Ticino

«Ai nostri clienti offriamo la continuità»

Fiduciaria Mega festeggia i 50 anni - Intervista con Riccardo Biaggi, presidente del Consiglio di amministrazione della società
Secondo Riccardo Biaggi, la società ha scelto la partnership come modello di conduzione del gruppo.
Roberto Giannetti
16.05.2019 06:00

LUGANO - Fiduciaria Mega SA quest’anno festeggia il suo 50. anniversario. Per capire quali sono le peculiarità dell’azienda, i suoi progetti futuri e la sua modalità di dirigenza basata su una vera partnership, abbiamo intervistato Riccardo Biaggi, presidente del CdA della società.

Quali sono i principali traguardi che avete raggiunto in questi 50 anni di attività e con quali sentimenti festeggiate questo importante anniversario?

«In questi 50 anni di storia siamo cresciuti sino ad occupare gli attuali 70 dipendenti ritagliandoci uno spazio nel settore della consulenza fiscale, amministrativa e contabile, che ci permette di essere tra i primi in Ticino. Ne siamo orgogliosi e stimolati, ma al contempo consapevoli che dobbiamo impegnarci, giorno dopo giorno, a tutti i livelli aziendali, per mantenere e migliorare questa posizione di mercato. Desideriamo essere un punto di riferimento in Ticino per la clientela locale, quella nazionale e internazionale».

Voi avete scelto di basare il vostro sviluppo sul concetto di ‘continuità’. Cosa significa questa scelta e come influenza la vostra attività?

«Il valore della ‘continuità’, va inserito in un contesto più ampio. Infatti un paio d’anni fa, in collaborazione con la SUPSI, abbiamo ridefinito la nostra Missione e Visione aziendale, che si concretizza per noi nell’assunto ‘condividere e risolvere’. Desideriamo condividere la nostra professionalità, entusiasmo e competenze per la tranquillità dei nostri clienti, offrendo soluzioni chiare ed adeguate ai vari problemi. Tutto ciò nel contesto di valori aziendali-guida (il rispetto, l’indipendenza, la continuità, la centralità del cliente, l’importanza dei collaboratori, l’eccellenza), che sembrano essere valori morali e intellettuali scontati per chi opera nel settore della consulenza, ma che vogliamo coltivare e applicare con perspicacia ed in concreto. Nel contesto della continuità vi è pure la determinazione e l’evoluzione del nostro operare, senza voler stravolgere quanto sin qui fatto, assicurando, ad esempio, contatti umani di lungo periodo con i nostri clienti, collaboratori esterni e con tutti i nostri dipendenti».

Proprio in occasione dell’anniversario avete deciso di cambiare la vostra ‘corporate identity’. In cosa consiste questa novità?

«Fedeli al nostro primo valore della Continuità, assieme al nostro grafico, con un percorso durato quasi un anno, abbiamo deciso di modernizzare la nostra immagine grafica, composta da vari elementi. Per esempio si è deciso di continuare ad usare il ‘verde mega’ quale colore identificativo, di cambiare il carattere dei nostri scritti, stampati ed email sulla base del carattere ‘Suisse’, e di impaginare in modo leggermente diverso i documenti che prepariamo, il tutto mantenendo la nostra ragione sociale e rinfrescando il nostro logo».

Voi avete scelto di non essere attivi nel ramo finanziario, e di concentrarvi invece su quello della consulenza ai privati e alle imprese. Come mai questa scelta, e quali sono i principali servizi nei quali vi siete specializzati?

