Ai Bagni di Craveggia si riscrive la memoria della lotta partigiana

Poteva essere una strage nell’autunno del 1944 ai Bagni di Craveggia, località in alta Valle Onsernone, a Spruga, ma in territorio piemontese della Valle Vigezzo. Circa 500 italiani, tra civili e partigiani, stavano attraversando il confine tra Piemonte e Canton Ticino per sfuggire ai soldati tedeschi e fascisti (della Repubblica di Salò). Di primo acchito le guardie di confine non aprirono le sbarre, ma quando cominciarono a sibilare le pallottole accolsero i fuggiaschi. Tre partigiani furono colpiti dal fuoco dei nazifascisti: uno, Federico Marescotti, morì sul posto, appena al di là del confine e poi sepolto a Comologno; l’altro, Renzo Coen, fu trasportato all’Ospedale La Carità di Locarno dove spirò due giorni dopo i fatti; il terzo, Adriano Bianchi, pur ferito gravemente, riuscì a sopravvivere e a ripercorrere quelle drammatiche giornate in un libro (Il ponte di Falmenta).
Ottant’anni di storia
A oltre 80 anni da quella tragedia sfiorata, in una cerimonia alla quale hanno partecipato oltre un centinaio di persone e organizzata dal Gruppo per la Memoria, ai Bagni di Craveggia sono state installate tre «pietre d’inciampo». Tre simboli per ricordare quei fatti ma anche per non dimenticare dove si può spingere l’odio e la barbarie umana: sparare contro i propri fratelli e concittadini, compatrioti per una mera questione ideologica di potere, di guerra fratricida, di atavica inconvivenza tornata tristemente e tragicamente d’attualità in questi anni (dall’Ucraina al Medio Oriente al Sud Sudan).

Autorità locali e federali
Lo hanno ricordato Jakob Tanner, storico e rappresentante dell’Associazione Stolpersteine Schweiz, l’ex consigliera federale Ruth Dreifuss e la consigliera di Stato Marina Carobbio Guscetti che, insieme ad autorità locali e ospiti italiani tra partigiani e parenti delle tre vittime, hanno partecipato alla breve ma intensa cerimonia di posa delle «pietre d’inciampo». Ognuno per parte sua ha sottolineato che le stesse atrocità di allora e di altri conflitti fanno purtroppo parte della stretta attualità, che i «malatempora» del secolo scorso si stanno riproponendo con distruzioni e sangue versato, nonostante la storia e la memoria di milioni di morti o incarcerati nei lager abbia lasciato il segno.

Accoglienza dei più deboli
«Auspico un maggior impegno delle autorità che devono dimostrare coraggio e non restare silenti e immobili di fronte a oppressione e soprusi, essere pronte ad accogliere chi si batte in difesa della libertà dei diritti civili e della dignità della persona», ha evidenziato la consigliera di Stato Marina Carobbio Guscetti. «Rendiamo oggi omaggio anche a chi li ha aiutati e sostenuti in Onsernone, in barba alle severe disposizioni di Berna in quei tempi di guerra», ha ricordato Ruth Dreifuss. In queste dichiarazioni ha trovato un assist il sindaco di Onsernone, Andri Kunzi: «L’Onsernone è sempre stata e sempre sarà una valle pronta ad accogliere le persone in difficoltà e in fuga dalle dittature», ha concluso il sindaco.
