A Mendrisio gli ultimi guardiani del suono made in Switzerland

MENDRISIO - Non tutti lo sanno ma in centro a Mendrisio, in via Beroldingen, c’è quella che probabilmente è l’ultima azienda svizzera - perlo meno a livello industriale - che produce amplificatori, microfoni e mixer. Si chiama Schertler e dagli anni Ottanta dal capoluogo momò progetta, sviluppa, realizza e vende - in tutto il mondo - i suoi prodotti. E in un’epoca in cui perfino i giganti musicali statunitensi delocalizzano in Cina per abbassare i costi (basti pensare a marchi come Fender, Gibson o Gretsch) Schertler non solo resta saldamente ancorata alla Svizzera, ma entro fine anno trasferirà l’intera produzione (fino a oggi una parte dello stock veniva realizzato nelle Marche) a Mendrisio, creando alcuni posti di lavoro. Schertler dunque è un piccolo miracolo che, puntando sull’analogico, ha resistito a decenni di digitalizzazione musicale. Con Stephan Schertler abbiamo fatto una lunga chiacchierata, ritrovandoci a parlare di musica a tutto campo: dalla sua azienda alle parole (profetiche) di Neil Young.
Gli inizi, un po’ per caso
Ma come è nata Schertler? E perché si trova proprio a Mendrisio? «Tutto è iniziato - ci spiega il fondatore - perché dovevo amplificare il mio basso. Il materiale che c’era sul mercato non mi soddisfava e allora ho iniziato a studiarne uno che facesse al caso mio. Schertler è nata così». L’azienda si specializza all’inizio nella produzione di pickup (i microfoni da appoggio), che ne diventano il core business. Poi arrivano gli amplificatori (che di solito hanno nomi di persona: Giulia, David, Roy o Charlie) e - più recentemente - i mixer. Tutto rigorosamente in analogico. Ma perché Mendrisio? «Io sono sangallese - ci spiega Schertler sorridendo - e mia moglie italiana. Ci siamo incontrati a metà strada. Scherzi a parte mi trovo benissimo a Mendrisio e non ho alcuna intenzione di andarmene, anzi». Anzi, appunto. Nel Mendrisiotto entro fine anno verrà trasferita anche quella parte di produzione oggi effettuata in Italia, e pure le componenti elettroniche vengono realizzate in Ticino, sempre a Mendrisio, dalla Sefa. Ma come fare a restare concorrenziali a livello internazionale con i i costi di produzione elvetici, oltretutto in un mercato, quello dell’equipaggiamento musicale, che negli ultimi decenni ha visto un calo gigantesco dei prezzi? Marchi come Behringer - società tedesca che ha appunto spostato la produzione in Asia e riempito il mercato di materiale a basso costo - hanno profondamente cambiato il mercato. Un po’ come nell’aviazione, con le compagnie low-cost che hanno messo in crisi le altre. Ma appunto, come nell’aviazione, le compagnie che offrivano standard e qualità elevati sono sopravvissute e a soffrire semmai sono state quelle che si trovavano nella fascia di mezzo.


«Questo - ci spiega Schertler - è proprio il punto. Noi se facciamo qualcosa dobbiamo essere al top della gamma. Proviamo a essere i migliori. I nostri componenti sono quasi tutti realizzati in Svizzera. Ogni singolo pulsante, ogni singola manopola, ogni singolo circuito elettrico è curato nel dettaglio. Ed è una cosa che non si può fare in Cina. Piuttosto che andare in Cina chiudo la ditta». E allora sopravvivere con attività economiche di questo tipo si può, anche in Svizzera. «Sì, ma bisogna cercare di diventare le Ferrari di un determinato prodotto. È quello che abbiamo deciso di fare con i nostri mixer. Vi assicuro che ci sono dei mixer sul mercato da 300.000 franchi che non suonano come il nostro. Noi in quel settore siamo un marchio poco conosciuto ancora, in cui tra l’altro siamo entrati da poco. L’unico modo per avere successo è, appunto, creare la Ferrari dei mixer». E Schertler punta tutto sull’analogico, dopo decenni in cui - anche nell’equipaggiamento musicale - quasi tutti hanno investito nella digitalizzazione. «Una volta Neil Young - continua Stephan Schertler - ha detto che nella storia della musica non c’è mai stato un periodo in cui il suono è stato così brutto. E ha ragione. I suoni sono piccoli, prodotti da plugin (da effetti elettronici) e sono tutti uguali. Questo crea una distanza tra l’ascoltatore e il suono».



