«Troppo emotivi, gli appenzellesi»

È il 29 aprile 1990. Giorno importante ad Appenzello. Il paese è infatti gremito di gente. Visitatori sono giunti da ogni dove. La 14.enne Beatrice Gmünder si reca alla Landsgemeindeplatz, la piazza dell’assemblea popolare, dove chi ne ha diritto si raduna per esprimersi per alzata di mano, come qui vuole tradizione. Ci va con Christian. I due sono grandi amici, ma il tema della giornata li divide. Gli uomini stanno nuovamente per prendere una decisione sul diritto di voto alle donne. Lei è favorevole; lui no: i due ragazzi finiscono per litigare e si dividono. Alla fine è Beatrice a incassare la sconfitta: la Landsgemeinde sceglie per la terza volta di non concedere alle donne il diritto di partecipare alla vita politica. La soddisfazione arriverà a novembre di quell’anno, quando sarà il Tribunale federale a intervenire e Appenzello interno sarà obbligato a estendere immediatamente il diritto di suffragio alle sue cittadine. Beatrice, che oggi ha 45 anni, si definisce una donna emancipata. Alla premiata giornalista radiofonica non piace però il modo in cui si dipingono gli uomini contrari al suffragio femminile di allora. Tutti burberi e misogeni? No, ha recentemente affermato nel suo servizio «Tutti bifolchi, questi appenzellesi», messo in onda da SRF.
Paura per la Landsgemeinde
«La Landsgemeinde, con tutta la sua cerimonia, è un evento dalla forte carica emotiva». Beatrice Gmünder parla per esperienza personale. Si discute e si vota mettendoci la faccia. Qualcuno fra i contrari era sicuramente mosso da mancanza di rispetto per il sesso femminile, ma per la giornalista c’era di mezzo soprattutto la paura di perdere le tradizioni locali. «Infatti altrove, come nei semicantoni di Nidvaldo e Obvaldo, la Landsgemeinde si è dovuta abbandonare in seguito al sì al voto alle donne del ‘71». Cosa successa fra il 1996 e il 1998. Lo spazio ad Appenzello sarebbe bastato se a parteciparvi fosse stata tutta la popolazione maggiorenne? Nessuno voleva perdere questo rituale della democrazia diretta, nemmeno se voleva dire discriminare una buona parte degli abitanti. Ma ad essersi innescata - Gmünder ne è convinta - sarebbe stata anche una «reazione di ribellione alle forti pressioni esterne a concedere finalmente il suffragio alle donne». Ma pressioni giungevano anche dall’interno, controbattiamo. «Sì, ma mai aggressivamente. Proprio per non inasprire ancora di più il dibattito e inimicarsi ulteriormente il fronte del no».

Orgoglio e orecchini
Eh sì, orgoglio e senso di riverenza verso l’autodeterminazione in quest’angolo di Svizzera sono tanto tipici quanto gli orecchini ai lobi degli uomini. E anche Beatrice Gmünder, sotto sotto, ammette di aver ereditato questi tratti caratteriali. «Se Appenzello interno viene additato come l’alunno indisciplinato, allora lo stesso discorso va fatto per la Svizzera tutta, che ha dato il voto alle donne solo due decenni prima. Cosa sono 20 anni nel corso della storia?», aggiunge.
Fra le figure principali della lotta per il suffragio femminile appenzellese figura Theresia Rohner. È stata lei, con vari ricorsi, a fare aprire la causa presso il Tribunale federale che si è conclusa nel 1990 con l'introduzione del suffragio femminile. Sforzi che le sono costate minacce e molestie, finendo per dover richiedere protezione dalla polizia. Ritiratasi dalla cosa pubblica, in passato ha descritto il periodo in cui giunse la sua schiacciante vittoria giuridica come il peggiore della sua vita. Come inserire questi elementi nella logica appenzellese illustrata dalla nostra interlocutrice? Chi rese la vita di Theresia Rohner un inferno «fu un idiota», afferma la giornalista. C’è poco da discutere.
«Non sanno cosa passasse loro per la testa. E ci credo»
Molti di quelli che votarono contro il suffragio femminile oggi se ne pentono, ci dice ancora. «Non in pochi dicono di non sapere cosa all’epoca passasse loro per la testa. E ci credo». Gli uomini, conclude Beatrice Gmünder, erano semplicemente troppo coinvolti emotivamente per votare con la ragione e non con la pancia. Forse la mentalità di questi luoghi e la magia della Landsgemeinde, con le sue liturgie e le emozioni che dà a chi la vive, restano un mistero per chi viene da fuori. Un po’ come la ricetta dell’Appenzeller.
Dopo la loro litigata, quella domenica del 1990, Beatrice e Christian, oggi ancora in contatto, fecero presto pace. «Oggi le ragioni di quel bisticcio ci sembrano incredibili». Anche a noi.