Un pilastro con molte crepe
Le domande
1) Entro il 2026 il Governo deve presentare nuove proposte per il finanziamento dell’AVS. Secondo lei dove e in che modo si dovrebbe intervenire?
2) Nel 2024 si voterà sull’iniziativa dei giovani liberali per portare l’età di pensionamento a 66 anni e poi adeguarla alla speranza di vita. È d’accordo?
3) Si voterà anche sulla tredicesima AVS. È favorevole?
Beppe Savary-Borioli, Verdi-FA
1) Onde continuare a garantire la stabilità del primo pilastro ci vogliono nuove forme di finanziamento. Questi soldi supplementari vanno cercati dove si trovano in abbondanza: nelle stragrandi fortune. Se da queste preleviamo annualmente una tassa di un percento (1%!), la loro incessante crescita sarà soltanto leggermente diminuita, ma nelle casse dell’AVS entra un contributo importante.
2) Si può capire benissimo che questa sciagurata iniziativa viene dai giovani liberali, spesso rampolli di famiglie benestanti. Medico di famiglia e medico d’urgenza che sono da più di quarant’anni, vedo tutti i giorni donne e uomini che non ce lo fanno più nemmeno ad arrivare all’età del pensionamento attuale, tanto sono consumate e logorati dai duri lavori ai quali erano costretti durante decenni. Le donne spesso poi si trovano con un doppio lavoro, quello a salari spesso molto bassi e non di rado in condizioni precarie o addirittura su chiamata, associato al lavoro non rimunerato a casa, dove si occupano di mariti, bambini e genitori anziani. Questa esperienza nel mio lavoro viene confermata da importanti studi scientifici: la gente povera si ammala più spesso e ha un aspettativa di vita più bassa. Poco tempo fa abbiamo appreso che in Germania chi abita nei quartieri dei poveri rischia molto più spesso di beccarsi un cancro rispetto a chi abita nei quartieri dei ricchi. Riduciamo il tempo di lavoro settimanale - a pari salario - in primis per i mestieri duri e riduciamo il periodo lavorativo, altro che voler prolungarlo! Se aggiungiamo i giovani in cerca di lavoro, troviamo un ulteriore motivazione molto valida per le mie proposte medico-politiche. Come disse nel 1848 Rudolf Virchow, padre della patologia cellulare, eminente scienziato, deputato e «medico dei poveri»: «Medicina è politica in piccolo e politica è medicina in grande». Vale tuttora.
3) Certo che sono favorevole a una «tredicesima AVS». Non basta, ma nell’immediato è una boccata d’ossigeno che aiuta un po’ a tirare il fiato alle persone anziane che si trovano in prima fila delle vittime del deleterio aumento dei premi di cassa malati, del caro-prezzi e dell’inflazione. Se un numero importante, specialmente le donne anziane che non hanno un secondo e tantomeno un terzo pilastro, deve far capo alle prestazioni complementari, è ora di rinforzare massicciamente il primo pilastro del nostro sistema di previdenza, cioè l’AVS e le sue rendite ordinarie. Il secondo e il terzo pilastro, affaroni per casse pensioni e assicurazioni private, ma non per gli assicurati, vanno aboliti. Evviva una AVS forte!
Giorgio Fonio, Il Centro
1) L’AVS è il pilastro portante della previdenza vecchiaia e, di riflesso, un perno decisivo dell’intero sistema di sicurezza sociale. Preservarne la solidità finanziaria è perciò un imperativo incondizionato. Il progressivo deterioramento del rapporto tra lavoratori attivi e pensionati esigerà ulteriori sforzi di finanziamento. Lo scarto potrà essere meno consistente se l’economia, il numero di occupati e il livello dei salari avranno un decorso favorevole. Ciò nonostante permarrà comunque – come si prevede – il bisogno di ulteriori finanziamenti e si dovrà, a mio avviso, incrementare l’apporto della Confederazione. A ciò va aggiunto il tema del crescente tasso di denatalità che va contrastato attraverso l’adozione di misure che facilitino le famiglie nell’armonizzazione della vita privata e professionale. Per quanto riguarda l’IVA, è necessaria prudenza poiché essendo questa un’imposta indiretta, ricade in maniera più importante sulle classi più fragili.
