Bruxelles

Telelavoro per i frontalieri: prorogato il regime speciale

Lavorare da casa con percentuali superiori al 25 % sarà possibile fino al 30 giugno 2023 - L’Unione europea ha prolungato la norma introdotta durante la pandemia - Andrea Puglia (OCST): «Buona notizia per aziende e dipendenti»
©Chiara Zocchetti
Francesco Pellegrinelli
18.11.2022 21:43

I lavoratori frontalieri potranno lavorare da casa anche per percentuali di tempo superiori al 25%, senza correre il rischio che il loro status venga messo in discussione. L’Unione europea ha infatti deciso di prorogare fino al 30 giugno 2023 l’attuale regime speciale introdotto durante la pandemia.

Cosa cambia

Di norma, infatti, la quota di telelavoro autorizzata dalle normative europee non può superare il 24,99% del tempo di lavoro previsto dal contratto. Superata questa soglia, infatti, il frontaliere dovrebbe pagare in Italia i contributi pensionistici (l’INPS) e, a livello fiscale, parte del reddito da lavoro. «Per i lavoratori frontalieri e i datori di lavoro svizzeri si tratta di una buona notizia», commenta Andrea Puglia, responsabile del servizio Ufficio frontalieri del sindacato OCST. «Il telelavoro migliora la conciliabilità tra lavoro e vita privata, permette di risparmiare tempo e denaro sui viaggi, oltre a ridurre l’impatto ambientale.Per le aziende, invece, il telelavoro consente di ottimizzare gli spazi riducendo i costi di gestione sull’energia». La decisione dell’Unione europea è stata comunicata ieri dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS). Fino al 30 giugno 2023, dunque, sarà possibile lavorare da casa anche oltre la citata percentuale, «senza avere impatti di natura previdenziale, cioè senza il rischio di dover essere annunciati all’INPS in Italia», spiega Puglia.

L’INPS può attendere

In base al diritto europeo, una persona residente in Italia che sottoscrive un contratto di lavoro in Svizzera può infatti lavorare da casa al massimo per il 24,99% del tempo di lavoro previsto dal contratto stesso. «In caso di superamento di questa soglia l’autorità previdenziale italiana, cioè l’INPS, acquisisce la facoltà di richiedere all’azienda svizzera l’incasso del relativo contributo in Italia, il che implicherebbe molta burocrazia oltre a maggiori oneri finanziari, spiega ancora Puglia. Questo limite è stato tuttavia sospeso dall’inizio della pandemia e lo rimarrà appunto fino al 30 giugno 2023. Dopo quella data l’Unione Europea si pronuncerà con dei nuovi regolamenti.

L’impatto fiscale

Stesso discorso per le norme fiscali. In base poi all’Accordo tra Italia e Svizzera sulla tassazione dei frontalieri del 1974, il frontaliere residente nei Comuni di frontiera, se svolge delle intere giornate di lavoro su suolo italiano, è tenuto a dichiarare all’Agenzia delle Entrate la quota di reddito maturata in quegli stessi giorni. «Come noto, durante la pandemia è stata però sospesa anche questa implicazione grazie ad un Accordo amichevole transitorio stipulato da Italia e Svizzera», ricorda Puglia. Tale Accordo, si rinnova in modo tacito (e dunque automatico) di mese in mese, salvo una revoca ufficiale da parte degli Stati. «Vi era il timore che l’Accordo potesse terminare con il 30 giugno 2022 ma in luglio è arrivata la conferma da parte degli Stati che esso andrà ancora avanti a tempo indeterminato fino a comunicazione contraria», aggiunge il sindacalista.

Liberalizzare?

Ma come vede il sindacato un’eventuale liberalizzazione della norma? «Questa deroga è temporanea e resterà in vigore fino a che l’UE non avrà ultimato il nuovo regolamento in materia di telelavoro. Verosimilmente, la percentuale sarà aumentata», spiega Puglia. Per il sindacato sarebbe una buona notizia, ma attenzione precisa: «Una liberalizzazione eccessiva, con home office al 100%, non avrebbe senso. Un’azienda potrebbe aprire in svizzera e impiegare personale in Sicilia». Un limite quindi ci vuole. «Ma l’attuale 25% oggi è troppo poco e crea problemi nel mercato. Molte aziende, specie nel settore informatico, faticano a trovare personale specializzato all’estero perché per molti dipendenti, un giorno di home office in più può fare la differenza». Il punto dolente del telelavoro, aggiunge di controcanto Puglia, è che in Svizzera questa forma di lavoro è ancora poco regolamentata. «Nelle normative sul lavoro svizzere non esiste nessun riferimento al telelavoro. Esistono sentenze, ma non c’è un diritto di disconnessione, né articoli di legge specifici sul telelavoro. Ed è l’unico Stato sviluppato a non averne», conclude Puglia.