Accoltellamento dopo la lite in discoteca: via al processo

Comincia con una palpata al sedere e finisce a coltellate, questa storia. Protagonista ne è un oggi 20.enne algerino soggiornante a Bellinzona (dove è nato) che, a mente della procuratrice pubblica Anna Fumagalli, nelle prime ore del 10 luglio 2022 ha cercato di uccidere due giovani, ferendone una, in piazza San Rocco a Lugano, a conclusione di una lite all’interno della discoteca Blu Martini.
Stando all’atto d’accusa tutto è iniziato perché l’imputato, difeso dall’avvocato d’ufficio Ryan Vannin, ha palpeggiato il sedere di una ragazza all’interno della discoteca. Questo ha causato la reazione di un’amica della «palpeggiata», che lo ha redarguito e spintonato. In risposta lui le ha messo le mani al collo (senza stringere) e l’ha spinta facendola cadere a terra, cosa che gli è valsa l’accusa di vie di fatto.
L’episodio viene visto da altre persone rimaste ignote – verosimilmente amici della donna spintonata – che lo aggrediscono.
Il diverbio è poi proseguito all’esterno del locale notturno. Qui l’imputato ha mostrato minacciosamente il coltello a un amico della donna spintonata («reo unicamente di essersi trovato al momento dei fatti all’interno della discoteca e di conoscere la donna», scrive Fumagalli) e poi avrebbe provato a colpirlo, sferrando «un violento colpo all’altezza del collo». Colpo schivato dall’uomo.
A questo punto l’imputato è stato «allontanato con la forza dal sedime esterno della discoteca» e in piazza San Rocco è stato raggiunto dalla donna spintonata, dove ha cercato di accoltellarla due volte al collo. Il primo colpo ha raggiunto la giovane al mento e all’avambraccio destro, procurandole due ferite di rispettivamente tre e 1,5 centimetri, e l’ha fatta cadere. Il secondo ha impattato nuovamente con l’avambraccio destro, e ha cagionato una ferita lunga dieci centimetri.
In mattinata, di fronte alla Corte delle assise criminali presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti e agli assessori giurati (l’accusa chiederà una pena superiore ai cinque anni), è iniziato l’interrogatorio dell’imputato, che è apparso emozionato e la cui voce si è più volte rotta. Ha raccontato di un’infanzia difficile (nato a Bellinzona, con periodi in Algeria: i suoi genitori chiedono asilo in Svizzera dal 1997 – l’ultima volta, la quarta, nel 2011 – senza successo, senza che poi sia stato dato seguito all’allontanamento, da cui l’accusa di soggiorno illegale. Un’espulsione dalla scuola quando era in seconda media). Ha detto di non conoscere l’Algeria in quanto l’ultima volta che vi è stato aveva sei anni: «Sono cresciuto qua, ho fatto le scuole qua: mi sento come tutti gli altri. Uscito vorrei vivere come tutti gli altri. Ho capito quello che ho fatto, mi sento in colpa. Sono maturato in prigione».
Sui fatti contesta invece l’accusa di duplice tentato omicidio: «Il ragazzo non volevo colpirlo. Ho mirato il muro per spaventarlo, per farmi dire chi mi aveva picchiato. Non ero in me in quel momento, mi avevano distrutto la faccia. Ero arrabbiato, sconvolto, non capivo niente. Avevo paura che mi picchiassero ancora». L’arma era un coltello da tasca Victorinox con una lunghezza della lama di 6 centimetri. «In quel momento – ha continuato - Pensavo mi avessero picchiato ingiustamente, ma adesso so perché l’hanno fatto e avevano anche un po’ ragione perché avevo toccato un sedere ed è una cosa che non si fa. La conoscevo quella ragazza, avevo bevuto, mi piaceva un po’. Non lo rifarei mai più. Mi avesse dato due sberle lei, avrei capito, ma chi mi ha picchiato ha esagerato».
Quanto alle due coltellate inferte alla giovane, ha detto che «non volevo prenderle il collo, non volevo neanche toccarla. Ero frustrato, ero appena stato picchiato, ma di certo non volevo tagliare nessuno, tantomeno alla gola». Ha anche spiegato che il movimento fatto è dall'alto verso il basso, e non da destra verso sinistra.