Ticino

Tassa sul sacco, tutti (o quasi) in regola

Entro il 30 giugno i Comuni devono disporre di un regolamento sui rifiuti che rispetti il principio di causalità - Il punto della situazione, i colori dei sacchi e le tariffe previste
Presto i sacchi neri saranno un lontano ricordo. (Foto Reguzzi)
Massimo Solari
Paolo Galli
Red. Chiasso,Red. Locarno,Red. Lugano,Red. Bellinzona,Massimo SolariePaolo Galli
11.06.2019 10:12

LUGANO - Più che un fatto, è un ultimatum, quello in avvicinamento. Dal 1. luglio in avanti infatti tutti i Comuni ticinesi dovranno essere in regola in materia di finanziamento dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Detta in due parole: fuori i sacchi colorati, che quelli neri al massimo serviranno a imballare le vecchie scarpe da nascondere in cantina.

La data è nota da tempo, più precisamente dal giugno del 2017. Ci si è arrivati attraverso varie tappe, altre per qualcuno ne seguiranno. Sì, perché entro la fine del mese tutti dovranno aggiornare il proprio regolamento, seguendo le linee guida dettate dal Cantone, ma poi ci sarà ancora tempo fino al nuovo anno per affinare l’ordinanza e per porla in vigore dal 1. gennaio 2020. Ne sa qualcosa Lugano, il cui avvicinamento al traguardo è stato particolarmente laborioso. Una corsa fatta di scatti e controscatti, ma anche di scivoloni e capovolgimenti, di pause. Persino il rush finale non è stato privo di sorprese, con il ricorso di un cittadino che ha costretto il Consiglio comunale a bussare alla porta di Mister Prezzi e a tornare – sono fatti recenti – ad approvare l’introduzione della tassa, introduzione in realtà già approvata lo scorso dicembre.

La serenità dei momò

Se Lugano arriverà alla scadenza con il fiato corto, lo stesso non si può dire della maggior parte dei Comuni del Mendrisiotto, alcuni dei quali più che altro hanno dovuto agire con il bilancino, da farmacisti. Sì, perché è anche una questione di equilibri, il gioco tra tassa sul sacco e tassa base. Sia Mendrisio che Chiasso si sono allora dovuti adattare ai nuovi dettami, ma viaggiando in sensi opposti. Mentre la cittadina di confine – così come Balerna – ha dovuto abbassare il costo dei sacchi e alzare la quota base, il capoluogo del distretto ora deve affrontare la strada opposta, costretto a elevare il costo dei suoi sacchi e quindi a tagliare qualcosa dalla tassa base. Mario Briccola, dell’Ufficio tecnico, indica prudenza: «Vogliamo agire in modo sensato in rapporto a un obiettivo».

C’è chi pesa (e chi ruba) i sacchi

Su percorsi più selvaggi, rispetto ai coscienziosi momò, si erano da subito mossi sia Caslano che Vernate. Entrambi i Comuni avevano infatti scelto – e ora intendono mantenere – una via tutta loro, eppure prevista dalle direttive cantonali: un sistema a peso. Ogni volta che un cittadino va a buttare il proprio sacco, nero, paga un costo relativo al peso dello stesso. I contenitori interrati sono infatti dotati di bilancia. Insomma, voltatela come volete, rimane una questione di misure, di equilibri. Anche in questi ultimi casi – Caslano e Vernate –, occorre però un adattamento in base alla forchetta disegnata dal Cantone. Ne gioveranno le tasche dei consumatori, a quanto pare. A proposito di sacchi neri, a Maroggia le autorità erano state costrette a riproporli, perlomeno nei cestini pubblici, a seguito di alcuni furti nei giorni successivi all’introduzione di quelli ufficiali, di colore rosso.

La situazione nei 20 principali Comuni.
La situazione nei 20 principali Comuni.

I rotoli vanno a ruba

E se a Maroggia i sacchi erano stati rubati, a Locarno erano invece andati a ruba. Uno dei Comuni più reticenti – ricorderete il referendum del maggio 2003, con il 66% dei locarnesi contrari all’introduzione dei rifiuti tassati –, tornato poi sui suoi passi per evitare di continuare a subire il cosiddetto turismo del sacco, non appena introdotti i rotoli blu a inizio 2019, be’, ne è rimasto senza. «Introvabili», tuonavano i cittadini attraverso i social il 2 gennaio. «C’è stato un assalto», si difendeva il Municipio. Ammessi gli errori, emersi soprattutto in ambito logistico, era stato spostato di un mese l’obbligo di utilizzo dei nuovi sacchi. Successivamente, è poi stata la Sezione degli enti locali a individuare un secondo problema: l’illegalità del prelievo diversificato della tassa base previsto dal regolamento locarnese. Un nodo che l’Esecutivo ha subito affrontato. Il capo dicastero Bruno Buzzini: «Ora stiamo allestendo il messaggio relativo alla necessaria modifica del nuovo regolamento e presto sarà quindi sottoposto al Consiglio comunale». In generale comunque Locarno si dice soddisfatta dei primi risultati. «In questi mesi si è registrato un calo del 25 per cento dei rifiuti solidi urbani».

