Immobiliare

A Lugano meno uffici vuoti e più abitazioni: sì, ma chi paga?

Una mozione leghista chiede d’incentivare le trasformazioni in spazi residenziali - La diffusione del telelavoro potrebbe aumentare ulteriorimente il numero di scrivanie vuote
Meglio se la luce è accesa.  (Foto Zocchetti)
Giuliano Gasperi
04.02.2021 06:00

Trasformare gli uffici sfitti in abitazioni o spazi alberghieri. D’acchito sembra una buona idea, una mossa che può dare un impulso a una città ancora in cerca di se stessa – un tema, quello dell’identità di Lugano, rilanciato anche nella rubrica delle lettere dei lettori – ma tra il dire e il fare ci sono almeno due questioni da affrontare: il Piano regolatore e i calcoli dei proprietari. La prima è al centro di una mozione inoltrata nel marzo del 2019 – ma tornata prepotentemente d’attualità con la pandemia – dal capogruppo della Lega Lukas Bernasconi, che chiede al Municipio di adottare «le necessarie modifiche pianificatorie» per incentivare un uso residenziale o alberghiero degli uffici rimasti vuoti. Del resto, ripopolare il centro è un obiettivo della Città.

La metà degli uffici sfitti
La proposta parte da alcune cifre: nel 2017 a Lugano – spiega il consigliere comunale – sono si contavano 3.274 uffici e di questi, al 31 gennaio 2019, 1.760 risultavano vuoti, di cui 873 situati nel cuore della città. La diffusione del telelavoro innescata dall’emergenza sanitaria non favorirà certo la domanda di spazi simili, anzi: dopo mesi di videoconferenze, call e webinar, alcune aziende potrebbero aver capito o deciso che di uno spazio fisico comune si può anche fare a meno (risparmiando soldi). Quante imprese sceglieranno questa strategia lo sapremo probabilmente più avanti, considerando che i contratti d’affitto degli uffici non possono essere disdetti dall’oggi al domani. Le tendenze attuali fanno pensare che lo sfitto crescerà ancora, con le conseguenze del caso.

Una desertificazione che si riflette sull’economia
«Questa progressiva desertificazione – scrive Bernasconi – si riflette sull’economia locale e le ricadute sono sotto gli occhi di tutti. Ben diverso è invece il discorso sugli spazi residenziali: quelli disponibili in centro, a differenza degli uffici, sono pochi e insufficienti per soddisfare le richieste». Da qui la proposta di puntare più sul secondo tipo di spazi e meno sul primo (attenzione però, perché anche nel residenziale lo sfitto cresce). «Compito della politica è guardare avanti e apportare i miglioramenti necessari in ambito pianificatorio». Sì, ma quali?

Valutare il cambio di destinazione
Bernasconi risponde che la mozione, essendo generica, lascia decidere al Municipio come applicare il principio di fondo. «Per fare un esempio, si potrebbero facilitare le pratiche ai proprietari intenzionati ad effettuare un cambio di destinazione delle loro superfici». Una minore burocrazia è sempre un bel vantaggio, ma basterà? Intanto, in attesa delle osservazioni del Municipio, la mozione è stata giudicata positivamente dalla Commissione della pianificazione, favorevole «alla possibilità di avere un centro città più densamente abitato, con ricadute positive per tutto il comparto e i suoi commerci».

"Ripopolare il centro? È dura..."

La politica sembra dunque favorevole alla trasformazione degli uffici vuoti, ma cosa ne pensa chi è «sul campo»? Partiamo dai professionisti del settore immobiliare, con il segretario della Svit Ticino Alberto Montorfani che di principio è d’accordo sulla necessità di recuperare spazi abitativi. «Un tempo i bei palazzi in centro erano praticamente tutti abitati, almeno ai piani superiori. Io stesso risiedo in via Cattedrale e penso che non esista un posto migliore dove vivere a Lugano». Montorfani tuttavia non vede grandi novità nella mozione. «Le possibilità pianificatorie esistono già, basta fare un cambio di destinazione. Molti ex alberghi sul lungolago sono diventati dei condomini. Perciò la proposta lascia un po’ il tempo che trova, anche se contribuisce al dibattito». È però un altro, secondo Montorfani, l’aspetto più critico. «L’insediamento di abitazioni in città, oltre a comportare importanti costi di riconversione e pigioni relativamente inferiori, crea nuove necessità legate alla qualità di vita, soprattutto in termini di protezione dal traffico e dai rumori, per esempio quelli provocati dai locali e dagli eventi». Spostare abitazioni in centro, insomma, presupporrebbe il fatto di adattare il centro alle abitazioni. «Le città sono ormai diventate degli spazi ricreativi ad uso e consumo degli ‘animali notturni’ e non credo sia facile attuare una riconversione in zone residenziali di qualità; al massimo ci sarà qualche nuovo condominio di lusso».
Montorfani ha parlato dei costi di trasformazione: un fattore cruciale. Lo sa bene la CATEF, che rappresenta i proprietari immobiliari. «Non è facile intervenire, perché in genere gli uffici sono rigidi dal profilo dell’utilizzo, quindi difficili e onerosi da convertire» osserva la segretaria cantonale Renata Galfetti. Lo sfitto comunque preoccupa: «Si rischia la diminuzione dei valori e la mummificazione di qualche zona». Alla politica, la CATEF chiede due sole cose: «Non aggiungere norme rigide per la riqualifica e la riconversione e creare posteggi per il residenziale. In tal senso, la mozione è interessante».

Se l’edificio è vecchio, la spesa lievita

Ma quanto costa trasformare un ufficio in abitazione? Un esperto ci spiega che è difficile stare sotto i duemila franchi al metro quadrato, ma molto dipende dalle condizioni dello stabile: se è vecchio e bisogna rifare gli impianti o altro (oltre a inserire bagno e cucina) la spesa lievita. Sono ragionamenti che dovrà fare anche la Città: se gli uffici comunali finiranno a Cornaredo, lo stabile di via della Posta sarà probabilmente convertito in edificio residenziale (è datato e protetto: la spesa sarà ingente) e poi venduto, oppure venduto così com’è (a molto meno).

Per quanto riguarda invece la redditività, quella degli spazi commerciali in teoria è più alta - ci spiega un addetto ai lavori - ma gli uffici tendono a rimanere vuoti più tempo rispetto alle abitazioni. Gli esperti consigliano quindi d’investire sul residenziale: la redditività sulla carta è minore, ma lo è anche il rischio che le proprietà rimangano sfitte.