Agustoni, l'ispirazione degli scout, la tv scollegata e la gustosa focaccia

Maurizio Agustoni, avvocato e capogruppo in Gran Consiglio del gruppo de «Il Centro» è nato e cresciuto a Vacallo, mentre oggi con la sua famiglia vive a Mendrisio, a due passi dal Borgo e ad altrettanti dalle caratteristiche e rinomate cantine. Lo incontriamo a casa sua, al termine di una giornata di lavoro nello studio legale di Lugano dove si reca quotidianamente, talvolta facendo tappa andando o rientrando da qualche commissione parlamentare a Bellinzona. La sua infanzia la descrive così: «Ho avuto il privilegio di avere un’infanzia molto normale e spensierata. Mio papà era contabile del Comune, mamma casalinga, una sorella più giovane ed il sottoscritto». Ci riceve a casa sua, quando arriviamo la moglie e i due figli non ci sono e si respira una grande tranquillità, «godiamoci questo momento» afferma, ma all’instante non approfondiamo. Il salotto porta a un giardino con l’immancabile altalena, mentre l’angolo dell’orto appare un po’ spoglio «in inverno la terra riposa, adesso c’è solo qualche erba aromatica». Taglia qualche fetta di salame e stappa un buon bianco. Torniamo sulla sorella Martina più giovane: ha per caso subito il fratello grande? «Ha due anni in meno e da piccolo ero abbastanza geloso, direi che nei primi anni non sono stato un fratellone modello». Qualche aneddoto? «Beh, ricordo quando le ho fatto mangiare una saponetta o quando l’ho lasciata nella culla fuori dalla porta dell’appartamento dei vicini. Confido che questo atto sia ormai da considerarsi in prescrizione» afferma l’avvocato con il sorriso.
All’asilo con il triciclo sui tavoli
L’uomo di oggi era decisamente un discolo ieri, come quell’ultimo giorno dell’asilo nel quale «la maestra ha permesso ad ognuno di fare ciò che voleva e io ho pedalato con il triciclo sopra ai tavoli». Alle elementari il discolo Maurizio si è un po’ calmato, iniziando a sviluppare la caratteristica che oggi è predominante a livello caratteriale: «Studiare mi piaceva, ma anche divertirmi con gli amici. A contraddistinguere la mia gioventù è stato lo scautismo, da Lupetto a Rover, un’esperienza – dice con orgoglio – che mi ha fatto crescere e appassionato». Un mondo, quello degli scout, che lo ha segnato e forgiato: «Tre sono gli aspetti alla base di questa attività che hanno influenzato la mia visione della vita. Fare il possibile per lasciare il mondo meglio di come lo si è trovato; la cura per l’ambiente; e poi l’elemento a mio avviso più importante, ovvero «scoprire che vivere è bello: lo scout sorride e fischietta in tutte le difficoltà». Con ottimismo e fiducia si affrontano meglio i momenti di difficoltà che fanno parte della vita». E sportivamente parlando cosa ci dice? «Prima ho fatto ginnastica attrezzistica e poi basket, ma a livelli molto modesti. Gli sportivi della scuola erano altri, per esempio Mattia Croci-Torti». Eppure con 194 cm, per il basket l’altezza non manca? «In realtà da giovane non ero così alto. L’iscrizione al Basket era soprattutto motivata dal fatto che era previsto un torneo a Barcellona e a me interessava la città». Tra i ricordi dell’infanzia trova spazio un neo candidato sulla lista del PLR, Andrea Rigamonti «amico di pedalate e con il quale scrivevamo (prima a mano, poi con il PC) un giornalino sportivo».
