«200 franchi bastano? In Ticino record di firme, dai contrari reazioni scomposte»

Il 4 marzo 2018 il popolo ha detto chiaramente no all’iniziativa «No Billag» (71,6% in Svizzera e 65,5% in Ticino) alla proposta che avrebbe cancellato il canone radio-tv. Ora arriva l’iniziativa «200 franchi bastano», che nel nostro cantone è stata sottoscritta da 31.500 persone.
Lorenzo Quadri, questa è una sorta di rivincita vendicativa?
«No, le due iniziative non sono sovrapponibili. Un conto è abolire il canone radioTV, ben altra cosa è ridurlo di un terzo. Ridimensionare il canone più caro del mondo in un più sostenibile ammontare di 200 franchi annui è una proposta moderata, che considera l’evoluzione della società. Da un recente studio dell’Ufficio federale di statistica emerge che i giovani tra i 15 e i 29 anni passano in media 28 minuti al giorno davanti al teleschermo, e non necessariamente davanti a un’emittente della SSR. Il tempo trascorso a guardare la TV o ad ascoltare la radio si riduce anche per le altre fasce di età. Quando un’azienda perde rilevanza e quote di mercato, si deve ridimensionare. E i margini di risparmio alla SSR non mancano di certo. Però i suoi vertici si credono intoccabili e hanno già cominciato con il terrorismo mediatico, il lavaggio del cervello e le fake news contro l’iniziativa “200 franchi bastano” e a difesa dei propri privilegi, dei propri sprechi e soprattutto delle proprie posizioni di potere. In sprezzo del ridicolo, costoro si atteggiano addirittura a padri della patria. Come se l’esistenza della Svizzera dipendesse in qualche modo dalla presenza di una SSR sovradimensionata. Qualcuno ha urgente bisogno di tornare con i piedi per terra».
Nella raccolta delle firme (oltre 128.000 complessivamente) il Ticino ha fatto la parte del leone con oltre 30.000 sottoscrizioni. Questo significa che in Ticino il «problema è sentito» e che vi aspettate ampio sostegno in votazione popolare?
«Le firme raccolte in Ticino, circa 31.500, rappresentano un record: mai nessuna iniziativa popolare o referendum, né cantonale né federale, ha mai raccolto un tale numero di sottoscrizioni. Il Ticino sotto il profilo demografico rappresenta il 4% della Svizzera, però ha fornito un quarto delle firme totali. Ciò non sarebbe accaduto se il problema non fosse sentito. Tanti ticinesi sono consapevoli di pagare un canone esagerato, di pagare per prestazioni di cui non usufruiscono, e di pagare per qualcosa che troppo spesso non è servizio pubblico, bensì indottrinamento ideologico. Ritengo inoltre che, nella popolazione ticinese, inizi a farsi strada la consapevolezza che l’ipermediatizzazione del nostro Cantone - un unicum a livello nazionale - ha effetti negativi: ingigantisce questioni secondarie, crea mitomani e fomenta la litigiosità politica, poiché tutti vogliono “profilarsi” per apparire sui media e gonfiarsi l’ego. È però chiaro che un’iniziativa popolare, per venire accolta, necessita della maggioranza del popolo e dei Cantoni. Un ampio sostegno ticinese in votazione è importante, anche come messaggio al resto del Paese. Ma ovviamente non basta per vincere una battaglia che già si annuncia molto combattuta. Lo confermano le prime, scomposte reazioni dei contrari».
Ora si apre la fase politica. Lei sarebbe disponibile a discutere un controprogetto o è del parere che si debba procedere da «puri e duri» verso le urne?
