Sventata strage

Addio al taglio da mohicano, ora chiede il permesso pure per dire le parolacce

Processo per i fatti della Commercio di Bellinzona: davanti alla Corte delle Assise criminali il giovane ha assunto un atteggiamento ineccepibile - È cambiato fisicamente rispetto a quella famosa fotografia che lo ritraeva con il Kalashnikov in mano - Oggi l’attesa sentenza
La Commercio di Bellinzona. © CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
03.07.2020 11:04

In un angolo sperduto della mente alcuni di noi avevano riposto quella fotografia. Lui, capelli a zazzera, camicia bianca, abito nero e cravatta di diverse tonalità di grigio. Ma, soprattutto, con il fucile Kalashnikov nella mano destra. È stato lo scatto, postato sui social, che in pratica ha racchiuso in sé l’intera sconvolgente vicenda. A distanza di due anni quel giovane all’apparenza sfrontato, che per l’accusa era pronto ad un atto di violenza di massa senza precedenti in Ticino, è cambiato fisicamente.

Ha messo su qualche muscolo, di sicuro anche qualche chilo. Allora non aveva ancora compiuto 20 anni. Oggi ne ha 21, quasi 22. E la capigliatura non è più quella da ribelle che sfoggiava in quella famosa istantanea e soprattutto nella video-confessione registrata una decina di giorni prima del 15 maggio 2018. Pareva un mohicano. Ora sembra un ragazzo normale che forse vuole finalmente diventare uomo. Ma per farlo deve vincere i segreti della mente e le sue fragilità e superare l’orgoglio che, come ha detto lui stesso, lo ha frenato nel sottoporsi alle cure psichiatriche.

Chiama il giudice «signore»

Nei due giorni di processo il suo comportamento è stato ineccepibile. Nel suo completo scuro, abbinato di nuovo ad una camicia bianca, ha risposto con educazione alle domande del giudice Mauro Ermani. Si rivolge al presidente della Corte chiamandolo «signore». Ha addirittura chiesto il permesso, in un paio di occasioni, di pronunciare una parolaccia, per riportare fedelmente quanto contenuto nei deliranti scritti vergati di suo pugno le settimane precedenti lo scongiurato attacco.

Indubbiamente si è vista la mano dell’avvocato difensore Luigi Mattei. Non ce lo dirà mai, il legale, ma vi è da credere che abbia istruito bene il 21.enne sull’atteggiamento da tenere in aula. Fare il gradasso, di fronte alla Corte (che comprende, ricordiamo, anche gli assessori giurati), d’altronde, non avrebbe giovato alla sua causa. E alla sua immagine. Non sta a noi, che non lo conosciamo, giudicare se l’ex allievo sia veramente cambiato (non solo fisicamente, ovvio) come sostiene. Il tempo per riflettere non gli manca. Così come per rifarsi una vita.

Il verdetto nel pomeriggio

Quando oggi pomeriggio verrà letto il dispositivo della sentenza avremo la certezza di quello che ormai sembra chiarissimo: il giovane dovrebbe venir condannato. Restano da capire due cose. La prima è la commisurazione della pena. Il procuratore pubblico capo Arturo Garzoni ha chiesto 7 anni e mezzo sospesi di detenzione, mentre l’avvocato Luigi Mattei (legale dell’imputato) ha auspicato una sensibile riduzione della pena. Il secondo aspetto riguarda la carcerazione o meno del 21.enne. Accusa e difesa concordano sul fatto che per l’ex allievo è indispensabile poter proseguire il trattamento stazionario permanente iniziato due anni or sono in un foyer della Romandia. È dunque verosimile che pure la Corte giunga alla stessa conclusione.

Resterà poi da capire se, contro il verdetto, verranno o meno inoltrati ricorsi alla Corte di appello e di revisione penale di Locarno. L’accusa spera naturalmente che la Corte confermi il capo di imputazione principale, quello di atti preparatori punibili di assassinio plurimo. Mentre la difesa mira in primis ad evitare che il 21.enne finisca dietro le sbarre e che la pena non sia troppo lunga. Se le attese di entrambe le parti dovessero essere soddisfatte è molto probabile che della sventata strage alla Commercio di Bellinzona non sentiremo più parlare. Rimarrà, anche questo caso, in un angolo sperduto della nostra mente. Per sempre.

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