L’Università a Friborgo
Le Medie le ha frequentate a Morbio, il liceo a Mendrisio e poi la scelta universitaria: studiare diritto a Friborgo: «La scuola l’ho sempre vissuta con grande piacere, l’ho considerato un percorso nel quale imparare delle cose, con al fianco tanti amici e il cui unico “prezzo” era di dimostrare ogni tanto ai docenti di avere imparato qualcosa». Anche al liceo, «con una sola seccatura: la necessità di studiare di più. A Friborgo sono andato perché volevo studiare bilingue e volevo fare diritto. L’esperienza è stata molto piacevole, stavo in un convitto con altri studenti e diversi ticinesi». Il diritto è stato la prima e unica scelta? «Non proprio, mi piaceva molto la storia, ma ero consapevole che l’insegnamento mi avrebbe precluso la possibilità di fare politica a livello cantonale».
La fede, un percorso naturale
Agustoni è cattolico, credente e praticante. Quanto conta tutto questo nella sua vita? «Conta certamente, ma è qualcosa che pratico in maniera naturale. Mi è stato trasmesso dalla famiglia, ma nello stesso tempo lo sento come mio e con mia moglie cerchiamo di trasmetterlo ai nostri figli, ma senza imposizioni. Non è qualcosa su cui ragiono, ma che mi accompagna nella vita quotidiana».
Anche in Parlamento si ride
Nella sua vita trova poi molto spazio la riflessione, l’approfondimento dei temi e anche la filosofia. La voce, in questa prima parte d’intervista è molto controllata, le parole misurate. Ma Agustoni sa cos’è la spontaneità? «Assolutamente sì, quando sono in compagnia sono molto disinvolto, rido e scherzo. Per contro quando mi devo esprimere sapendo che il pubblico recepirà le mie frasi sono invece molto controllato, insomma non dico proprio la prima cosa che mi viene in mente. È una responsabilità nei confronti di chi, votandomi, mi ha dimostrato fiducia e che ha il diritto di pretendere misura e serietà». Quindi scinde tra ruolo pubblico e privato: «Ovviamente quando da ragazzi si partiva per il mitico corso di sci della SAV Vacallo si iniziava a ridere alla partenza con il pullman e si terminava al rientro. In Gran Consiglio non mancano le risate, ma lo scopo principale non è il divertimento».
Un partito formato famiglia
Ed eccoci alla politica, alla prima esperienza non proprio felice: «Il tentativo di andare in Consiglio comunale a Vacallo (a 18 anni appena compiuti) è fallito per sette voti, ma era stata un’esperienza molto istruttiva e formativa. Poi, al secondo tentativo, sono riuscito a farmi eleggere». Nel 2011 è arrivata l’entrata in Gran Consiglio nel PPD (oggi Il Centro) e l’amicizia allacciata con molti esponenti. Tante sono le persone che cita il nostro interlocutore che ne ha visti e incontrati tanti, ma una menzione speciale è per Giovanni Jelmini «una persona che mi ha dato tantissima fiducia, coinvolgendomi da giovanissimo nel suo Ufficio presidenziale», poi una parola gentile c’è anche per Paolo Beltraminelli, investito da Argo1 con altri, in particolare Fiorenzo Dadò: «Una forzatura totale per chi è stato toccato duramente personalmente e negli affetti». Parole espresse con il cuore e con tono pacato, quello che ripercorre una fase molto delicata di un partito che «sa vivere come una famiglia, anche perché ci ritagliamo molti spazi di amicizia. Alle prossime extra-muros del gruppo parlamentare ci mancheranno le chitarre di Lorenzo Jelmini e Claudio Franscella, confido che le nuove leve ci porteranno altri talenti». Ma il vostro presidente ogni tanto ci mette anche i muscoli per lanciare la scalata sui temi in cui crede: «Fiorenzo è grintoso e battagliero, e si sa che il fuoco illumina, ma talvolta può anche scottare. Al tempo stesso Fiorenzo è generosissimo e incoraggia molto l’iniziativa personale; personalmente ho potuto trovare subito i miei spazi, senza troppe inibizioni. Direi che siamo complementari e penso che il partito sia molto fortunato ad avere Fiorenzo come presidente». E con gli altri partiti come va? «Mi trovo molto bene, non con tutti ho le stesse affinità, ma l’ambiente è ottimo, poi sulle idee non sempre la sintonia è perfetta. Ma anche questo ci sta».
