Taylor Swift e il tycoon: quando l’intelligenza artificiale genera «fantasmi»
Com’era facilmente prevedibile, l’intelligenza artificiale (IA) ha fatto irruzione anche nella campagna elettorale americana. E in modo fragoroso. Alcune immagini create dall’IA sono servite a Donald Trump per simulare un endorsement della popstar Taylor Swift a suo favore. L’enorme popolarità della cantante e le circostanze nelle quali è stata utilizzata l’immagine hanno ovviamente suscitato subito grandi discussioni. E riaperto una questione sempre più attuale: come difendersi da questo genere di false notizie?
Il filosofo Stefano Moriggi insegna Cittadinanza digitale all’Università di Modena e Reggio Emilia e ha da poco pubblicato, con Mario Pireddu, L’intelligenza artificiale e i suoi fantasmi. Vivere e pensare con le reti generative (Il Margine). «Le intelligenze artificiali - dice Moriggi al CdT - hanno un potere generativo tale da sostenere narrazioni che possono sembrare, ed è il caso di Trump e Taylor Swift, verosimili e impossibili nello stesso tempo. Spesso mi invitano a dibattiti in cui mi viene chiesto di stendere elenchi dei rischi e delle opportunità dell’IA. La mia risposta è che rischi e opportunità sono la stessa cosa vista da due punti di vista diversi. Il bisturi può diventare un pericoloso coltello in mano a Jack the Ripper, ma è soprattutto uno strumento necessario per curare una malattia che minaccia il nostro corpo. È inutile avere paura dell’IA, meglio piuttosto restare vigili e continuare ad approfondire, a studiare».
La disinformazione, spiega ancora Moriggi, «ha una storia lunga. Coincide, di fatto, con quella dell’informazione, ed è parallela ad essa. La storia della disinformazione potrebbe essere ricostruita seguendo le evoluzioni dei media, alcuni dei quali hanno rappresentato momenti di svolta decisivi. Le macchine, chiamiamole così, sono qui per restare e non abbiamo alternative in tal senso. Non possiamo immaginare il mondo senza l’intelligenza artificiale: non perché siamo ottimisti ingenui o fanatici di un futuro postumano, ma perché senza IA, senza algoritmi e reti generative, non solo l’informazione, ma la società intera collasserebbero. In una società ormai digitalizzata, la mancata gestione della gigantesca mole di dati a nostra disposizione causerebbe infatti uno tsunami».
I «fantasmi» di un’IA che prende il potere e sostituisce l’uomo non agitano il sonno del filosofo milanese, il quale sottolinea invece la sempre più decisiva necessità di «conoscere il funzionamento di questi strumenti, sapere cioè cosa possono e cosa non possono ancora fare». Serve insomma una «cultura delle tecnologie. Come accennavo prima, le macchine sono qui per restare, evolvono insieme a noi, e uso la parola evoluzione in senso neutro, cioè al di là del bene e del male. Si sta plasmando, si sta generando una nuova ontologia, un mondo fatto diversamente, dentro il quale dobbiamo imparare a vivere. Prima di cedere a certi fantasmi, proviamo a leggere di più, a studiare di più, a informarci di più. Dando un nuovo senso a questo leggere, a questo vedere e ascoltare».
Torniamo a essere scettici, ma in senso «propositivo - conclude Stefano Moriggi - lo scetticismo può sembrare una brutta parola ma nell’antichità, e anche in epoche più recenti, era addirittura una scuola di filosofia. Ricominciamo a esercitare un dubbio metodico sui molti alfabeti della contemporaneità: su tutto quello che vediamo, su quello che leggiamo e su quello che ascoltiamo. Proviamo, insomma, ad acquisire uno scetticismo metodologico che ci renda vigili e attenti al dettaglio. E ci permetta di leggere correttamente la realtà, che non sempre è quella che appare. Senza per questo dare adito a nessun tipo di complottismo».