«In effetti le nostre scelte aziendali da sempre, anche per volere dei partner venuti prima di noi, non ci hanno visti coinvolti nel settore della consulenza finanziaria come gestori patrimoniali. La nostra è stata una scelta per concentrarci su ciò che riteniamo di sapere fare al meglio considerando anche che parecchi dei nostri clienti sono proprio operatori del settore finanziario. Ci siamo dunque orientati nell’ambito della consulenza in vari campi delle attività che toccano da vicino sia gli imprenditori, le aziende ed i privati, come per esempio il diritto fiscale svizzero in tutte le sue componenti, la gestione delle risorse umane che oggi giorno non è più limitata alla semplice busta paga, soprattutto quando sono coinvolti manager di gruppi che si spostano internazionalmente, aspetti di organizzazione amministrativa e contabile, compreso business plan o valutazioni aziendali, fino alla revisione contabile anche di Comuni e fondi pensionistici. Inoltre ci teniamo ad essere identificati come l’organizzazione nella quale trovare la persona di fiducia o di riferimento per scambiare delle idee su problemi di ogni genere, semplici o complessi che siano, e per trovare assieme il modo come affrontarlo, anche in collaborazione con altri attori della piazza».

E geograficamente come vi siete posizionati?

«Da qualche anno si è confermata la scelta dei partner della precedente generazione, di non volere uffici fuori dei confini cantonali. Per questo motivo curiamo molto gli innumerevoli contatti professionali nel resto della Svizzera e fuori dai nostri confini nazionali per sempre essere in grado di avere un punto di riferimento adeguato e di alto livello ad ogni specifica necessità».

Ci spieghi meglio che cosa intende per partner. Il vostro gruppo non fa quindi riferimento ad un proprietario? Come mai questa decisione, e quali sono le conseguenze di questa struttura di comando? Questa forma di “democrazia” si sente anche nei rapporti con i clienti?

«Sin dal 1969, ma in particolare dal 2001, la lungimiranza dei soci fondatori, Geo Camponovo e Renato Bullani, ha voluto una società che sia posseduta e condotta dai responsabili operativi in azienda. Questo modello tipico del mondo anglosassone e degli studi legali, è stato applicato, fin qui con successo, alla nostra azienda. In pratica significa che siamo noi 11 partner a possedere la società, più o meno in parti uguali, e che abbiamo gli stessi diritti di decisione essendo tutti membri del CDA. A mia conoscenza è un modello raro, se non unico, nel mondo delle fiduciarie ticinesi che, abitualmente, fanno capo anche a persone non operative in azienda o a qualche operativo che ne detiene saldamente la maggioranza. I nostri processi decisionali, a volte lunghi e negoziati, producono modelli operativi condivisi, fatti propri e applicati da tutti i partner, ciò che pure rafforza i nostri legami professionali. Di tale situazione ne trae indubbio vantaggio il cliente, che è sempre seguito da almeno uno dei partner la cui scelta, oltre che di merito tecnico, basa pure su criteri di soft skills. Questo modello di vera partnership ci ha permesso, tra l’altro, di realizzare un cambio generazionale in modo indolore».

Voi in passato avete scelto di effettuare delle acquisizioni. Pensate di continuare su questa strada?

«Crescere organicamente ora è difficile. Nel 2010 abbiamo acquisito la fiduciaria di Elio Bernaschina a Riva San Vitale, oggi fidbeSA, che ha portato grandi soddisfazioni per tutti. Continuiamo ad avere un occhio attento al mercato, ma anche la crescita per acquisizione è molto delicata, e può avere successo solo se una serie di condizioni si adempiono contemporaneamente per più anni. Ricordiamoci che nel settore dei servizi la fidelizzazione della clientela a seguito di cambiamento di proprietà costituisce un grande fattore di incertezza. Sono dell’avviso che l’età ideale di un potenziale cedente della sua attività fiduciaria debba essere attorno ai 60 anni, per permettere un giusto tempo di accompagnamento della clientela nelle strutture della parte acquirente. Attualmente le attese di prezzo per la cessione di queste attività sono troppo elevate».

Parlando del settore dei fiduciari in Ticino, quali sono le principali sfide che dovete ad affrontare in questo momento?