Gendotti e la moglie Fulvia
Agustoni è sposato dal 2012 con Fulvia, già docente di matematica al Liceo e oggi principalmente dedicata alla famiglia e ai due figli: Cecilia (9 anni) ed Eugenio (7 anni). «Ho conosciuto Fulvia a una serata del Movimento giovanile del PPD che allora presiedevo, una serata a Mendrisio durante la Sagra dell’uva, all’insegna della politica ma anche del mangiare e bere. Era una conferenza sulla scuola, con ospite anche Gabriele Gendotti, scelta che mi era costata una ramanzina dall’allora Ufficio presidenziale del PPD». È stato un colpo di fulmine? «Delle amiche comuni ci avevano parlato bene l’una dell’altro. Direi che la cosa è stata piuttosto spontanea» dice con tono moderato e controllato Agustoni. Dall’unione sono appunto nati i due bambini.
Un papà non troppo rigido
Che papà è Maurizio? «Mio malgrado troppo assente, non troppo rigido, forse perché passo poco tempo con loro e dire solo “no” mi pesa. Ci tengo che i miei figli si possano avvicinare alle cose della vita che a me hanno dato molto, come la lettura e la musica». Nella sala c’è una grande libreria che lui stesso ha «progettato» e dove trovano spazio molti libri, d’ogni genere. Li descrive con passione, tanti sono stati letti, altri attendono il tempo necessario. Ma a casa Agustoni si tende a non sprecare il tempo prezioso: «Abbiamo insegnato ai nostri figli ad apprezzare le cose che abbiamo, ad apprezzare i giochi di società. E anche la musica, a me piace molto la musica classica». Ma come, e un po’ di tv? «Beh, la tv c’è, ma è scollegata dalla corrente. Ogni tanto compare il cavo dell’alimentazione, ma non è una presenza costante. Garantisco che si sta discretamente bene anche così, la lettura e i giochi in famiglia appagano molto di più». Da dove arriva la passione per la filosofia? «Dagli insegnamenti del professor Franco Zambelloni al liceo, poi ho approfondito un po’ da autodidatta. Mi ha affascinato in particolare il pensiero di Wittgenstein che ha scritto che si possono anche risolvere tutti i problemi scientifici e matematici, ma i bisogni vitali non sono neppure sfiorati».
La fiducia che arriva dai 5 franchi
Il mondo degli adulti osserva le difficoltà contingenti, ma talvolta pensa al futuro dei propri figli. Agustoni se immagina Cecilia ed Eugenio tra 20 anni è preoccupato o fiducioso? «Non sono preoccupato. Nel nostro mondo raramente chi è arrivato dopo è stato peggio di chi ci è stato prima. Hanno la fortuna di essere nati e di crescere in un paese che darà loro tutte le possibilità. Sulla costa della moneta da cinque franchi, sta scritto “Dominus Providebit”, espressione latina che significa “Dio provvederà”. Se siamo riusciti a mettere una frase simile su una moneta, la cosa più venale che esista, ci mancherebbe di avere un approccio negativo. Non bisogna avere paura, poi starà a loro e alla loro generazione fare le loro scelte».
Il tornado appena passate le 19
Sono ormai le 19 passate, il tavolo al grotto ci attende, ma a me resta di conoscere moglie e figli. Si apre la porta ed entra la femminuccia di famiglia che urla: «C’è il giornalista». In un batter d’occhio la calma filosofica è alle spalle, mamma Fulvia ha accompagnato Cecilia ed Eugenio a prendere il vestito da carnevale, l’euforia è già carnascialesca, il maschietto salta da un divano all’altro, la femminuccia parla a raffica e sottopone l’intruso (il sottoscritto) a una serie di domande e osservazioni, quelle cose che ti lasciano senza parole, pur esigendo una replica immediata. Un pirata e una piratessa (questi i vestiti) che non lasciano via di scampo e ci svelano anche qualche chicca su papà: in cucina è un disastro, ma una cosa che gli riesce davvero bene è la focaccia. L’ho capito da me, è ora di togliere il disturbo.