frattempo informata di questa posizione. Troppo grandi le divergenze tra le parti su alcuni punti dell’intesa, stando al governo.
L’Esecutivo, precisa una nota odierna, crede tuttavia che sia nell’interesse della Svizzera e dell’UE salvaguardare la collaudata via bilaterale e portare avanti con convinzione gli accordi esistenti. Per questo motivo intende avviare un dialogo politico con l’UE sul proseguimento della collaborazione.
Contemporaneamente ha incaricato il Dipartimento di giustizia e polizia (DFGP) di esaminare in che modo si potrebbero stabilizzare le relazioni bilaterali attraverso eventuali adeguamenti autonomi della legislazione nazionale.
Anche senza un accordo istituzionale, indica l’esecutivo, la Svizzera rimane un partner affidabile e impegnato dell’UE. A tale riguardo, per quanto riguarda il secondo contributo elvetico al fondo di coesione europeo - 1,3 miliardi di franchi su dieci anni - «il Consiglio federale si adopererà affinché il Parlamento sblocchi al più presto i fondi e si giunga rapidamente a una finalizzazione del memorandum d’intesa con l’UE».
I punti di attrito
I colloqui con Bruxelles non hanno permesso di trovare le soluzioni di cui la Svizzera aveva bisogno nei settori della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE, della protezione dei salari e degli aiuti di Stato. In particolare per quanto riguarda la protezione dei salari e la citata direttiva permangono divergenze sostanziali.
Tali aspetti «rappresentano interessi essenziali per la Svizzera», scrive il governo. Senza le correzioni auspicate, infatti, non sarebbe soprattutto garantita l’azione di tutela delle misure di accompagnamento attualmente in vigore.
Libera circolazione
Nel caso di un eventuale recepimento della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE nell’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC), Berna voleva che venissero «esplicitamente stabilite alcune eccezioni»; senza tali eccezioni, c’è il rischio che i diritti delle persone che beneficiano della ALC siano estesi, con possibili ripercussioni anche sui costi dell’assistenza sociale. Il recepimento integrale equivarrebbe di fatto «a un cambio di paradigma nella politica migratoria, che gode di ampia accettazione tra la popolazione e i Cantoni».
Sette anni di negoziati
La decisione di non firmare l’Accordo istituzionale segna la fine di un processo negoziale durato sette anni. Il Consiglio federale è consapevole del fatto che la mancata conclusione dell’Accordo porterà con sé anche effetti negativi, come ha già più volte comunicato.
L’UE ha per esempio dichiarato varie volte di non essere disposta a concludere nuovi accordi di accesso al mercato in mancanza di un accordo istituzionale.
Non interrompere il dialogo
L’Esecutivo crede tuttavia che sia nell’interesse di tutti che gli accordi esistenti (come quello relativo agli ostacoli tecnici al commercio, per quanto riguarda i dispositivi medici) continuino a essere aggiornati e che non vengano stabiliti collegamenti politici che coinvolgano, per esempio, la cooperazione nel campo della ricerca o l’equivalenza delle borse. Conta inoltre sul fatto che non sia accantonata la cooperazione in ambiti collaudati, come quelli della sanità e dell’elettricità.
L’Esecutivo intende inoltre mantenere e - qualora sia possibile e risponda al reciproco interesse - ampliare il partenariato con l’UE tramite i trattati bilaterali. Propone quindi all’UE di avviare un dialogo politico al fine di sviluppare e attuare un’agenda condivisa sulla futura collaborazione e punta a cercare di risolvere insieme problemi specifici, garantendo così l’applicazione quanto più fluida possibile degli accordi esistenti.
L'UE si rammarica per lo stop di Berna
«Ci rammarichiamo della decisione del governo svizzero visti i progressi compiuti negli ultimi anni per trasformare in realtà l’accordo quadro istituzionale»: lo scrive la Commissione europea in una nota dopo la decisione comunicata dalla Svizzera di terminare unilateralmente i negoziati.
L’accordo, sottolinea la Commissione, era concepito come «il fondamento» per migliorare e sviluppare le relazioni Ue-Svizzera nel futuro: il suo scopo principale era «assicurare che chiunque operi nel mercato unico, cui la Svizzera ha accesso in misura significativa, affronti le medesime condizioni. È una questione di equità e di certezza giuridica.
Avere accesso privilegiato al mercato unico significa rispettare le stesse regole e i medesimi obblighi», spiega Bruxelles, ricordando che per questo, nel 2019, l’Ue ha insistito per rendere l’accordo quadro istituzionale «essenziale per la conclusione di possibili accordi futuri sull’ulteriore partecipazione della Svizzera al mercato unico». Questo accordo «avrebbe consentito un consolidamento dell’approccio bilaterale e garantito la sua sostenibilità e ulteriore sviluppo».
Ora, precisa la Commissione, «senza questo accordo, questa modernizzazione delle nostre relazioni non sarà possibile e i nostri accordi bilaterali invecchieranno inevitabilmente. Sono passati 50 anni dall’entrata in vigore dell’Accordo di libero scambio, 20 anni dagli accordi bilaterali I e II. Già oggi non sono al passo con ciò che dovrebbero e potrebbero essere le relazioni Ue e Svizzera».
Le reazioni dei partiti
PLR deluso e preoccupato
Delusione e preoccupazione. Questi i sentimenti dominanti in casa PLR dopo l’annuncio odierno del Consiglio federale, che ha deciso di non firmare la bozza di accordo istituzionale con l’UE. Stando ai liberali-radicali, il governo deve ora far sapere come intende continuare le relazioni bilaterali con Bruxelles.