Un taglio con il passato

Restiamo nel Sopraceneri, in questo caso nel Bellinzonese, dove un solo Comune si è presentato alla volata senza la propria tassa sul sacco: Sant’Antonino. L’ente locale a sud di Bellinzona però è pronto, ci spiegano dalla Cancelleria, tant’è che una settimana fa il Legislativo ha approvato le modifiche del regolamento, che segneranno la fine di un progetto originale. Fin qui infatti ai residenti veniva consegnato all’inizio dell’anno un numero di sacchi (verdi) calcolato in funzione delle esigenze di ognuno. Sant’Antonino intende mantenere la distribuzione gratuita per le famiglie con neonati e per le persone con problemi di incontinenza. Le nuove disposizioni entreranno in vigore dal 1. gennaio del 2020, proprio come ad Ascona. «Abbiamo dovuto attendere di poter aprire il nuovo Ecocentro. Nella situazione precedente infatti non saremmo stati in grado di gestire l’aumento della raccolta separata», ha ammesso il sindaco, Luca Pissoglio. Ora vanno regolati i dettagli, così come a Gambarogno, altra località della regione dove la tassa non ha avuto una storia facile, tra referendum e votazioni popolari.

Promessi ribassi e pazienza

A Taverne-Torricella la questione era subito stata avvertita con un certo trasporto, forse anche per la presenza in Municipio di quel Francesco Ryf autore del documento avveniristico presentato dall’ALRA nel 1991 (vedi sotto). Ora però proprio lì regna il malumore: la tassa base è più alta rispetto alla media. Perché? È una questione tecnica. Il Comune aveva fissato tale tassa al fine di coprire interamente i costi effettivi della gestione dei rifiuti. Promessi comunque, con il tempo, ritocchi verso il basso. Promessa pazienza invece nella Bellinzona aggregata, che dallo scorso gennaio ha dettato l’utilizzo del sacco verde. Ebbene, per ora si vedono sacchi di tutti i colori. «Del resto avevamo detto che gli stessi potevano essere utilizzati fino a esaurimento», ha chiosato il capo dicastero Christian Paglia.

Gli albori, l'ALRA e una lunga serie di tormentoni

In Ticino si iniziò a parlare di tassa sul sacco soltanto negli anni Novanta. Passati i bagordi del decennio precedente, era come se si volesse mettere un po’ di ordine, iniziando a pensare in qualche modo anche al futuro. Una tassa può servire come strumento di politica ambientale? Questo il quesito posto dall’Associazione liberale radicale per l’ambiente (ALRA) in un documento allora redatto da Francesco Ryf. Era il mese di marzo del 1991. Il titolo: «Ambiente, nuove sfide degli anni ’90: l’applicazione di ecotasse sui rifiuti». Lo stesso Ryf spiegò: «Pur non essendo la panacea di tutti i mali, tale tassa risulta una misura moderna, praticabile: permetterebbe di impostare con un’ottica diversa il problema dello smaltimento dei rifiuti». Provò a dettare i tempi, almeno ai Comuni più grandi: da sei a dodici mesi. Non in molti risposero favorevolmente a tale proposta. La stessa popolazione ticinese sembrava riluttante. In un sondaggio condotto proprio dal Corriere del Ticino, alla domanda «Lei sarebbe d’accordo di introdurre una tassa ecologica sul sacco dei rifiuti proporzionale alla quantità?», la maggioranza votò per il no: 50,4% contro 48,9%. Una popolazione spaccata in due, più che altro.

Una tendenza, questa, che emerse in più Comuni anche negli anni a seguire. Persino a Chiasso, comune pilota – oltre San Gottardo pionieri furono gli argoviesi di Rheinfelden – Nella cittadina di confine, le prime discussioni vennero buttate sul tavolo già nel 1990, anche se poi il Municipio si pronunciò favorevolmente, una volta per tutte, nel 1992: si partirà nel 1994. Allora, sindaco era Fernando Pedrolini, mentre capo dicastero ambiente Gabriele Camponovo. I Comuni limitrofi guardarono alla misura con diversi umori, ma tutti con molta prudenza. Il tema faceva (e fa tuttora d’altronde) discutere. A Mendrisio, per esempio, l’allora omologo di Camponovo, Gabriele Padlina, si espose con scetticismo: «Facile pensare che chi non potrà pagare cercherà di eludere la tassazione, facendo il turista dei rifiuti, oppure separando anche ciò che non si deve, oppure ancora gettando il sacchetto dove capita». Non era il solo a pensarla così.