La cosa strana è che Schertler nasce proprio negli anni Ottanta, il periodo in cui la digitalizzazione è iniziata. Il periodo in cui sono iniziate a scomparire le chitarre (sostituite dalle tastiere) e perfino alle batterie «vere» - anche negli studi più prestigiosi - si è iniziato a preferire batterie elettriche o drum machine. Ma oggi, dopo 40 anni di abbuffate digitali, una parte del mondo della musica sta tornando all’analogico (basti pensare all’enorme successo che hanno avuto i pedalini per chitarra della Death By Audio). «Sì - conferma Schertler - ed è incredibile come l’analogico stia tornando. Ho parlato recentemente con una produttrice americana che mi spiegava di aver deciso di concentrarsi completamente su di esso per garantire qualità. La ricerca del suono sta finalmente tornando». Ma la digitalizzazione della musica (intesa sia come produzione, sia come distribuzione: pensiamo al passaggio al cd prima e ai formati elettronici poi, che hanno notevolmente abbassato i costi) ha avuto anche dei pregi. In primis la «democratizzazione» della musica. Con i prezzi più bassi qualsiasi appassionato poteva crearsi uno studio e registrare band - spesso più che meritevoli - che invece in passato mai avrebbero pubblicato un album. «Questo è stato sicuramente positivo, ma c’è l’altro lato della medaglia. Oggi si sentono anche tante cose mediocri, un po’ improvvisate. Se una volta una band aveva bisogno di almeno 10.000 franchi per affittare uno studio di registrazione è chiaro che arrivava pronta. E anche chi registrava, facendo pagare certi prezzi, aveva materiale in ordine. Oggi invece in molti credono che spendere 99 franchi per una scheda audio sia un investimento... ».
In piazza a Mendrisio arriva l'Analog Music Night
E lo stretto legame che la Schertler ha con Mendrisio, dove da quasi 30 anni ha sede l’azienda, è dimostrato anche dal fatto che sabato sera - proprio attraverso la direzione artistica di Stephan Schertler - verrà organizzata a Piazzale alla Valle la prima edizione dell’Analog Music Night. Di cosa si tratta? È un appuntamento nuovo e innovativo, focalizzato non solo sulla musica ma anche sugli aspetti legati alla qualità del suono. Un evento estivo - patrocinato dalla Città - con artisti di spessore che sarà supportato da un impianto fonico puramente analogico (ovviamente della Schertler) grazie al quale sarà possibile vivere un’esperienza musicale e sonora indelebile. E i concerti - gratuiti - saranno poi registrati su un astro ad altissimo livello, il mitico Stellavox TD-9.
Il programma
Analog Music Night prenderà il via alle 18 con il Jazz Dinner. Alle 20 il primo arista ad entrare in scena sarà Zarek Silberschmidt, giovanissimo chitarrista con radici basilesi ma nato e cresciuto in Nuova Zelanda. Alternerà brani del suo repertorio a famosi pezzi folk e jazz. Poi sarà la volta del Luigi Bonafede Sextet che, nel mondo del jazz italiano, è considerato una vera e proria icona. Una lunga collaborazione artistica e un’amicizia profonda lega il sestetto. Sarà l’occaisone per festeggiare i quarantacinque anni di carriera di questo grandissimo jazzista. Il festival si chiuderà con il Freedoms Trio, che presenterà «Grooves from the three continents»: tre musicisti per tre continenti. Si tratta di Steinar Aadnevam (norvegese, chitarrista acustico e fondatore del gruppo), Rubem Farias (bassista e vocalist originario di Salvador Da Bahia) e di Deodato Siquir, batterista e vocalist del Mozambico. Il risultato? Una melodic fusion con una componente etnica africana e sonorità brasiliane. La band, che dal 2016 ah al suo attivo più di 120 concerti solo in Europa, presenterà a Mendrsio brani tratti dal suo repertorio.