«Mi pare inverosimile che arriveranno delle controproposte meritevoli di venire prese in considerazione: qualsiasi alternativa di sostanza avrebbe ottime possibilità di venire accolta in votazione popolare, del resto già l’iniziativa ha a mio parere buone chance. Ma questo è proprio ciò che le maggioranze politiche legate a doppio filo con la SSR (ne sostengono l’intangibilità in cambio di visibilità mediatica) vogliono evitare. Alternative prevalentemente cosmetiche, ad esempio limitate al solo canone delle aziende, sarebbero inaccettabili. Sono quindi molto scettico su eventuali controprogetti».


Luigi Pedrazzini lasciando la presidenza della CORSI dopo oltre 10 anni ci ha dichiarato: «Credo vi siano due ambiti dove le persone che “pendono a sinistra” sono più numerose. Nella scuola e nella RSI». Ma allora il problema è il canone o la linea politica di Comano?
«Le due cose non possono essere disgiunte. Il canone attuale è superato dagli eventi. Una tassa pro-SSR imposta a tutti, anche a chi non segue un minuto dei programmi dell’emittente, e che con il suo ammontare esagerato limita indebitamente la possibilità dei cittadini di acquistare i prodotti mediatici ai quali sarebbero invece interessati: e oggi la scelta è molto ampia. Questa tassa non è più giustificabile nel suo importo odierno con argomentazioni oggettive, e quindi si trascende nelle narrazioni di fantasia, come le favolette sulla “coesione nazionale”. Su questo discorso si innesta la linea politica dell’emittente. Il canone più caro del mondo viene giustificato con il mandato di servizio pubblico. Ma la martellante propaganda di sinistra propinata dalla RSI (e dalla SSR in generale) non è servizio pubblico, bensì indottrinamento e lavaggio del cervello nel segno del pensiero unico mainstream: pro UE, pro immigrazione, pro asilanti, climatista, sovranofobo. Una linea che non pervade solo l’informazione, ma anche l’intrattenimento. Un esempio banale: non è possibile sintonizzarsi sulla Rete 1 della RSI, a qualsiasi orario e anche solo per pochi minuti, senza sentir parlare di clima, clima, clima, emergenza, terra in ebollizione e amenità simili. Chi vuole rieducare gli utenti secondo la propria ideologia non fa servizio “pubblico”: serve semmai sé stesso e chi condivide le sue posizioni. Pertanto non può pretendere di farsi finanziare a tale titolo».
Gilles Marchand ha detto che con il canone a 200 franchi «diventerebbe impossibile produrre un buon telegiornale in Ticino». A lei importa o no che la pagina principale dell’informazione sia fatta qui da noi o rimpiange l’epoca in cui era confezionata a Zurigo?
«Quello di Marchand mi pare semplicemente un ricatto al Ticino. Un tentativo, piuttosto squallido, di intimidire i ticinesi rei di aver firmato “in massa” l’iniziativa per la moderata riduzione del canone. È inaudito che, mentre aziende, enti pubblici e soprattutto i cittadini devono tirare la cinghia, la sovradimensionata SSR avanzi pretese di intangibilità con modalità, mi si consenta, isteriche. Va ricordato che, con il canone a 200 franchi, la SSR disporrebbe di un’entrata di 700 milioni all’anno, oltretutto in continua crescita a seguito dell’immigrazione incontrollata (più economie domestiche uguale più canone), alla quale vanno ancora aggiunti 270 milioni di introiti pubblicitari. Stiamo quindi parlando di quasi un miliardo all’anno. Ci vuole un bel coraggio per asserire che sarebbe troppo poco per produrre una radioTV di servizio pubblico in un Paese di meno di 9 milioni di abitanti. Detto questo, e per non eludere la domanda: anche in considerazione della tendenziosità politica del Telegiornale della RSI, per i cittadini ticinesi un suo ritorno a Zurigo non sarebbe un dramma. Quando veniva prodotto a Zurigo, il TG della RSI non era peggiore di oggi, anzi».
Entro quando auspica che il tema arriverà alle urne. Nella sua ottica sarebbe meglio correre o fare con calma?
«Come tutte le iniziative popolari, prima vengono votate, meglio è».