Commercio

Tensioni e debolezze interne frenano gli scambi cinesi

A luglio i dati sull'import-export del Dragone deludono le attese e fomentano dubbi sulla salute della seconda economia globale – Gli Stati Uniti dal canto loro registrano una lieve diminuzione del deficit corrente
© AP/Chinatopix
Roberto Giannetti
Roberto GiannettieJacopo Rauseo
08.08.2023 23:15

L’economia del Dragone sembra avere imboccato la via del rallentamento. Le esportazioni cinesi a luglio sono calate del 14,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e le importazioni del 12,4%. Per queste ultime si tratta di una flessione di gran lunga superiore al consenso degli analisti di -5%. Come saldo, la bilancia commerciale mensile rimane in attivo per 80,6 miliardi di dollari. Gli scambi con gli Stati Uniti e l’Unione europea subiscono il calo più marcato, -20%, mentre aumenta l’export in direzione della Russia del 52%.

Economia cinese a rilento

L’export subisce una frenata a seguito del rallentamento della domanda globale causato dagli aumenti dei tassi delle maggiori banche centrali occidentali. Invece le deboli importazioni sono il risultato di un singhiozzante rilancio post COVID dei consumi domestici. Questi dati deludenti si aggiungono alle preoccupazioni per una possibile deflazione, sorte dopo che l’indice dei prezzi al consumo nel mese di luglio ha segnato un aumento nullo su base annua e l’indice dei prezzi alla produzione è rimasto in territorio negativo.

Richard Koo, economista di Nomura Research, aveva sottolineato il rischio di una «balance sheet recession» per l’economia cinese, una situazione che per l’analista ha caratterizzato gli scorsi decenni della stagnante economia giapponese e che consiste in una preferenza dei consumatori di rimborsare il proprio debito piuttosto che assumerne nuovo o spendere in beni e servizi. Lo stesso Koo è uno degli economisti che negli scorsi mesi ha sostenuto la necessità di una maggiore spesa pubblica per stimolare i consumi privati e dare vigore a una, per ora, troppo lenta ripresa dopo i rigidi lockdown.

Tensioni commerciali con l’UE

Secondo le previsioni della Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD) il commercio globale di beni è destinato a diminuire di 0,4% su base annua. Questa tendenza al ribasso non è solo il risultato del rallentamento dell’economia mondiale, ma anche della volontà di alcuni grandi attori economici, come Stati Uniti o Russia, di stabilire relazioni commerciali preferenziali con Paesi considerati più «amichevoli», come indica il rapporto mensile dell’UNCTAD.

In un’intervista, il commissario europeo al commercio Valdis Dombrovskis ha lamentato la scarsa apertura cinese alle importazioni europee, sostenendo che le relazioni commerciali sono sbilanciate a favore della Cina. A questo proposito, a partire dal 2021, la Cina vanta un surplus commerciale con l’Unione europea che sorpassa quello degli Stati Uniti (il Paese con il più grande deficit commerciale al mondo, ndr). Il surplus cinese suscita critiche nelle principali capitali europee, preoccupate in particolare per il crescente import dal Dragone di autoveicoli elettrici. Grazie a massicci sussidi pubblici, la Cina è recentemente diventata esportatrice netta di vetture, nonché maggiormente autonoma nel rifornire il suo mercato domestico. Uno sviluppo che minaccia l’industria automobilistica del Vecchio continente, confrontata con la necessità di adeguarsi alla transizione verso i veicoli elettrici e con una concorrenza più forte sul mercato globale.

La Cina, infine, è anche uno dei Paesi che dispongono delle più importanti riserve di terre rare, ossia delle materie prime necessarie alla transizione ecologica. È infatti il primo fornitore mondiale di cobalto, litio e nichel. A luglio l’export cinese di queste materie ha registrato un aumento del 49%, nonostante le restrizioni alle vendite all’estero di gallio e germanio introdotte da Pechino, criticate dal commissario UE, Dombrovskis.

Deficit USA in calo

Oggi sono stati comunicati anche i dati sul deficit commerciale americano, che a giugno segna 65,5 miliardi, il livello più basso da inizio 2021. Responsabile del calo è la leggera flessione delle importazioni che rispecchia un maggiore orientamento dei consumatori verso i servizi domestici. La diminuzione del deficit commerciale ha avuto un effetto minimo sulla crescita nel secondo trimestre, tanto che il valore di export e import in rapporto al PIL ha toccato uno dei valori più bassi degli ultimi decenni. 

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