Un anno d’oro per Ginevra con «dividendi» per tutti

Ginevra incassa un surplus di quasi 1,4 miliardi di franchi e si colloca fuori dall’emotività e dalle fibrillazioni che dominano il mondo. Per il terzo anno consecutivo il Cantone macina utili e blinda i conti pubblici. Ma il 2023 è stato un anno da record, il più proficuo in assoluto. Con un avanzo così ampio, il Consiglio di Stato riesce nella miracolosa trinità di proporre un taglio delle tasse per il ceto medio, la riduzione del debito pubblico e l’autofinanziamento di tutti gli investimenti.
Alla base di questo allineamento perfetto ci sono i risultati straordinari del trading di materie prime, fra cui i profitti in forte crescita di giganti come Cargill, Trafigura, Gunvor, Vitol e in parte dei russi Rosneft e Litasco, malgrado le sanzioni internazionali. Da anni Ginevra è la capitale mondiale del settore, in competizione con Londra. Anche l’industria orologiera, e con essa quella del lusso, ha fatto il pieno di liquidità, contribuendo all’avanzo record delle entrate fiscali. Non da ultimo è stato determinante il ritrovato dinamismo del settore finanziario, con gli istituti bancari in rimonta dopo aver archiviato, o quasi, il tracollo di Credit Suisse.
Abbonamento per i giovani
Sull’onda dell’entusiasmo, il Governo cantonale ha deciso di offrire un abbonamento gratuito per i trasporti pubblici ai giovani fino a 24 anni. «Assieme agli sgravi fiscali per il ceto medio, è anch’esso un modo per restituire parte degli ottimi risultati fiscali alla popolazione», commenta il ministro verde Antonio Hodgers, presidente del Consiglio di Stato.
Ma la priorità in questo momento va alle pensioni dei dipendenti statali. Negli ultimi anni la cassa cantonale è stata ricapitalizzata a suon di miliardi per via del calo del rendimento degli investimenti e dell’invecchiamento della popolazione. La situazione finanziaria è così grave da destinare l’intero surplus del 2023 all’ammortamento della ricapitalizzazione. Sarà il Gran Consiglio a formalizzare la copertura finanziaria. La misura permette di ridurre le spese dello Stato di 40 milioni di franchi l’anno.
Meno debito pubblico
In questo modo si abbatte anche parte dell’oneroso debito pubblico, il più alto fra i cantoni elvetici. Diminuisce in un solo anno di 884 milioni, attestandosi a 10,6 miliardi. Nel 2006 superava i 13 miliardi, penalizzando gli investimenti. Da allora, i governi ginevrini si sono impegnati ad alleggerirne il peso. Eccetto nel biennio 2020-2021 contrassegnato dalle spese per far fronte alla pandemia, sono riusciti nel loro intento. Da oggi si potrà guardare « con serenità » al futuro del cantone: parola della ministra PLR delle Finanze, Nathalie Fontanet. L’unica conseguenza «negativa», sottolinea la stampa ginevrina, consiste nella maggiore partecipazione di Ginevra alla perequazione intercantonale.
Una fragilità
Permane una fragilità: l’87,2% delle imposte sugli utili sono versate dall’1% delle imprese, pari a 919 milioni nel 2020, ultimo dato statistico. Oltre il 63% delle società non ha versato alcun contributo. «La piramide fiscale rimane fragile », avverte Nathalie Fontanet. Ed è sempre il solito striminzito 1% delle aziende ginevrine a essere tassato sul capitale, generando un gettito di 307 milioni, ossia l’86% del prelievo totale in questo comparto. Insomma le casse pubbliche a Ginevra vengono riempite da un numero ristretto di imprese.
Accentuata dipendenza
La questione è al centro del dibattito politico, i fondamentali dell’economia ginevrina sono solidi, ma il punto di forza riposa sulla salute finanziaria di una sparuta pattuglia di aziende spesso multinazionali. Negli anni la dipendenza dai giganti del trading, del lusso e della finanza si è accentuata, e con essa la tensione fra le formazioni politiche di destra e di sinistra. Fatta salva la volontà di mantenere le prestazioni pubbliche, il Cantone è diviso sull’imposizione delle grandi imprese. La sinistra richiede una tassazione più forte, la destra mette in guardia sul pericolo di delocalizzazione dei big dell’economia e della finanza, quale conseguenza di una fiscalità aggressiva nei loro confronti.
Abbassare l’onere fiscale
I prossimi passaggi legislativi si concentrano sugli sgravi fiscali a favore del ceto medio. Il Governo propone che l’alleggerimento delle imposte includa anche le coppie con un reddito imponibile fino a 410 mila franchi. Alcuni nei ranghi della sinistra arricciano il naso, l’asticella è troppo alta. Si prevedono proteste in Gran Consiglio.
Ma più di tutto il risultato record del 2023 fa riemergere la spinosa questione delle previsioni fiscali. A fine anno, alla vigilia di Natale, come avviene negli altri Cantoni, i deputati ginevrini si affrontano sulla legge di bilancio, con la destra che chiude alle proposte della sinistra di aumentare le spese per le prestazioni sociali e i sussidi. Adesso la stessa sinistra, che ingoia il rospo per il terzo anno consecutivo, chiede di fare chiarezza sull’intreccio fra previsioni, stime conservative e risultati record.
Il fenomeno riguarda gli ultimi venticinque esercizi contabili, in cui la prudenza è stata predominante, con la nota eccezione del 2003, anno in cui l’aumento previsto delle entrate di oltre il 10% è stato disatteso dall’economia reale. Il dato è il frutto di uno studio costante dell’IDHEAP, l’Istituto di studi in amministrazione pubblica, con sede a Losanna. Da anni la raccomandazione è di rendere il sistema più efficace a Ginevra. Il problema si pone anche in altri cantoni. Il Canton Ticino ha fin qui mostrato una certa ponderazione nelle stime fiscali, se si guarda alle tabelle dell’IDHEAP. In cui si osserva, come a Ginevra, un unico anno in cui è prevalso l’ottimismo in materia fiscale. Era il 2020, e nessuno aveva previsto la pandemia.