L’esecutivo non è stato in grado di trattare al meglio questo dossier così importante, deplora il partito in una nota. Dal canto suo, l’Unione europea «non è riuscita a tener conto degli interessi della Svizzera».
Numerosi attori, fra cui i sindacati, si sono aggrappati alle loro esigenze massime e sono responsabili del fallimento dei negoziati. L’assenza di una soluzione percorribile mette adesso in pericolo la sicurezza degli impieghi nel nostro Paese, avverte il PLR. A medio e lungo termine infatti la Svizzera perderà gran parte della sua attrattiva, si dice convinto.
Per il partito tutto deve essere fatto per limitare le conseguenze negative legate alla non conclusione dell’accordo quadro. È compito del Consiglio federale presentare il più rapidamente possibile proposte serie così da assicurare la prosperità della Confederazione, viene sottolineato nel comunicato.
Verdi, decisione irresponsabile e codarda
Interrompere le trattative legate all’accordo quadro è una decisione «irresponsabile, codarda e sbagliata». Non usano giri di parole i Verdi nel commentare lo stop comunicato oggi dal governo ai negoziati con Bruxelles, parlando di ripercussioni considerevoli per l’Ue ma soprattutto per la Svizzera.
Stando al partito, il tentativo del Consiglio federale di indebolire la protezione dei salari svizzeri in favore dell’accordo istituzionale si è rivelato uno sbaglio strategico fatale. Comunicando in modo insufficiente, non rispondendo con chiarezza alle domande aperte e fallendo nell’analizzare in profondità l’intesa, l’esecutivo ha lasciato campo aperto alle forze euroscettiche, accusano gli ecologisti in una nota.
I Verdi invitano ora governo e parlamento a «inviare senza tardare segnali di distensione all’Ue e a intraprendere iniziative pragmatiche e concrete per stabilizzare e consolidare la cooperazione». La Svizzera deve inoltre sbloccare immediatamente il contributo di coesione, in quanto mira a ridurre le disuguaglianze socio-economiche in Europa.
PS: Cassis colpevole, adesione all’UE non è tabù
Il deprecabile fallimento delle trattative sull’accordo quadro con l’Ue è principalmente da imputare al ministro degli affari esteri Ignazio Cassis. Lo dice il Partito socialista, secondo cui adesso tutte le forze costruttive devono lavorare assieme su una politica europea che offra prospettive. Neanche l’adesione all’Ue deve essere un tabù, viene indicato in un comunicato.
Il PS si lamenta del fatto che il Consiglio federale non abbia esaminato seriamente altre vie nei negoziati, tra cui quelle che lo stesso partito aveva proposto. Per il co-presidente dello schieramento, Cédric Wermuth, l’accordo è saltato a causa di un eccesso di fiducia da parte di Cassis.
Nonostante un inevitabile malcontento temporaneo, il PS non vede alcuna ragione per le due parti di mettere in dubbio la buona volontà e la necessità di relazioni strette sull’asse Berna-Bruxelles. Stando ai socialisti, per la Svizzera la migliore opzione a medio termine comunque resta quella di entrare a far parte dell’Unione europea.
Nell’immediato, prosegue il PS, gli sforzi vanno concentrati nel cercare di permettere alla Svizzera di partecipare ai programmi di cooperazione dell’Ue, come Horizon o Erasmus. Inoltre, aggiunge, citato nella nota, il presidente del gruppo parlamentare Roger Nordmann, la Confederazione deve aumentare in maniera sostanziosa il suo contributo ai fondi di coesione per i Paesi dell’est.
Esulta l’UDC
L’UDC esulta per lo stop ai negoziati nell’ambito dell’accordo quadro reso noto oggi dal Consiglio federale. Il primo partito svizzero si dice contento di constatare che decenni di lotta hanno dato i loro frutti, parlando di vittoria per la democrazia diretta e per il popolo.
L’accordo istituzionale con l’Ue avrebbe significato una perdita massiccia di sovranità per la Svizzera, afferma il partito. Grazie agli sforzi dell’UDC però il documento non è più sul tavolo, dichiara, citato in un comunicato, il presidente Marco Chiesa. Con questa decisione il popolo svizzero resta il legislatore supremo e non l’Ue, ma per l’UDC in futuro bisognerà vegliare per impedire che il governo commetta gli stessi errori in fase di trattativa. Non ci può essere accordo se la Svizzera si deve sottomettere al diritto europeo, si puntualizza nella nota. Contrariamente ad altre forze politiche, l’UDC non vuole facilitare il versamento del miliardo di coesione. Tale contributo non va sbloccato finché da Bruxelles si discriminerà la Svizzera, reclama il partito, sottolineando come l’Ue esporti più beni verso la Confederazione che viceversa.
Centro, pronti ad assumerci responsabilità
Il Centro è pronto ad assumersi le sue responsabilità per sviluppare in tempi brevi soluzioni percorribili per i settori interessati e una prospettiva per le relazioni bilaterali Svizzera-Ue. Questo il commento del partito allo stop ai negoziati sull’accordo quadro, del quale «prende atto».
Si tratta di rafforzare di nuovo il partenariato sociale, che è stato «inutilmente destabilizzato», scrive il Centro nella sua nota in reazione all’annuncio odierno del governo. «Bisogna continuare sulla via bilaterale, ma non a qualsiasi prezzo», insiste lo schieramento.
Secondo il partito, la Svizzera deve ora esaminare quali sono le basi giuridiche che può adattare in maniera autonoma così da ridurre le differenze che sono apparse nel confronto con il diritto europeo. «In questo modo potremo dapprima stabilizzare le relazioni con l’Ue e poi sviluppare la via bilaterale».