Adele Naldi, la prima donna dello Splendide: «Qui cresco ogni giorno, insieme al mio hotel»
C’è una pioggia leggera fuori dallo Splendide Royal, ma Adele Naldi sorride: «Anche con il cielo grigio mi sveglio bene. È una sensazione che non mi capitava nemmeno nella mia Roma». Trent’anni, sguardo luminoso e una passione palpabile per l’ospitalità, Adele è la prima donna a guidare lo storico cinque stelle affacciato sul lago di Lugano. Una nomina importante, ma anche il ritorno a casa, per una rappresentante della quarta generazione della famiglia Naldi, proprietaria dello Splendide Royal dal 1990.
Adele, come vive questo nuovo capitolo alla guida dello
Splendide Royal?
«Inizia proprio in questi giorni il mio secondo anno come CEO, e lo vivo con
grande senso di responsabilità. Il percorso che mi ha portata fin qui è
cominciato anni fa, con poi un ingresso graduale nel cuore operativo
dell’hotel. Da quando sono arrivata a Lugano, ho potuto osservare e imparare
molto, in particolare a stretto contatto con Giuseppe Rossi, l’ex General
Manager dello Splendide. È stato un passaggio naturale, che mi ha permesso di
comprendere a fondo lo spirito dell’hotel. Sento sempre di più di poter portare
l’impronta della mia famiglia, con rispetto per la storia dell’albergo ma anche
con il desiderio di evoluzione. Lo Splendide è un faro per la città: un punto
di riferimento non solo per chi arriva da fuori, ma anche per chi vive a Lugano».

Cosa rende unico questo albergo, secondo lei?
«Un mix tra due cose: per iniziare la sua atmosfera. Lo Splendide ha
un’identità forte, radicata. È un luogo in cui si entra e ci si sente subito parte
di una famiglia, accolti. Abbiamo ospiti affezionati che tornano ogni anno,
famiglie che da generazioni lo scelgono per vivere i loro momenti speciali. E
poi c’è la sua anima, che è data dalle persone che ci lavorano e che rendono lo
Splendide unico. La nostra squadra è una comunità vera, fatta di
professionalità, personalità e calore. In un settore competitivo come il nostro,
credo che il nostro valore stia anche nella capacità di collaborare e di
metterci il cuore».
Vivere e lavorare in hotel non è per tutti. A lei piace?
«Mi piace moltissimo. Anzi, direi che non potrei vivere in un altro modo. Lo
Splendide è la mia casa in tutti i sensi. Ogni giorno mi sveglio presto, quando
l’hotel è ancora silenzioso, e cammino tra i corridoi, nelle sale vuote che si
preparano ad accogliere il nuovo giorno. È un momento prezioso, quasi intimo,
in cui posso osservare ogni dettaglio: una luce accesa, un fiore appena
sbocciato, il profumo dell’erba appena tagliata. Vedere l’hotel risvegliarsi è
qualcosa che mi dà energia, mi fa sentire parte di un organismo vivo».
Lei è cresciuta in mezzo all’hôtellerie. Quali sono stati
i passaggi chiave della sua formazione professionale?
«Fin da piccola respiravo l’aria degli hotel, si può dire che ci sono nata. Sotto
l’occhio vigile di mio padre, ho iniziato ad osservare e assaporare le strutture
alberghiere di famiglia, dalla reception al servizio ai piani. Ho fatto diversi
stage, partendo dalle mansioni più umili, proprio perché volevo conoscere tutti
i processi lavorativi dalle fondamenta. Ho avuto la fortuna di formarmi in scuole
eccellenti come Les Roches, nel Vallese, ma anche di fare esperienze all’estero
– ricordo ancora l’intensità del Ritz di Londra, un ambiente severo ma
formativo. Anche lì ho sperimentato quanto contino l’etica del lavoro, la cura,
l’esempio».
E in tutto questo percorso, quanto ha contato la sua
famiglia?
«Tantissimo. Mio padre è un grande lavoratore, ammiro profondamente il suo
senso di responsabilità e la sua capacità imprenditoriale. Con la sua visione,
è riuscito a far nascere la Roberto Naldi Collection, che oggi conta cinque
hotel. Mia madre, invece, mi ha trasmesso l’empatia e la delicatezza nei
rapporti umani. Anche mio fratello è coinvolto: siamo due caratteri opposti, ma
ci confrontiamo spesso. Lui segue per la Collection gli alberghi di Roma, io mi
occupo di quelli di Parigi e Lugano. Ci aggiorniamo costantemente: è anche un
pretesto per sentirci tutti i giorni».
Cosa significa per lei portare il nome Naldi oggi?
«Per me è un privilegio, sento il dovere di onorarlo. Mi chiamo Adele Naldi,
proprio come mia nonna, che era una donna eccezionale e dalla quale ho imparato
molto. Ma voglio anche dimostrare di essere Adele, con la mia voce, la mia
visione, la mia passione. Vorrei essere riconosciuta per il mio impegno
quotidiano, non per il cognome che porto».
E poi c’è un altro primato: è la prima donna a guidare lo
Splendide. Che significato ha per lei?
«Ne sono molto orgogliosa. Non tanto per la questione di genere in sé,
quanto per il messaggio che rappresenta. È importante che sempre più donne
abbiano accesso a ruoli di leadership, specialmente in settori come
l’hôtellerie, dove per molto tempo le figure apicali sono state quasi
esclusivamente maschili. Io credo che una leadership, che sia femminile o
maschile, debba portare equilibrio, ascolto, visione e integrazione».

Come si trova con Thomas Brugnatelli, nuovo General
Manager?
«Thomas ha portato entusiasmo, nuove idee e un’apertura mentale che trovo
stimolante. Lavorare con lui significa confrontarsi costantemente, mettersi in
discussione, crescere. Collaboriamo con grande rispetto e armonia. Umanamente è
una persona solare con un’energia contagiosa».
Un’altra figura centrale è lo chef Marco Veneruso. Com’è
il vostro rapporto?
«Marco è una persona fantastica. Grazie alla sua supervisione e a tutto il
team, ogni giorno la cucina riesce a stupire, che si tratti di una ricetta
sofisticata proposta al Ristorante I Due Sud o di qualcosa di semplice e curato
a La Veranda. Ogni piatto che esce dalla cucina racconta una storia, e la
visione gastronomica del nostro chef è unica, capace di arrivare al cuore delle
persone. Un esempio? Marco conosce i miei gusti anche meglio di me!».
Cosa vuole portare, oggi, di suo allo Splendide?
«Prima di tutto, gioia. Una gioia che si trasmetta nei gesti, negli sguardi,
nell’energia del lavoro quotidiano. Voglio che ogni persona che lavora qui si
senta parte di una famiglia. In un mondo di catene alberghiere dove spesso si
diventa numeri, lo Splendide è ancora una casa. E poi mi interessa moltissimo
conoscere singolarmente le persone del nostro team, gli ospiti, sapere come
stanno e cosa pensano. Credo sia un modo per poter crescere insieme. Anche la
sostenibilità, per me, parte da questo: dal prendersi cura delle persone, oltre
che dell’ambiente».
E guardando avanti, che futuro immagina per lei e per
l’hotel?
«Vorrei continuare a vivere qui dentro, a far crescere questo luogo insieme
a me. Lo Splendide deve restare fedele alla sua anima, ma evolversi. Trovare un
equilibrio tra classicità e rinnovamento. Magari, un giorno, avere dei figli e
vederli muovere i primi passi tra queste mura. È un pensiero che mi emoziona.
Questa è la mia vita. E non potrei desiderare nulla di diverso».