«Per rispondere compiutamente a questa domanda ci vorrebbe molto tempo, differenziandosi sostanzialmente le varie attività professionali che vengono svolte nel settore che, alla fine del 2017, constava di circa 9.500 addetti solo per il Ticino, come da statistica del Centro Studi Bancari. Credo che in futuro il numero di ‘fiduciari’, nell’arco di 5-10 anni, sia destinato a ridursi, sia come numero di aziende che come numero di occupati. Oggi la sfida primaria per noi è quella di attrarre del personale con una idonea formazione di base, unita alla conoscenza delle lingue nazionali e dell’inglese, e di farlo crescere professionalmente per potercene avvalere a lungo. In questo contesto si situa la necessità di una formazione continua, fine ad un giusto equilibrio tra la specializzazione settoriale e la conoscenza generale, per disporre di una larga visione d’insieme, pluridisciplinare. Infatti due volte all’anno organizziamo un pomeriggio di formazione tecnica per i nostri dipendenti e, su invito, per operatori della piazza, che risultano essere molto apprezzati dai 200/250 partecipanti. Un grande sforzo, necessario per restare al passo con i tempi. Non da ultimo l’adozione della digitalizzazione, soprattutto applicata internamente per la gestione dei flussi di lavoro e la documentazione, e non tanto quale interfaccia impersonale con il cliente».

L’eccesso di normative non vi influenza direttamente, non essendo attivi nella gestione patrimoniale, ma tocca i vostri clienti. Lei crede che a questo livello siamo arrivati a una situazione allarmante?

«Le leggi internazionali riprese da quelle federali nel settore finanziario stanno raggiungendo dei livelli talmente elevati che portano ad una fisiologica fuoriuscita dal mercato dei più piccoli. I costi di compliance crescono a dismisura e gli spazi di manovra per gli operatori si riducono. Forse, al fine di volere proteggere l’investitore, si sono create delle normative che sono troppo pesanti per tutti, compresi i nostri clienti gestori patrimoniali e la loro clientela che, in parte, è pure nostra per altri servizi. Il nostro settore della consulenza fiscale, contabile, amministrativa, e revisione è toccato solo marginalmente da queste regole per il campo finanziario. Ma ve ne sono altre, legate alla trasparenza fiscale internazionale, pure di notevole impegno. In questo stato di cose mi chiedo anche se abbia ancora un senso il volere mantenere la legge cantonale (siamo forse gli unici ad averla) sull’esercizio delle professioni fiduciarie, soprattutto per il settore dei fiduciari commercialisti e immobiliari. Per quelli finanziari valgono comunque altre regole di diritto superiore».

Voi seguite anche delle imprese. Come giudicate il livello di competitività delle aziende ticinesi?

«Le aziende ticinesi sono ben preparate e condotte da imprenditori capaci e di successo. Questo in molti campi di attività. Quelle che si confrontano con mercati esteri sono sicuramente più sotto pressione, ma hanno, per la maggior parte, saputo adattarsi e riprendersi dopo i cambiamenti della parità con l’euro. Quello che vediamo è comunque un’economia a macchia di leopardo, anche nello stesso settore di attività, con aziende tra loro concorrenti in utile, a break even o in perdita nello stesso anno. Le ragioni di queste diversità sono molteplici ma, tendenzialmente, tra quelle che se la cavano meglio, vi sono le aziende che hanno già affrontato e risolto tempestivamente il tema della successione aziendale. Questa problematica ci trova molto attivi e profilati anche come consulenti. Sono fiducioso che gli operatori economici ticinesi sapranno farsi valere nei propri mercati di riferimento, a patto che la politica sappia e voglia creare le giuste condizioni quadro, che negli ultimi 5/10 anni, a mio giudizio, si sono deteriorate. Penso inoltre alla necessità di una riforma fiscale (oltre alla RFFA) molto (più) incisiva e che non lasci il nostro Cantone nei posti di coda, sia per le persone fisiche che giuridiche, rispettivamente ad una riduzione della burocrazia, con un maggiore e più costruttivo dialogo con chi è chiamato ad applicare le leggi e, in particolare, nei settori che toccano l’economia con una più stretta vicinanza agli imprenditori».