Rifugiati

«Accoglienza, ma organizzata»

In Svizzera sono stati registrati 20 mila profughi ucraini, al Ticino ne sono stati attribuiti 1.470, superando la chiave di riparto – Schraner Burgener: «Mostrata una solidarietà travolgente» – Gobbi: «Occorre più coordinazione tra privati e autorità»
Il consigliere di Stato Norman Gobbi insieme alla responsabile della SEM, Christine Schraner Burgener. © Ti-Press/Pablo Gianinazzi

«Siamo di fronte a una situazione inedita». Non ha dubbi, la segretaria di Stato della migrazione Christine Schraner Burgener, arrivata in Ticino per visitare il centro federale d’asilo di Chiasso: «Stiamo vivendo qualcosa che non si era mai visto dopo la Seconda guerra mondiale». E i numeri lo dimostrano. Sono già 20 mila i profughi ucraini registrati in Svizzera, mentre nel solo centro d’asilo di Chiasso sono stati 2.500. Di questi, 1.470 sono poi stati attribuiti al nostro cantone. «Una cifra molto superiore rispetto a quanto prevede la chiave di riparto», è stato chiarito. Ogni giorno, ha spiegato la responsabile della SEM, arrivano in Svizzera circa mille persone: «Donne e bambini, soprattutto, che hanno bisogno della nostra protezione e devono essere registrati. Questo rappresenta una sfida per tutti: Confederazione, Cantoni e Comuni. Finora, però, abbiamo fronteggiato bene la sfida». Numeri alla mano, «la Confederazione mette a disposizione circa 9.000 posti letto, di cui qualche centinaio al centro di Chiasso. I Cantoni invece circa 30.000». Poi ci sono tantissimi privati: «La solidarietà è travolgente, e il Ticino si sta contraddistinguendo per lo slancio mostrato», ha detto Schraner Burgener.

Le preoccupazioni

Ma le sfide, ha chiarito da parte sua il direttore del DI Norman Gobbi, non mancano. «Chiasso è abituata a gestire i flussi migratori, l’esperienza passata ci ha permesso in questa occasione di essere pronti quasi immediatamente», ha premesso il consigliere di Stato. «Ma ci sono anche alcune preoccupazioni: ad esempio i minorenni non accompagnati e gli anziani che arrivano, e che magari necessitano di cure mediche». I minori non accompagnati – che «finora sono comunque pochi», ha detto la Segretaria di Stato della migrazione – «necessitano di protezione, di persone che fungano da autorità parentale, e di essere scolarizzati». E poi c’è il grande tema del coordinamento tra la solidarietà privata e le autorità: «È importante che a Chiasso sappiano chi arriva affinché la macchina non rallenti, quindi è opportuno che chi organizza i bus in arrivo con i profughi informi le autorità», ha evidenziato Gobbi. Il nostro cantone, fin dalle prime settimane di conflitto, si è prodigato per sostenere chi fugge dalla guerra. «Infatti, sono molte le persone arrivate sul territorio. Da un lato, perché qui c’è un’importante comunità ucraina che funge da attrattore. E poi perché Chiasso ha un centro d’asilo importante». Passata la prima fase di emergenza, ha chiarito Gobbi, «occorre però attivare al meglio la solidarietà intercantonale. Il primo picco di arrivi dovrebbe affievolirsi, quindi le registrazioni dovranno assumere il carattere di normalità».

Centri alloggi

Sul fronte dell’accoglienza in Ticino, «l’organizzazione predisposta dal Cantone per il momento sta funzionando bene», assicura Ryan Pedevilla, capo della Sezione del militare e della protezione della popolazione. «Anche perché il Ticino ha sì assorbito un gran numero di arrivi, ma moltissimi profughi sono stati accolti direttamente dalla popolazione. Senza cioè passare dalle strutture collettive cantonali». Al momento, il centro di Aurigeno è al completo, con 60 persone ospitate. Piena anche la struttura di Arzo, dove si contano 65 persone. «Ad Airolo, invece, abbiamo ancora 14 posti a disposizione (su 60 totali). Da lunedì, per far fronte all’aumento degli arrivi, sarà aperto il centro a Breno, mentre mercoledì 6 aprile toccherà a Casa Roseto, sempre ad Airolo», spiega Pedevilla. Finora, poi, sono circa 170 gli alloggi messi a disposizione dai privati, che si sono annunciati ai Comuni: «Ci stiamo quindi occupando di visionare gli appartamenti, privilegiando gli spazi indipendenti e ammobiliati, che possono essere messi a disposizione rapidamente per le famiglie ucraine. Poi, confrontando le capacità scolastiche dei diversi istituti sul territorio, potremo procedere con l’attribuzione delle famiglie nelle varie località».

A breve nelle case

Un’attribuzione che, spiega da parte sua Cristina Oberholzer Casartelli, a capo della Sezione del sostengo sociale, potrebbe avvenire in tempi brevissimi: «Prevediamo le prime uscite dal centro di Aurigeno nella prima metà di aprile. Quindi a breve le prime persone potranno essere sistemate negli alloggi sul territorio». Ma i 170 alloggi messi a disposizione basteranno? «Difficile dirlo, al momento sono sufficienti», dice Oberholzer Casartelli. «Ma tutto dipenderà dagli arrivi, le stime iniziali parlavano di 50 mila profughi in arrivo, ossia circa mille arrivi al giorno. Altre stime, invece, ipotizzano numeri giornalieri raddoppiati da aprile. Occorrerà essere flessibili e organizzarci giorno per giorno». E, di nuovo, sarà fondamentale la coordinazione. «L’invito ai cittadini è di segnalare eventuali disponibilità ai Comuni, in modo che il dispositivo cantonale possa avere una fotografia precisa della situazione e organizzare al meglio le soluzioni abitative».

La collaborazione

Il Cantone ha nuovamente scritto ai Comuni per chiedere di segnalare le iniziative spontanee dei privati, qualora ne abbiano notizia. «Questo permette a noi, ma anche alla SEM di garantire una migliore presa a carico attraverso il dispositivo cantonale», sostiene Oberholzer Casartelli. Un concetto, questo, ribadito anche da Pedevilla: «L’iniziativa di chi decide di portare in Ticino le persone scappate dalla guerra è senz’altro apprezzabile dal profilo della solidarietà. Tuttavia, è bene che vi sia un coordinamento, specialmente con la Segreteria di Stato della migrazione. Sarebbe opportuno che l’arrivo dei rifugiati venisse preannunciato alle autorità, in modo che non ci si ritrovi improvvisamente a gestire diverse decine di persone in un colpo solo». In questo modo, viene anche facilitata la distribuzione sul territorio: «Il fatto di rivolgersi ai canali ufficiali permette di non concentrare troppe famiglie con bambini in un’unica zona, evitando di sovraccaricare alcune regioni e le relative sedi scolastiche».

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