Tassa sulla salute, «ma così si violano gli accordi»

Se i sindacati non intendono darsi per vinti di fronte alla volontà della Regione Lombardia di applicare la cosiddetta «tassa sulla salute» a carico dei vecchi frontalieri, anche la politica vuole far sentire la propria voce. Non a caso, oggi, Giorgio Fonio, consigliere nazionale del Centro e segretario regionale del Mendrisiotto dell’OCST, ha presentato al Consiglio federale una domanda, a cui sarà data risposta lunedì prossimo.
«Lo scorso luglio - ricorda Fonio - Regione Lombardia ha annunciato l’imminente applicazione della tassa sanitaria, non in forma causale ma bensì impositiva (con un prelievo di almeno il 3% sul salario netto dei frontalieri) e dunque incompatibile con l’art. 9 dell’accordo bilaterale». Il consigliere nazionale chiede dunque al Consiglio federale se «intende intervenire subito presso le autorità italiane, così da evitare l’adozione della misura?». Attendere, sostiene Fonio, «significa infatti autorizzare l’Italia a ledere l’Accordo, con disagi anche per aziende e lavoratori». Si tratta, spiega Fonio al CdT, di «chiarire come il Consiglio federale intenda agire davanti alla possibile violazione da parte italiana dell’accordo. In questo senso, la risposta sarà importante in vista delle discussioni in atto su questo tema».
Del resto, tempo fa, a chiedere lumi sulla legittimità del provvedimento italiano era stato anche il consigliere agli Stati Fabio Regazzi (Centro), secondo il quale «la tassa sanitaria, non essendo causale, è assimilabile a un’imposta, risultando quindi in contrasto con l’articolo 9 dell’accordo fiscale sui frontalieri». Rispondendo all’interpellanza«Tassa sulla salute,si violano gli accordi», tuttavia, il Consiglio federale aveva chiarito che malgrado «a tutt’oggi manchino ancora numerosi dettagli in merito alla sua applicazione», il provvedimento potrebbe essere legale, a patto di essere impostato come «tassa causale».
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