2) È una proposta che non condivido. Da un lato poiché si è appena adottata la parificazione dell’età pensionabile tra uomini e donne, la cui attuazione è già diluita su più anni. Occorre in ogni caso permettere che la nuova situazione entri a regime e si consolidi, per misurarne gli effetti. Dall’altra poiché, in un mercato del lavoro sempre più diversificato, è meglio puntare verso soluzioni flessibili, lasciando alle persone – come è oggi possibile e come si può ulteriormente affinare – la possibilità di scegliere il momento e la modalità più adatta per uscire dall’attività lavorativa. Innalzando per tutti l’età pensionabile si finirebbe per penalizzare ingiustamente le persone che svolgono lavori logoranti, la cui durata media di vita oltre il pensionamento è già inferiore a quella delle altre categorie. Inoltre non va dimenticato che le donne lavoratrici che hanno anche una famiglia, ancora oggi sono chiamate a svolgere un doppio ruolo che è ben lontano dall’essere paritario rispetto a quello dell’uomo, e che di conseguenza sarebbero doppiamente penalizzate.
3) Dobbiamo ricordare che siamo entrati in una fase di riapparizione dell’inflazione che per motivi diversi tenderà a persistere. Siccome le rendite della previdenza professionale rimangono in gran parte invariate nel tempo, subiscono una forte erosione del rincaro. Sussiste perciò l’esigenza di potenziare almeno in parte il primo pilastro. Per scongiurare che una fascia crescente di persone al beneficio della pensione cada progressivamente in situazioni di disagio economico. La proposta di una 13. AVS mi vede perciò tendenzialmente favorevole poiché rientra nella preoccupazione di proteggere adeguatamente le generazioni uscite dal mercato del lavoro.
Alex Farinelli, PLR
1) Bisogna intervenire su più fronti per fare in modo che questo importante pilastro sociale non venga messo in crisi. Qualche cifra è importante conoscerla, innanzitutto va detto che oltre il 90% delle persone è beneficiaria netta, vale a dire che i contributi pagati nel corso della vita sono inferiori a quanto riceverà. Secondariamente la Confederazione già oggi finanzia il 20% delle uscite (circa 8 miliardi all’anno) e da ultimo il sistema delle prestazioni complementari tutela le persone che hanno una situazione economica fragile. Questo ci mostra quanto sia importante mantenere forte il patto intergenerazionale di questa assicurazione sociale, non andando però a caricare un peso enorme sulle giovani generazioni. Dal mio punto di vista l’AVS potrebbe essere stabilizzata andando a flessibilizzare l’età del pensionamento ed eventualmente agendo temporaneamente sull’IVA. Sappiamo infatti che verosimilmente andrà affrontata «un’ondata di pensionati» per i prossimi 25 anni che può essere anche in parte gestita con un aumento temporaneo delle entrate.
2) La speranza e la qualità di vita sono cresciute enormemente nel corso degli anni. In questo senso, secondo me, è corretto, come è stato fatto in tutti i Paesi europei, porsi il quesito di flessibilizzare il sistema. Sappiamo che il grosso problema nei prossimi decenni sarà la mancanza di manodopera in ogni settore (si stima che in Svizzera mancheranno circa 500 mila persone attive nei prossimi 10 anni, il 10% della forza lavoro). In questo senso un’età pensionabile flessibile, con i giusti incentivi per restare almeno parzialmente attivi, può essere una buona soluzione. In molti settori le persone potrebbero, se lo desiderano, rimanere attive professionalmente a percentuale ridotta avendo il vantaggio di non rischiare di cadere nel vortice dell’isolamento sociale.
3) Non sono favorevole in quanto sarebbe una misura a pioggia che andrebbe a favore di tutti, milionari e benestanti compresi. Un intervento quindi non mirato a fronte di una situazione dell’AVS già precaria. Accettare l’iniziativa significherebbe caricare ulteriori 5 miliardi di costi all’anno su questa assicurazione sociale. Ciò in uno scenario in cui già sappiamo che l’AVS si troverà con un deficit annuo di quasi 5 miliardi all’anno a partire dal 2032. Creare un sistema che produce un buco di quasi 10 miliardi di franchi annui non sarebbe né equo, né responsabile. Se si volesse finanziare questa aggiunta, con il problema di dover poi in ogni caso risanare il deficit previsto già nel sistema attuale a causa del milione di pensionati in più che avremo, si dovrebbe chiedere uno sforzo ai salariati (aumento dei contributi dello 0,8%) o a tutta la popolazione tramite l’IVA (aumento dell’1,1%).