Seguirono discussioni ovunque, anche a Lugano, certo. Si diceva di una spaccatura diffusa. Ecco. A inizio marzo 1993, una prima votazione in Consiglio comunale fece emergere un clamoroso pareggio: 21 a 21 e seduta aggiornata. Una settimana dopo passò il sì (28 a 18, con 2 astensioni). La questione, come è noto, non si risolse in quella sessione. Lo stesso vale per Bellinzona. Nel maggio di quello stesso anno, la Commissione della gestione decise di non appoggiare la mozione proposta da Rocco Sansossio. Si temporeggiò: «Riteniamo opportuno attendere, sia l’esito delle esperienze fatte a Chiasso e a Lugano, sia le decisioni che prenderà il nostro Parlamento cantonale». L’esito, a Chiasso, fu subito incoraggiante. Al secondo giro di raccolta, venne sottolineato un ribasso del quantitativo di rifiuti e un aumento del riciclaggio di carta e vetro.

Un dato che in realtà non spinse le altre realtà cantonali – e neppure quelle romande, più refrattarie rispetto a quanto accadde in Svizzera tedesca – ad accelerare il passo. Men che meno Lugano, con la Lega in prima fila tra i contrari («Pronto il referendum», l’urlo di battaglia). Tira di qua, tira di là, in molti Comuni la tassa sul sacco non è mai davvero riuscita a spiccare il volo, al massimo si è ritrovata fuori dal cassetto per il tempo di una tavola rotonda, di un Consiglio comunale. I contrari insistevano: perché far pagare i cittadini che spingiamo a un comportamento virtuoso? I favorevoli rispondevano con quello che divenne un tormentone: chi inquina è giusto che paghi. Gli anni Novanta comunque si chiusero (nel 2001, in realtà) con il no del Parlamento.

LE TAPPE PRINCIPALI

Il 1997 e la legge federale

Tra il 1990 e il 1994 l’introduzione di una tassa sul sacco dei rifiuti viene proposta da alcuni atti parlamentari in Ticino. Una prima svolta decisiva giunge però da Berna nel giugno del 1997, quando il Parlamento nazionale approva una modifica della Legge federale sulla protezione dell’ambiente. Questa prevede che «i Cantoni provvedono affinché i costi di smaltimento dei rifiuti siano finanziati con emolumenti o altre tasse conformemente al principio di causalità».

Lo stop e il rilancio

Nel 1997 il Governo concretizza i principi di un’iniziativa PLR del 1994 che propone l’obbligo, per i Comuni, di prelevare una tassa sui sacchi dei rifiuti. Congelato sino al 2001, il messaggio viene poi respinto dal Parlamento. Nel 2009 il gruppo del PS rilancia con un’iniziativa denominata «Per l’introduzione della tassa sul sacco cantonale». Questa ricalca i contenuti del controprogetto – presentato due anni prima – all’iniziativa popolare contro la costruzione del termovalorizzatore di Giubiasco (iniziativa poi dichiarata irricevibile).

L’ok del Governo nel 2014

Nel luglio del 2014 il Governo presenta il messaggio sulla tassa sul sacco. Approvato all’unanimità dall’Esecutivo, il nuovo progetto prevede l’introduzione del principio di causalità per la copertura dei costi di smaltimento.

Il via libera del Parlamento

Nel novembre del 2016 il Parlamento approva il prelievo cantonale. Poche settimane dopo, una parte della Lega lancia il referendum. Vengono raccolte 7.750 firme, si va alle urne.

Il voto del 2017 e i termini

Il 21 maggio del 2017 il 58,1% dei ticinesi vota a favore dell’introduzione della tassa cantonale sul sacco. Il 10 novembre il Governo fissa tra 1 franco e 1,30 franchi la forchetta di riferimento per la tassa sul quantitativo (sul sacco o sul peso). I Comuni che non dispongono ancora di un regolamento sui rifiuti in linea con il diritto superiore oppure con degli importi della tassa causale che non permettono di rispettare la forchetta cantonale, hanno tempo sino al 30 giugno 2019 per adottare le necessarie modifiche normative. E ciò per permettere l’entrata in funzione delle relative ordinanze dal 1. gennaio 2020.