Terza eruzione in Islanda in meno di due mesi: che cosa sappiamo?
La terra, in Islanda, ha tremato di nuovo. E la lava ha ripreso a scorrere. In soli 40 giorni dall'inizio del 2024, la terra del ghiaccio e del fuoco è stata protagonista di due eruzioni vulcaniche. Prima di queste, quella precedente, da cui tutto ha avuto origine, si era verificata a dicembre. Poco prima di Natale, nei pressi di Hagafell si era aperta una prima fessura, da cui era fuoriuscita abbondante lava. Un evento che era atteso da quasi due mesi, da quando, tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre, si erano registrati terremoti nell'area di Grindavík, vicino al famosissimo centro geotermale Blue Lagoon.
Con l'arrivo del nuovo anno, però, la situazione non è cambiata. E anzi, tra il 14 di gennaio e l'8 di febbraio, di eruzioni se ne sono verificate, come anticipato, ben due. La prima ha colpito proprio il villaggio di pescatori. Nonostante l'eruzione sia iniziata più a nord, a causa di una piccola crepa originatasi a nord di Grindavík, la lava ha raggiunto e divorato tre case, facendo diventare realtà uno degli scenari peggiori tra quelli ipotizzati.
Ieri, invece, il vulcano ha eruttato a nord del monte Sylingarfell. Una posizione più vicina a quella della primissima eruzione di dicembre. Come sempre, tutto è iniziato con un'intensa attività sismica, intorno alle 5.30 del mattino. Tuttavia, diversamente dal solito, dopo solo mezz'ora dal primo sisma, senza alcun preavviso, alle 6.00 il vulcano stava già eruttando.
Questa volta, case e villaggi sono stati risparmiati. Ma non per questo le conseguenze sono state più lievi. La lava, infatti, ha raggiunto alcuni tubi, causandone l'esplosione e la conseguente interruzione della fornitura dell'acqua calda per circa 30.000 persone (fino all'area di Keflavík, dove sorge l'aeroporto) che vivono nella penisola di Reykjanes. Ossia, la penisola sud-occidentale, dove, dal 2021, hanno iniziato a verificarsi le prime eruzioni, dopo un periodo di inattività iniziato nel 1200. Questa volta, la fessura del vulcano era lunga quasi tre chilometri, e secondo gli esperti, sembrava espandersi sia verso nord che verso sud, lungo una faglia di quindici chilometri, considerata il punto caldo da cui hanno avuto origine eruzioni e terremoti di questi mesi.
Al contempo, anche questa volta, la Blue Lagoon si è vista costretta a chiudere – per l'ennesima volta – i battenti, almeno per due giorni. Allo stesso modo, anche strade che portano a Grindavík rimangono inagibili, così come lo stesso villaggio, ormai disabitato da quando, a novembre, è stata diramata la prima allerta.
Per quanto riguarda la fornitura di acqua calda, le autorità islandesi hanno dichiarato nel pomeriggio di non aver ancora ripristinato il servizio per 28 mila residenti della regione di Sudurnes, nel sud-ovest dell'isola. I lavori di riparazione, iniziati immediatamente, sono andati avanti tutta la notte nonostante le temperature polari, con picchi di -14. Tuttavia, ci vorranno ancora alcune ore prima che l'acqua calda torni a scorrere nelle case.
Nonostante i disagi e i problemi, anche in questo caso, come accaduto a gennaio e a dicembre, l'eruzione ha però perso intensità piuttosto velocemente. Un segnale che, tuttavia, non fornisce molte informazioni su ciò che potrebbe avvenire in futuro.
Secondo gli esperti, è ormai certo che il magma sotterraneo sia attivo. Molto attivo. Ciononostante, non si tratta di un segnale indicativo per determinare quando avverranno, a tutti gli effetti le prossime eruzioni. E nemmeno per definire, in anticipo, la loro intensità. Secondo i vulcanologi, non vi è infatti alcun indizio che suggerisca l'avvicinarsi un'eruzione più potente. Ciò che si può affermare con più certezza, è che l'attività vulcanica nella penisola di Reykjanes è destinata a durare ancora per mesi, se non anni. Ormai, insomma, è certo che la faglia si sia risvegliata, dopo secoli e secoli di inattività.
Nel frattempo, nonostante questa volta la lava abbia risparmiato Grindavík, i suoi residenti, sfollati da mesi, appaiono sempre più combattuti. Molti di loro temono infatti di non poter mai più rivedere le loro case, il loro villaggio. Più eruzioni si verificano nell'area, anche se a chilometri di distanza dalla cittadina, più la situazione rimane rischiosa. E più aumenta la consapevolezza che Grindavík, prima o poi, potrebbe scomparire per sempre.